Azienda accusata di bancarotta fraudolenta, dopo 16 anni il processo riparte da zero - Le Cronache
Giudiziaria

Azienda accusata di bancarotta fraudolenta, dopo 16 anni il processo riparte da zero

Azienda accusata di bancarotta fraudolenta, dopo 16 anni il processo riparte da zero

Processi lumaca, infiniti, e che non vedono ancora la fine 16 anni dopo la prima udienza. Il caso arriva dal Vallo di Diano, sancito da una recente sentenza della Cassazione che azzera, legittimamente, quattro sentenze e fa ricominciare un processo per bancarotta fraudolenta dall’inizio. Sedici anni dopo quell’inizio, appunto. Il processo è a carico di un cittadino originario della Calabria, residente a Roma accusato dall’allora Procura di Sala Consilina, nel lontano 2005, del delitto di bancarotta fraudolenta in quanto legale rappresentante di una società di costruzione con sede in Sala Consilina nella zona del Corticato. Una società – ricostruendo quanto avvenuto nel 2005 – già dichiarata fallita con apposita sentenza, che secondo gli inquirenti aveva omesso di tenere i libri contabili, rendendo così impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari sociali. Il giudizio di primo grado, era terminato con una sentenza di condanna emessa dall’allora Tribunale di Sala Consilina, alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione e l’inabilitazione all’esercizio dell’impresa per dieci anni. L’imprenditore però non si è dato per vinto e ha ricorso in appello con l’avvocato Michele Di Iesu che lo aveva seguito già nel giudizio di primo grado. La Corte d’appello di Salerno nel 2012, ha quindi accolto il ricorso del difensore dell’imprenditore di origini calabrese e ha annullato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Sala Consilina. Sette anni dopo. Una storia – già lunga – tutt’altro che terminata. Nel mettere in agenda la data del nuovo processo di primo grado, infatti, c’è un avvenimento importante nella geografia giudiziaria italiana e valdianese, soprattutto: l’annessione del Tribunale di Sala Consilina a quello di Lagonegro, unico caso extraregionale in tutta la Penisola. Un’annessione che avrebbe dovuto tagliare tempi e spese, non riuscendo in nessuno dei due obiettivi. I tempi quindi del processo si dilatano. Nel 2014 al termine di una lunga istruttoria, il giudice del Tribunale di Lagonegro “ripropone” la condanna alla stessa pena con la stessa sanzione accessoria. A questo punto il difensore ricorre nuovamente in appello; questa volta a decidere è la Corte di appello di Potenza, la quale nel 2019 conferma la condanna. A questo punto il legale presenta ricorso alla Cassazione. La quinta sezione penale della suprema Corte il 17 maggio, ha accolto le richieste dell’avvocato annullando entrambe le sentenze . primo grado. Di nuovo al via. Intanto sono trascorsi sedici anni dall’inizio del processo nei confronti del 72enne calabrese. Un processo iniziato nei suoi confronti quando di anni ne aveva 56 anni e che per concludersi dovrà attendere, al di là della possibile prescrizione, altri tre gradi di giudizio.