URINARE HUMANUM EST - Le Cronache
Cronaca Vallo della Lucania

URINARE HUMANUM EST

URINARE HUMANUM EST

di PEPPE RINALDI

«Ci pisciano in testa e ci dicono che piove». La famosa frase pronunciata dall’italico principe dei giacobini alle vongole, il giornalista Marco Travaglio, è la prima che torna in mente sentendo la storia riveniente dai corridoi degli uffici giudiziari. Siamo a Vallo della Lucania, a suo modo capitale del Cilento non costiero, in pratica della gran parte di questa splendida zona d’Italia, lì dove campeggia la poderosa scritta in greco antico “Aleteia” (Verità), cioè in tribunale. Un signore, padre del titolare di un’attività commerciale, raccoglieva la propria urina in una siringa e, approfittando di orari senza troppi testimoni, la spruzzava sul distributore automatico di bevande posto a qualche metro di distanza dal bar di suo figlio. Lo scopo, il movente cosiddetto, era di rendere la macchina automatica fetente e maleodorante, impresa nella quale l’uomo riuscì per qualche tempo. Finché un altro imprenditore, vale a dire colui che del distributore automatico era legittimamente titolare, stanco di questa poco canonica concorrenza, non si decide a denunciare tutto. Non prima, però, di aver avuto la certezza che si trattasse di un atto doloso – a suo dire- volto a scoraggiare i potenziali clienti di passaggio dal fornirsi di acqua e altro inducendoli ad attraccare nel bar concorrente. Una telecamera piazzata all’interno della macchina, però, una mattina registra la citata “aleteia” richiamata in effigie all’ingresso del Palazzo di giustizia cilentano: si vede perfettamente l’uomo mentre si avvicina al distributore, il suo volto è chiarissimo, così come plateale è la scena che lo vede spargere il prezioso liquido biologico privato su vetrina, maniglia e resto della macchina. Il video al centro del processo, con il volto dell’uomo da noi opportunamente oscurato, si può guardare sul sito di questo giornale. Tornando ai fatti del tempo, va da sé che il gestore a quel punto si rechi in caserma e denunci l’autore del (presunto) misfatto. Partono le indagini, si concludono, nasce il processo la cui definizione è assegnata a un giudice vallese noto per una certa intransigenza e la mano forte in tema di sentenze, insomma uno di quelli dalla condanna facile, come direbbero gli avvocati. La sentenza arriva, è di pochi giorni fa: assolto perché il fatto non sussiste, cioè non è mai successa questa cosa, stando alla morale insita nella formula giuridica di rito. Occorre precisare un dettaglio fondamentale ancora ignoto e che potrebbe rendere nullo questo intero articolo una volta emerso: non c’è ancora la motivazione della pronuncia (si avrà tra non meno di 90 giorni, questo il termine indicato dal giudice per il correlativo deposito) e, pertanto, non è ipotizzabile allo stato aggiungere altro, almeno fino a quando non si chiarirà il ragionamento condiviso dal magistrato. Ciò non autorizza, però, una specie di autocensura giornalistica rispetto alla evidente contraddizione di un fatto oggettivo, cristallizzato in un video acquisito agli atti di un signore che spruzza un liquido (formalmente dichiarato quale urina) su un distributore altrui di bevande e un dispositivo di sentenza che recita che quel fatto non sussiste, non si è in pratica verificato. Il bruciore della nostra curiosità di conoscere il percorso logico del magistrato che, sia chiaro, potrebbe aver anche elaborato una sentenza da manuale, aumenta col trascorrere dei giorni. In questo stravagante contesto ci è stato possibile raccogliere il più che comprensibile sfogo del denunciante, in quanto appare decisamente degno di richiamo mediatico un fatto che, allo stato, sembra incredibile. Il denunciante si chiama Luigi Ruggiero, gestiva un distributore automatico di snack e bevande posizionato in una stazione ferroviaria.

La procura di Vallo della Lucania, tornando alla “procedura”, immediatamente esercitò l’azione penale nei confronti dell’urinatore impunito, imputandogli il reato di turbata libertà dell’industria o del commercio (art. 513 cp) ed il processo che ne è seguito si è chiuso lo scorso 14 giugno con la sorprendente assoluzione. «Resto basito dall’esito del processo» ci dice Ruggiero, che continua : «pur dovendo attendere la lettura della motivazione per capire quale sia stato il motivo di tale assoluzione, non riesco a smettere di pensare che se neanche con un video che riprende una condotta di reato si arrivi ad un giudizio di colpevolezza per l’autore allora, da cittadino, sono seriamente sfiduciato dalla giustizia». Abbiamo anche provato a chiedere a Ruggiero se il video consenta agevolmente di riconoscere l’autore dell’irrituale, ancorché primitivo, sabotaggio: «Guardi che il video è chiarissimo, sia io che un testimone escusso nel processo, lo abbiamo riconosciuto tanto da averne riferito nome cognome attività e parentele». Era lui, non era lui, chi era, chi non era? In superficie, la realtà appare evidente, quasi «in sé» a voler sfiorare i rudimenti della metafisica. Per il giudice – si può azzardare indugiando nella satira – non è che non fosse la stessa persona ritratta dal video: è proprio il fatto a non sussistere. Urinare human est, absolvere diabolicum.