A "Sentimental Journey" con Alfonso Gatto e Lelio Schiavone - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

A “Sentimental Journey” con Alfonso Gatto e Lelio Schiavone

A “Sentimental Journey” con Alfonso Gatto e Lelio Schiavone

La Galleria Il Catalogo inaugura questa mattina, alle ore 11,30, l'esposizione di 45 immagini che testimoniano il sodalizio amicale e intellettuale del poeta con questo spazio da lui stesso fondato con l’amico Lelio  nel 1968, e durato fino alla morte improvvisa del primo avvenuta in quel maledetto marzo del 1976.

 

Di OLGA CHIEFFI

Sarà un “Sentimental Journey”, quello che stamattina alle ore 11,30 ci condurrà tra le mura della Galleria Il Catalogo per dare il via alle celebrazioni del quarantennale della scomparsa di Alfonso Gatto. Sentimentale ha definito in conferenza stampa la mostra, allestita in collaborazione con la Fondazione Gatto, guidata dal nipote del poeta Filippo Trotta e da Valeriano Forte, Lelio Schiavone, un florilegio di 45 immagini scelte tra oltre mille, una definizione che ci ha ricordato il viaggio di Sterne nella nostra Italia e il bel song di Brown e Homer una delle gemme della Swing era. Il viaggio inizia nel 1963. Il consiglio comunale del tempo, leggendo la pagina culturale del Roma, scopriva che era stato fieramente redarguito da tre giovani intellettuali del tempo, Lelio Schiavone, Bruno Fontana e Antonio Castaldi, poiché si erano dimenticati di uno dei massimi rappresentanti della poesia italiana, il concittadino Alfonso Gatto. A quel tempo, il Sindaco era Don Alfonso Menna e quel 10 marzo del 1963, Gatto ricevette l’abbraccio della sua città. Nel 1932 Alfonso era partito da Salerno, iniziando il suo ininterrotto peregrinare per l’Italia; alla città natale aveva fatto ritorno ogni qualvolta gli era stato possibile, quasi a ritrovare le tracce ed i motivi della sua prima ispirazione poetica. Ritornò a quel tempo per riprendere con parole nuove il discorso interrotto con la sua vecchia città, con la sua gente, con le antiche presenze. Ed è proprio da quel 10 marzo del 1963 che prende il via la mostra “Alfonso Gatto e il Catalogo 1968-1976” che riporta, Alfonso Gatto nella sua galleria, aperta da un’immagine del giovane poeta datata 1937, firmata dall’amico Alessandro Parronchi, proseguendo con gli scatti dell’inaugurazione della galleria con una personale di Corrado Cagli, e, ancora, Guttuso, Giorgio Amendola e la moglie Germaine Lecocq, Antonio Bueno, i rappresentanti del mondo dello sport, delle arti, delle lettere, della politica, sino ai funerali, il suo cielo di pietra. Una inaugurazione che vedrà l’intervento del giornalista e scrittore Francesco De Core e della docente di Storia dell’Arte del nostro ateneo Paola Capone, che ha firmato il testo del pieghevole d’invito alla quale l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha rivolto il suo saluto e il suo ricordo con uno scritto con il quale rinnova i sentimenti di vera amicizia con la galleria, Lelio Schiavone e i suoi amici del Catalogo. Le immagini di fotografi storici e vicini alla galleria quali Michele Adinolfi, Benito Siano e Antonio Tateo, scorreranno, quasi a creare un ponte tra la città antica e la nuova, infatti, in galleria entreranno le scolaresche, che andranno, poi, ad incontrare le evocazioni dei versi di Alfonso Gatto, che continuano a confidarci le sue memorie e i suoi affetti, “graffiate” sulle mura dei suoi luoghi natali, le Fornelle, il cuore della cultura e delle tradizioni salernitane. Sfogliare i vecchi album di fotografie può essere un'occasione istruttiva e anche un invito alla riflessione, specie in questo tornante di inizio millennio. Giungono, da quelle foto un po' ingiallite dal tempo, lontane atmosfere crepuscolari, presenze remote e scomparse e poi, i volti che cambiano anche se le persone sono le stesse e ricordi di luoghi, le persone, i sentimenti, alcuni dei quali sono ormai riposti o spenti del tutto, altri ancora presenti e vivi. Una raccolta di immagini che ha un valore testuale e documentale, un messaggio da trasmettere: essa contiene frammenti, schegge della memoria della nostra identità collettiva che suscita un’emozione sentimentale impastata con il tempo, che ricostruisce, in modo plastico ed evidente, uno spaccato storico, culturale, ambientale, antropologico. “Il poeta è un uomo mortale che vive con tutta la sua morte e con tutta la sua vita, nel tempo, e in sé si consuma e si sveglia, negli altri si popola e si chiama, e nulla possiede che non abbia già amato o perduto”. Questo scriveva Gatto in una poesia della vita che evoca la morte per antinomia naturale ma “negli altri si popola e si chiama”. Questa può essere un po’ l’essenza e lo spirito della mostra un evento che si confà perfettamente all’animo del poeta ermetico, di quell’uomo che nella maggior parte delle immagini ha lo sguardo fisso, aggiustato all’infinito, all’irrazionale, vagamente solitario e distaccato dagli altri, pur essendo al centro dell’attenzione. La poesia segno e sogno di lontananza in quello sguardo, in cui la lingua diviene amore, una frase infinita. La mostra del Catalogo ci riporta i temi del viaggio, del cielo di ogni assenza, del paese come una favola, del mare come fondo di memoria, del ritorno in un luogo intimo, ben oltre le mura della propria casa. Se la scrittura nuda, per Gatto non era altro che la voce di un congedo, l’esposizione della galleria è il colore di un affetto e di un legame “Un vago accordo di memorie in sordina”, “ sottovoce”, tutti, “soli nella veglia di un racconto sospeso”, ora “uniti dal ricordo che un nulla ci divise”.