Andria: Io demitiano non demitiano" - Le Cronache
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Andria: Io demitiano non demitiano”

Andria: Io demitiano non demitiano”

Di Andrea Orza

Tout court la militanza democristiana è stata rappresentata da eroi purissimi, gli stessi che hanno avuto un ruolo autorevole nell’opera di restauro postbellico seppur minati da ricorrenze infauste che hanno gettato ombra su certi personaggi. Ma la fragilità della sua storia non sminuisce figure d’insondabile fascino come quella di Ciriaco De Mita, leader incontrastato del partito che ieri si è spento all’età di 94 anni. L’europarlamentare e amico Alfonso Andria, come lui stesso si definisce, “il demitiano non demitiano”, racconta l’esercizio quasi illuministico della curiosità del politico studioso. Tra bibliomania e seminari ad alta quota.

 

Se dovesse tramandare un’immagine sintetica dell’ex premier De Mita alle nuove generazioni?

 

“De Mita è stato il grande pensatore della politica italiana, nel senso filosofico del termine. Coniugava la sagacia costruttiva e mercuriale alla capacità visionaria di creare scenari. Non era affatto un teorico a ruota libera anzi, il tratto saliente era la concretezza. Sapeva disciplinare la mole d’informazioni che ininterrottamente circolavano tra i vari media. Alle nove del mattino aveva già letto i quotidiani nazionali e sapeva farne un discorso risoluto quanto sublime. L’aura da sapiente gli veniva riconosciuta anche fuori dal territorio nazionale e gli donava naturali doti di leadership in ogni situazione.”

 

Qual è stato il suo maggior contributo alla politica italiana?

 

“È passato alla storia in un periodo significativo della politica italiana. Siamo intorno al 1987 quando De Mita rampante era contemporaneamente Segretario della Democrazia Cristiana, Presidente del Consiglio dei ministri e abile mediatore di relazioni internazionali, dimostrandosi competente anche negli affari di politica estera. La sua abilità e l’inesauribile costanza si sono manifestate nella volontà ferrea di non voler mai abbandonare l’apprendimento in senso lato. All’epoca esisteva un programma della commissione europea che si chiamava “Apprendimento nell’arco della vita” e De Mita è stato uno dei suoi maggiori rappresentanti. Leggeva e studiava con passione e questa predilezione verso la conoscenza allo stato brado (leggeva praticamente di tutto) è stata il suo elisir di lunga vita. Nonostante la sua vorticosa e inappagabile curiosità non ha scritto molto, lui stesso si definiva “pigro”.”

 

 

 

La risonanza simpatica tra di voi da quale ricordo viene sugellata?

 

“Per diverso tempo ho fatto parte del Comitato delle Regioni a Bruxelles per conto dell’Unione delle Province d’Italia. Il destino volle che le riunioni si tenessero nello stesso edificio in cui De Mita partecipava ai suoi congressi contro il riciclo. Per questa lieta combinazione ci ritrovammo spesse volte in volo insieme io De Mita e Franco Marini. Ricordo ancora quelle chiacchiere in aereo, tra discussioni e opinioni seppur differenti ma sempre connotate di stima e rispetto. Una sorta di seminari ad alta quota! L’episodio che ci portò a legare fino a riunirci la domenica intorno al tavolo con i figli e l’immancabile caciocavallo, ha segnato la mia carriera politica. Ai tempi, infatti terminato il secondo mandato, si profilava la mia candidatura al parlamento europeo. De Mita mi domandò se fossi riuscito a prendere 40mila voti nella provincia di Salerno. Io non ero solito farmi certe illusioni e risposi con modestia che ne avrei portati massimo 30mila. Solo gli scrutini mi fecero ricredere sull’affetto degli elettori. Conquistando ben 86 mila superai anche il Capolista Massimo D’Alema. Insomma, mi sono sempre definito un demitiano non demitiano.”