Alla camorra fa gola la “Cosa pubblica” - Le Cronache
Cronaca Attualità

Alla camorra fa gola la “Cosa pubblica”

Alla camorra fa gola la “Cosa pubblica”

Le organizzazioni criminali presenti sul territorio della provincia d Salerno hanno sviluppate incisive tecniche di penetrazione nel tessuto socio-economico, politico e imprenditoriale locale. Le altre attività illecite maggiormente diffuse sono l’usura e l’esercizio abusivo del credito. Quindi non solo traffico di droga per finanziare altre attività illecite, ma anche tentativi di controllare appalti e opere pubbliche. E’ quanto emerge dalla relazione semestrale della Direzione Investigativa antimafia per quanto concerne il territorio di Salerno e la sua provincia. Relazione, pubblicata ieri e, che fa riferimento al primo semestre del 2017. L’analisi della presenza criminale sul territorio è contenuta nella più ampia relazione che fotografa l’intero territorio nazionale. Per quanto riguarda gli assetti criminali non sono stati registrati significativi cambiamenti rispetto ai semestri precedenti. Le organizzazioni criminose di maggiore spessore e di più datato radicamento hanno sviluppato, accanto agli affari illeciti “tradizionali” (traffico di stupefacenti in primis), sempre più incisive tecniche di penetrazione nel tessuto socio-economico, politico e imprenditoriale locale. Si tratta di un’interferenza finalizzata a controllare alcuni settori nevralgici dell’economia provinciale (costruzione di opere pubbliche, forniture di servizi, gestione dei servizi per l’ambiente) anche attraverso il condizionamento degli Enti territoriali locali. Il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti (acquistati da fornitori per lo più dell’hinterland partenopeo) risultano le attività delinquenziali maggiormente diffuse, assieme all’usura e all’esercizio abusivo del credito. A Salerno si conferma il ruolo di primo piano del clan D’Agostino. I comuni della costiera Amalfitana, pur se non manifestamente interessati da sodalizi endogeni, restano esposti alle mire di gruppi camorristici di altre province (napoletani e casertani), interessati innanzitutto al settore turistico – ricettivo. Vietri sul Mare si caratterizza, invece, per la presenza di sodalizi criminali autoctoni, quali la famiglia Apicella. A Cava dei Tirreni si rileva l’influenza del clan Bisogno, storicamente operante nella zona e dedito alle estorsioni in pregiudizio di operatori economici; tuttavia nell’area cittadina, in una posizione non antagonista, sono attivi piccoli gruppi criminali che gestiscono traffici di stupefacenti, usura ed estorsioni. Nella Valle dell’Irno, soprattutto a Mercato San Severino, si segnala una neo-costituita consorteria criminale, promossa e organizzata da un pregiudicato originario di Pagani (il riferimento è a Pietro Desiderio), che si sarebbe imposto  quale referente locale sia per le attività estorsive in danno di commercianti, sia per il traffico di stupefacenti. Nel comune di Baronissi e nei limitrofi centri di Fisciano, Lancusi e Montoro, – dove insistono importanti insediamenti commerciali – risulta operativo il clan Genovese. A Castel San Giorgio, Siano e Bracigliano, a seguito dell’indebolimento del clan Graziano di Quindici (Avellino), si è riscontrata l’operatività, in attività di riciclaggio, della famiglia Cirillo, sodalizio criminale attivo negli anni ‘80 e ‘90 sulla costa Ionica calabrese. L’Agro Nocerino-Sarnese è la zona della provincia di Salerno in cui la criminalità organizzata di stampo camorristico si è tradizionalmente, e più incisivamente, imposta. In particolare, a Nocera Inferiore si conferma l’operatività del gruppo Mariniello, con attività illecite che spaziano dallo spaccio di stupefacenti all’infiltrazione negli appalti pubblici, ai prestiti usurari ed alle estorsioni. Ad Angri, il controllo dei principali traffici illeciti resta appannaggio di pregiudicati già affiliati al clan Nocera, alias “i Tempesta”, attualmente indebolito a seguito della collaborazione di esponenti di vertice del sodalizio. A Pagani permane il gruppo Fezza-Petrosino-D’Auria, militarmente ancora forte, e dotato di ingenti disponibilità economiche, frutto di usura, estorsioni e traffico di sostanze stupefacenti. A Sarno è presente il clan Serino e si conferma l’operatività di una locale espressione del clan Grazianio di Quindici (Avellino). Il territorio di Scafati, per la sua posizione di confine tra le province salernitana e napoletana, rappresenta un importante crocevia per la conduzione di traffici illeciti e di alleanze strategiche tra gruppi criminali operanti a livello interprovinciale, in particolare nel settore del traffico di sostanze stupefacenti, con il clan Loreto- Ridosso, che esercita una forte ingerenza nell’area. Nel territorio compreso tra i comuni di Eboli, Campagna e Contursi, dopo la disarticolazione dello storico clan Maiale, si sono creati piccoli gruppi, alcuni guidati da ex affiliati al citato sodalizio e altri autonomi, che starebbero tentando di ritagliarsi uno spazio per il controllo e la gestione delle attività illecite. L’area compresa tra i comuni di Battipaglia e Pontecagnano vede invece protagonista il clan Pecoraro-Renna, gestito da nuove leve impegnate ad acquisire risorse per mantenere le famiglie degli associati in carcere e conservare la leadership nella zona. Sul territorio di Bellizzi è attivo il clan De Feo, mentre il Cilento, pur non evidenziando sodalizi autoctoni strutturati, attesa la particolare vocazione turistico – ricettiva, risulta esposto agli interessi dei clan napoletani. Il Vallo Di Diano si conferma zona d’interesse per sodalizi criminali di diversa matrice, essendo posto a cerniera tra l’alta Calabria, la Campania e la Basilicata. Nel comprensorio sono operativi due gruppi criminali che mantengono rapporti di collaborazione con i clan dell’alto Tirreno cosentino e con sodalizi napoletani, autofinanziandosi con usura, estorsioni, traffico di armi e di stupefacenti.

A Scafati minato il funzionamento del Comune

Il 5 aprile dello scorso anno, la sezione Operativa della Dia di Salerno, guidata dal colonnello Giulio Pini, nell’ambito dell’indagine “Sarastra”, ha eseguito una misura cautelare personale, emessa dalla Direzione distrettuale antimafia presso il Tribunale di Salerno, nei confronti di due responsabili di estorsione aggravata in danno di imprenditori del settore ortofrutticolo. In manette finirono Giovanni e Giuseppe Fusco di 61 e 32 anni (padre e figlio) affiliati al clan “Loreto-Ridosso” operante a Scafati. Il clan, oltre a gestire le tradizionali attività illecite, è riuscito ad infiltrare l’amministrazione locale, minando il regolare funzionamento del Comune, il cui Consiglio è stato sciolto nel mese di gennaio per condizionamento mafioso. Anche in questo caso, gli elementi forniti dal Ministro dell’Interno a supporto della proposta di scioglimento appaiono emblematici di come l’infiltrazione nell’attività amministrativa dell’Ente abbia avuto ampie ripercussioni negative su tutto il contesto sociale. E cio,̀ riporta il provvedi- mento, in conseguenza di “un patto in base al quale il primo cittadino, in cambio di sostegno elettorale, si è impegnato a far ottenere l’aggiudicazione di appalti comunali ad imprese riconducibili al clan”. Frutto di tale accordo sono state, da un lato, la candidatura, alle consultazioni amministrative del 2013, di un soggetto vicino ad ambienti criminali (eletto consigliere comunale ed indagato per il reato di scambio elettorale politico-mafioso), dall’altro, la nomina di una persona, indicata dalla criminalità organizzata, alla carica di vicepresidente di una società totalmente partecipata dal Comune. In tema di abusivismo edilizio, ricorrono, poi, anche per il Comune di Scafati “molteplici inefficienze ed omissioni – quali la mancata esecuzione di ordinanze di demolizione o la mancata acquisizione al patrimonio comunale di manufatti abusivi – di cui si sono avvantaggiati anche soggetti legati alle locali associazioni camorristiche o ad esse ritenuti partecipi”.

Confisca di beni per 500mila euro a Ricciardi

Nel mese di aprile scorso, la Dia di Salerno ha eseguito, ad Eboli, un provvedimento di sequestro nei confronti di Giovanni Ricciardi, già affiliato al clan Maiale e poi passato al sodalizio Fabbiano-Capozza, anche questo operante nella Piana del Sele. L’ingente patrimonio accumulato era frutto di molteplici con- dotte criminose, tra le quali l’usura, praticata in danno di imprenditori in difficolta,̀ sottoposti, peraltro, anche a pesanti vessazioni in caso di mancati pagamenti. Gli accertamenti patrimoniali hanno permesso di instaurare il procedimento di prevenzione antimafia a carico di Ricciardi, che, poco più che ventenne, nel 1993 fu denunciato per associazione per delinquere finalizzata a diverse rapine e furti, fino all’arresto per usura. Gli inquirenti, infatti, lo ritengono responsabile di almeno quattro episodi di natura usuraria, tra il 2009 e il 2013. Sono stati sottoposti a confisca quattro terreni agricoli (intestati alla suocera Maria Rosaria Giordano, su uno dei quali insiste un fabbricato in corso di realizzazione), un rapporto bancario (intestato a Ricciardi), 2 rap- porti bancari e 1 rapporto postale intestati alla moglie Luisa Zunica e la ditta individuale “Ricciardi Giovanni” per un valore di 500 mila euro.