Alberto Granese e il Teatro di Svevo e Pirandello - Le Cronache
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Alberto Granese e il Teatro di Svevo e Pirandello

Alberto Granese e il Teatro di Svevo e Pirandello

 

La sala teatro del Liceo Sabatini Menna, ospiterà il quinto appuntamento di Teatro Forum 2018-19 a cura di Pasquale De Cristofaro.

Di Olga Chieffi

Questo pomeriggio, alle ore17,00, presso la sala teatro del Liceo Sabatini Menna, si terrà il quinto appuntamento di Teatro Forum 2018-19 a cura di Pasquale De Cristofaro. L’incontro, tenuto dal professore Alberto Granese dell’università di Salerno, verterà sul rapporto tra Luigi Pirandello e Italo Svevo. Alberto Granese, già ordinario di Letteratura Italiana, ha dedicato al rapporto tra i due scrittori molti saggi e riflessioni critiche. “L’importanza ormai largamente ammessa dell’opera di Svevo consiste nella sua capacità di creare personaggi sorprendentemente vivi e attuali che dibattono problemi che sono ancora i nostri, che manifestano dubbi, perplessità, inquietudini che ancora noi condividiamo”. Granese esaminerà i testi dei due grandi autori privilegiando la dialettica tra pagina scritta, mondo letterario e la scena. Tra i temi prediletti dagli scrittori Italo Svevo e Luigi Pirandello c’è la crisi dell’individuo, argomento sicuramente emergente all’inizio del Novecento. A questo proposito, è possibile individuare analogie e differenze nella poetica dei due autori. Se l’ispirarazione sveviana naturalmente si disponeva in concrete misure di racconto, altrettanto naturalmente sfuggiva a quell’altra dimensione letteraria, tutta azione e dialogo, che è propriamente il teatro. Il linguaggio espressivo di Svevo, nella narrativa giungeva ad una personale elaborazione di forme e modelli, nel teatro, invece, non riusciva, come il grande Luigi Pirandello, stante la tensione drammatica, a rinnovare gli schemi offertigli dalla commedia borghese di fine secolo, e si adeguava così appiattendosi e illanguidendo. La produzione, infatti è tipicamente verista. Adulteri ipocrisie eccentricità della borghesia sono rappresentati come in una xilografia, senza profondità psicologica, istanze sociali e morali vengono agitate senza un sicuro movimento drammatico. Il suo limite è proprio questo, i personaggi raccontano troppo e appesantiscono l’azione fino a bloccarla del tutto, sicché il dramma che si sente dovrebbe scoppiare da un momento all’altro, rimane invece sospeso. La tematica ovviamente è critica ad una società borghese in disfacimento, tormentata ed abulica. Svevo, però, non oppone una forza, non grida la sua fede, è solo spettatore che ironizza e sente pietà di se stesso e degli altri, cosciente di essere trascinato e di non aver forza di ribellarsi. Egli intuisce che il suo atteggiamento potrebbe essere una ribellione di per sé; ciò appare chiaro nella miglior prosa, ma nelle commedie no, rimane lo Svevo che descrive, che non oppone neppure un dramma interiore valido se pur ricadente su se stesso. I personaggi per nulla messi a fuoco rimangono indistinti, e, mentre nei romanzi balzano in primo piano, angosciati e sfiduciati, qui sono diminuiti; mentre nei romanzi sono continuamente martellati scavati dal di dentro, qui si presentano, eccetto in pochi casi, indifferenti ed apatici, ed i loro problemi più che essere compresi e studiati si svolgono in una semplice trama.