Volare sulle ali della canzone “all’ Italiana” - Le Cronache
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Volare sulle ali della canzone “all’ Italiana”

Volare sulle ali della canzone “all’ Italiana”

Grande successo di critica e pubblico per la serata del Premio Charlot, dedicata ai settant’anni del Festival di Sanremo. In arena l’orchestra diretta da Leonardo De Amicis con Marco Morandi, Ron e Fiorella Mannoia

Di OLGA CHIEFFI

La musica afferra il presente, lo ripartisce, e ci costruisce un ponte che conduce verso il tempo della vita. Colui che ascolta e colui che canta, prende in prestito l’ universalità della musica e vi ci trova un amalgama perduto di passato, presente, e futuro. Su questo ponte, finchè la musica persiste, andremo avanti e indietro”. Potrebbero essere queste le ragioni estetiche della serata che il Premio Charlot e Claudio Tortora, con una felice intuizione, di colui il quale continua a cantare “divertendosi” in palcoscenico, ha dedicato al Festival di Sanremo, con una prima assoluta dello spettacolo “Sanremo, 70 anni di sogni”, scritto da Paolo Logli, e narrato come una favola da Claudia Campagnola e Marco Morandi, in un lungo viaggio sognante, sulle ali della musica, intercalato dalle incursioni di Gianmaurizio Foderaro, testimone del tempo e della storia del Festival. La serata è stata inaugurata dal Premio Giornalismo consegnato da Gabriele Bojano, in rappresentanza della giuria composta dai colleghi della stampa nazionale, a Paolo Poggio, figlio d’arte, eccellenza di Rai News. Sono stati quindi consegnati i riconoscimenti, dall’assessore alla cultura, Antonia Willburger, per i protagonisti della serata, il Maestro Leonardo De Amicis e lo scrittore dello spettacolo Paolo Logli. Il ringraziamento agli organizzatori per aver ridonato l’emozione e il calore della ribalta, delle luci, del pubblico è oramai una costante della rassegna dell’ arena del Mare, una delle poche “piazze”, ad essere state aperta con testardaggine e coraggio dall’amministrazione comunale. Si sono accese poi, le luci sull’ orchestra, una formazione in cui abbiamo riconosciuto alcuni nomi delle famiglie musicali campane, come i Minale e i Fiscale, e ancora i tromboni di Franco Izzo e Alessandro Tedesco, l’oboista vietrese Giovanni  Borriello e gli archi guidati dalla “spalla” Gennaro Desiderio. La storia ha inizio, difficile racchiudere 70 anni in sole due ore e circa una quarantina di brani, si è passati quasi direttamente alla rivoluzione degli anni ’60 con il primo titolo che è stato “Piove”, datato 1959, con quel “Ciao Ciao Bambina”, che ricordiamo enunciato anche dalla voce di Louis Armstrong, Gigliola Cinquetti con “Non ho l’età”, del 1964, l’evocazione del rock e degli urlatori, cosiddetti, con La verità della Caselli e i 24.000 baci di Celentano, Nada, con “Ma che freddo fa”, “L’ immensità” di Don Backy. Sanremo non è solo sogno, il festival nacque al Casinò qualche anno prima del 1951, in una prima edizione in cui le venti canzoni furono eseguite da soli tre cantanti e il direttore musicale era un tal Franco Alfano, colui i quale ha composto l’ultimo atto di Turandot. E a proposito di melodramma, Edoardo Sanguineti, richiesto di un giudizio sui testi delle canzoni del Festival di Sanremo del 1993, dichiarò che la rassegna canora era lo specchio del Paese, “Anche se la società italiana è una società divisa, il Festival rappresenta gran parte del gusto piccolo e medio-borghese e, quindi, una fetta significativa dell’Italia, mentre i testi sono desolanti e si ripete il consueto sciocchezzaio della più banale tematica sentimentale da figli scioccherelli del melodramma”. La serata va avanti e i ricordi sono tanti, a cominciare dalla tragedia di Luigi Tenco, la sua “Mi sono innamorato di te” e “Ciao amore ciao”, sulle cui note è entrato Marco Morandi, voce calda e graffiante, dall’intenzione precisa, la cui gemma è stato il ricordo di Rino Gaetano con Gianna, composto da serietà banali e banalità serie, marchio di fabbrica di un cantautore cantastorie pienamente figlio del suo tempo, ma sempre attuale. La ribalta passa a Ron, per l’omaggio all’amico Lucio Dalla con quella immensa ballata che è “4 marzo del 1943”, poi “Vorrei incontrarti tra cent’anni” il primo posto del 1996 e quella “Piazza Grande” nata dalla penna sua e di Dalla. E’ noto, componevano e scomponevano insieme. Uno, Lucio, ci metteva il genio, l’altro il metodo. Il capolavoro, che poi uno pensa a Bologna, ma erano su un traghetto, appena fuori dal porto di Napoli in direzione Palermo, e ancora, Almeno pensami, ancora un dono di Dalla per Ron, in cui ha scelto un tipo di suono, di amore, di interpretazione vocale pulitissima, senza essere mai sopra le righe. E si continua, con l’inarrivabile Anna Oxa di “Un’emozione da poco”, a cura delle pur dignitose voci del coro, la “Terra promessa” di Eros Ramazzotti, ed anche Luis Miguel con “Noi, ragazzi di oggi”, il primo Vasco Rossi di “Voglio una vita spericolata” simbolo di quegli anni ’80 da bere, da fumare e tanto altro che c’hanno portato alla situazione attuale. Ed eccola Fiorella Mannoia che entra sulle note rock di Caffè nero bollente, che ha fatto ballare tutta l’orchestra “Ma ora è finita la ricreazione – ha detto scherzosa – si ricomincia con le lagne”. I successi non possono mancare, sono attesi, e allora tutti a cantare “Quello che le donne non dicono” e “Le notti di maggio”, fino al rammarico di non aver vinto Sanremo con “Che sia benedetta”, battuta dalla simpatica scimmia di “Occidentali’s Karma, l’invito inteso a non aver paura di mettersi in gioco, a farci carico del peso del rischio con coraggio, la voce emozionante di Fiorella che diventa messaggio di umanità. Applausi e ultima volata con l’omaggio a Mia Martini, a Mimì, con le parole recitate da Claudia Campagnola e “Tu nell’universo” cantata da Marco Morandi. Orchestra in grande spolvero in “Ancora” di Eduardo De Crescenzo, “Uomini soli” e “Come saprei”, fino a “Salirò”, dove in alto ci sono finiti gli ottoni. Abbraccio caloroso del pubblico e tutti a cantare “Volare”, era il 1958 e quel volo fu il simbolo di un sogno, del boom economico, di un’ubriacatura collettiva, di quella ri-nascita che vorremmo ancora rivivere.

Nell’ immagine di Nicola Cerzosimo, Fiorella Mannoia tra i coristi