Calenda deve costruire il primo polo - Le Cronache
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Calenda deve costruire il primo polo

Calenda deve costruire il primo polo

di Giuseppe Gargani

La situazione politica ed economica nazionale internazionale è talmente grave da dover invocare una scossa alla politica e sollecitare una responsabilità eccezionale propria dei periodi difficili della storia: bisogna essere capaci di poter governare i processi sociali e politici che si porranno nei prossimi mesi.Dagli anni ‘90 progressivamente l’antipolitica, il qualunquismo, il populismo e il giustizialismo, questo concentrato dannoso per le istituzioni, hanno ispirato i comportamenti istituzionali e le leggi.

Da qualche anno manca un governo del paese perché i comitati elettorali che hanno avuto i loro rappresentanti in Parlamento hanno determinato governi senza una visione del paese e in qualche modo si sono posti contro le istituzioni.

Abbiamo tante volte dato l’allarme, consapevoli che a lungo andare la situazione sarebbe stata irrecuperabile ma anche partiti come il PD o come Forza Italia che gravita nel PPE, non hanno avuto e forse non hanno la consapevolezza dei danni provocati allo Stato, con norme approvate senza alcun collegamento ai codici e all’ordinamento giuridico, dalla prescrizione senza limiti per i reati al taglio dei parlamentari. Sono interventi che hanno offeso le istituzioni e l’elenco completo sarebbe lunghissimo.

Vi sono stati danni irreparabili e danni forse riparabili fatti da governi improbabili nati per caso dal 2018, e alla fine si è riusciti ad incaricare Draghi come “commissario”, come colui cioè che doveva e dovrebbe consentire i movimenti elettorali di interrogarsi e comprendere la necessità di abbandonare il personalismo e l’autoreferenzialità per dar vita a partiti democratici come richiede la Costituzione.

Finora non vi è stata nessuna resipiscenza ma in qualche modo il paese ha retto nonostante la pandemia, le crisi conseguenti sul piano economico e sociale; ora invece con lo squilibrio mondiale e con la guerra c’è bisogno di una classe dirigente con partiti che abbiano la consapevolezza e la responsabilità di dover decidere sul destino dei cittadini. Errori in questa fase sarebbero irreparabili e esporrebbero il paese sul piano internazionale.

È dunque necessario che si passi da indiscriminati e confusi comitati elettorali senza anima né dignità, ad un’ “identità” di partiti che abbiano un riferimento culturale anche sul piano europeo. Essere fedeli alleati dell’alleanza atlantica ed essere europeisti significa assecondare un processo culturale che non è solitario ma inserito in una dinamica più generale di collegamenti e di solidarietà; significa accettare una scelta irreversibile che deriva dall’ordine mondiale nel quale si è riconosciuta la nostra storia e dal quale deriva il nostro sviluppo sociale e politico.

Se mai la guerra in Ucraina troverà una tregua saremo come l’indomani della seconda guerra mondiale con un paese da ricostruire gestendo un’economia di guerra per disegnare l’Italia che vogliamo.

Le identità dei partiti dunque non possono che riferirsi alle culture che esistono e con le quali si può impostare una politica adeguata che ha un contenuto e una strategia per curare i problemi del paese. Di fronte a episodi pietosi come quello di cinque stelle che, non avendo cultura politica né identità ma solo un coagulo di proteste finalizzate a contestare e basta, hanno il dramma di non potersi inventare una identità, tant’è che sono stati costretti inevitabilmente a dividersi; e in un contesto tragico come quello che viviamo si sono divisi in maniera furibonda sul doppio mandato parlamentare con il paravento della guerra in Ucraina; e come quello della Lega che mina una possibile coalizione del centro destra e contesta la solidarietà al governo, non si può restare a guardare, insensibili allo spettacolo degradante che avvilisce il paese e le istituzioni.

È necessario che tutti quelli che ritengono di poter gestire il patrimonio politico del centro popolare, del centro liberale, del centro riformista si sveglino e si attivino per superare i piccoli ormai insopportabili personalismi per dar vita ad una struttura omogenea con eguali valori e identiche finalità.

Si tratta di un’iniziativa che il paese aspetta per superare il populismo e il sovranismo. L’appello va fatto e a tanti che sono silenziosi all’interno dei comitati elettorali, ai tanti che non sono in grado di prendere iniziative ma aspettano un segnale, ai tanti amministratori che si confrontano ogni giorno con i problemi della comunità e non sopportano le polemiche vane e infantili che caratterizzano l’intera vita politica del paese. E l’appello va fatto anche alle persone che sono presenti nel dibattito nazionale ma potrebbero essere protagonisti; ai tanti di Forza Italia che sono consapevolmente nel PPE, alle tante sigle inventate solo per distinguersi da altri, per trovare insieme valori, passione, politica, orgoglio di lavorare non per se stessi ma per il paese. A Calenda in particolare, che si pone più di tutti il problema, e teorizza un “terzo polo” che non può esistere perché mancano gli altri due, e quindi il consiglio è di provare a formare il “primo polo” perché di conseguenza poi si formeranno gli altri.

Le ultime elezioni amministrative e la consultazione referendaria hanno un significato univoco: l’affluenza alle urne complessivamente scarsa e le liste sconfitte in maniera omogenea in tutto il territorio nazionale sono quelle della Lega e di cinque stelle. Si tratta però di un voto più politico, più consapevole che va valutato per il significato che ha. I quesiti referendari hanno ottenuto una significativa maggioranza e quindi in Parlamento bisogna far valere questo risultato; e il voto amministrativo ha premiato, ad una prima analisi sia pure affrettata, quel poco di classe dirigente anche al di fuori dei partiti che deve essere recuperata ai partiti.

Se è vera l’analisi fatta come è possibile ritenere che, in Italia vi possa essere un sistema bipolare e che le coalizioni così come si esprimono hanno una loro consistenza, e come è possibile indugiare e non ritornare alle regole sacrosante della Repubblica parlamentare che prevede partiti identitari con strutture democratiche che si presentano alle elezioni con un sistema elettorale proporzionale, che è il più democratico tra tutti i sistemi, dove il cittadino può scegliere l’ “identità” del partito e la persona che lo rappresenta.

Questo sistema fotografa la situazione reale del paese e la rappresenta in Parlamento che a sua volta dovrà fare scelte adeguate per dar vita al governo.

L’attuale sistema elettorale come quelli che sono stati adottati in questi anni, non solo sono truffaldini perché non rappresentano quello che esiste il paese, ma avviliscono la “rappresentanza”. Voler far vivere forzatamente un bipolarismo che non può esistere perché la società è più complessa, più articolata (ma al tempo stesso più disarticolata) è assurdo e contro gli elettori che hanno bisogno di una rappresentanza adeguata e condivisa. Le ultime lezioni in Francia hanno dimostrato la inadeguatezza anche del loro sistema semipresidenziale e il bipolarismo è finito anche in Inghilterra. Nel nostro paese non c’è mai stato e l’averlo inventato ha distrutto le identità dei partiti.

Non sono parole superate o antiche, le mie, ma hanno un riferimento preciso alla Carta Costituzionale che negli ultimi anni abbiamo dimenticato e tradito.

Giuseppe Gargani