Una vibrante mobilità - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Una vibrante mobilità

Una vibrante mobilità

Continua il tour del duo composto dal cellista Roberto Mansueto e dal pianista Vito Venezia, principiato nel Monastero di Sant’Anna di Nocera Inferiore

 

Di Olga Chieffi

Un’estate ricca di successi è principiata per il giovane duo composto dal cellista Roberto Mansueto e dal pianista Vito Venezia, formatosi tra le mura dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, con un tour, che ha preso il via nell’incantevole cornice del Monastero di Sant’Anna di Nocera Inferiore e che, per ora, ha avuto il suo culmine a Spoleto, al festival dei due mondi, nel sacramentale spazio della casa del compositore Gian Carlo Menotti, il fondatore della prestigiosa kermesse umbra. I due ragazzi portano avanti un programma di non semplice ascolto, che va ben oltre la semplice curiosità o la volontà di sondare qualche area sconosciuta del repertorio, a cominciare dalle Due Romanze op.72, di Giuseppe Martucci, due miniature, forma in cui eccelleva il maestro di Capua, permeate da una nobiltà nelle scelte tematiche e composte con mano ferma e sicura, cromaticamente ispirate e pervase da accenti arcani. Vito Venezia e Roberto Mansueto mostrano una spiccata connaturalità con queste pagine, così dialogate e di comunicativa profonda, i suoni caldi e intensi dei due ottimi solisti, la consapevolezza del linguaggio e la preziosità del loro fraseggio ci guidano alla riscoperta di opere troppo a lunghe rimaste ai margini del repertorio. Martucci viene accoppiato alla sonata per pianoforte e violoncello op.38 di Johannes Brahms, un caposaldo della letteratura cameristica per questa formazione, che vede, da parte dei due giovani, una lettura chiara e ordinata, ben “respirata” (è noto che quando si raggiunge l’eccellenza gli strumenti ad arco ricordano i fiati e di contro i fiati lasciano immaginare le corde), intensa, quanto fluente e meravigliosamente affiatata. La resa espressiva è già di tutto rispetto, tanto che le oasi liriche sono molto ben evidenziate, in un impeccabile assieme dall’eloquio largo e coinvolgente, ma sempre nel segno di un’autentica freschezza di approccio, nonostante la concreta realizzazione esecutiva di innumerevoli dettagli e sfumature, che si rinnova con sempre maggior senso della tensione narrativa e con profusione di empatiche intenzioni e invenzioni espressive. Il pezzo forte del duo è certamente la Sonata di Dmitrij Sostakovic op.40, che abitualmente chiude il programma. La musica da camera di Sostakovic riflette, in qualche modo, la parte più profonda, intima e segreta dell’arte creativa del musicista, ristretto tra lealtà al regime (e ai canoni estetici da questo imposti) e fedeltà alla propria autenticità d’artista. E’ stato un piacere intenso, poter ascoltare la pagina del genio russo in Casa Menotti, in cui l’emozione ci ha attanagliati doppiamente per il ricordo del maestro e per la nitidezza e la sobrietà dell’esecuzione così come per la flessibile resa di un mondo espressivo e diversificato come solo può esserlo quello di questi due compositori che hanno segnato così intensamente il secolo breve. Il tour del duo Mansueto Venezia, riprende dopo i successi di Spoleto, chiusi dalle due chiamate al proscenio da parte della esigente platea, compensata con due amate pagine, il Largo della Sonata di Chopin cello e pianoforte e le cygne da le Carnaval des Animaux di Camille Saint Saens, con un rècital, il 20 luglio ad Isernia, nell’ambito della collaborazione di “Musica da casa Menotti” con il Tetracordo e il Tetracordo Jazz Summit e il giorno successivo, a Bibbiena, negli splendidi giardini del Museo Archeologico, con il concerto inaugurale di “Casentino Classica”, la nuova rassegna di musica da camera ideata e diretta dallo stesso Vito Venezia. Una serata, questa, che vedrà assegnare anche il Premio alla carriera a Gianpiero Taverna, casentino doc, come il grande Guido d’Arezzo, direttore d’orchestra, critico musicale e divulgatore di quest’arte, a tutto tondo, anche attraverso un agile libretto, ab usum delphini, in cui con affabile stile epistolare e la gioia dell’affabulazione, racconta la storia della musica a sua figlia Giulia.