Tre associazioni a delinquere smantellate, 70 episodi di truffa contestati, 59 indagati, con il gip di Napoli Anna Imparato che ha disposto 46 arresti in carcere e 13 ai domiciliari, sequestri di immobili, titoli di Stato e postali, distributori di benzina per 2 milioni e 700 mila euro. Grandi numeri per la maxi operazione dei carabinieri del Reparto Operativo di Genova, guidati dal comandante Michele Lastella, e della Procura di Napoli, con i pm Stefano Capuano e Rosa Volpe, che – in collaborazione con l’Arma di Napoli, Salerno, Varese, Venezia, Roma, Frosinone, Latina, Milano, Brescia, Lodi, Novara, Avellino e Pordenone – hanno fatto luce sui meccanismi che hanno consentito di accumulare profitti illeciti per un milione e mezzo di euro. Sequestrato anche un appartamento adibito a stamperia e numerosi apparati informatici per la stampa professionale di banconote, documentazione contabile e titoli bancari/postali. Le indagini sono partite dalla compravendita di costose auto di grossa cilindrata, come Suv e Audi R8. Alcuni indagati, fingendosi acquirenti, si facevano inviare via whatsapp dal venditore le immagini del libretto di circolazione della vettura in vendita che poi duplicavano. Con quelle foto pubblicavano anche loro un annuncio di vendita sul web e, una volta individuato l’acquirente giusto, lo costringevano a inviare una foto dell’assegno circolare a loro intestato con la cifra d’acconto concordata. A questo punto veniva replicato l’assegno e incassato. Questa banda di truffatori aveva ramificazioni in Lombardia e Friuli Venezia Giulia e si avvaleva di quattro ‘batterie operative’. Nella seconda banda figurano anche dipendenti infedeli delle Poste Italiane i quali, per gli inquirenti, attraverso indebiti accessi agli archivi informatici delle Poste, fornivano i nomi di persone molto anziane o emigrate da tempo all’estero titolari di buoni fruttiferi in lunga giacenza o emittenti vaglia postali d’ingente valore. I buoni e i vaglia venivano clonati e incassati dai truffatori, con l’aiuto degli impiegati, utilizzando documenti falsi. L’ultima banda operava solo a Napoli: importava dall’est europeo olio industriale con cisterne accompagnate da false bolle di trasporto. L’olio stoccato in un deposito del Salernitano veniva miscelato con il gasolio per allungarne la quantita’ e incrementare i ricavi ‘alla pompa’ in nove distributori nelle province di Napoli e Salerno, controllati dall’organizzazione. I proventi venivano poi usati per costituire in quel settore societa’-cartiere nei cui capitali confluivano anche i beni immobili e mobili acquistati per riciclare il denaro.
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