Swing,swing,swing! con l'Allied Forces Band - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Swing,swing,swing! con l’Allied Forces Band

Swing,swing,swing! con l’Allied Forces Band

 

Questa sera, alle ore 20,30 al teatro Augusteo il concerto celebrativo del 72° anniversario dello sbarco alleato a Salerno. In programma le perle dei repertori di Duke Ellington, Count Basie, Glenn Miller, Benny Goodman, Chick Webb, Woody Herman

 

Di OLGA CHIEFFI

 

Salerno in swing stasera, per celebrare il 72° anniversario dello sbarco di Salerno. La serata comincerà intorno alle ore 18,30, quando sul far della sera sfilerà per il nostro Lungomare la U.S. Naval Forces Europe/Allied Forces Band al gran completo, che accompagnerà il comandante , il console e i circa sessanta alti ufficiali della Sixth Fleet a palazzo di Città per l’incontro con il sindaco. Poi, intorno alle 20,30 ci si ritroverà tutti al teatro Augusteo, per ascoltare l’esibizione della Big band, con crooner, vocalist e solisti, diretta dal nuovo leader il sassofonista Jeremy Saunders, erede della bacchetta di Tom Lawrence. Una serata questa, che va a chiudere la XXX edizione della storica rassegna estiva del Teatro dei Barbuti, diretta da Giuseppe Natella e rappresenta uno dei fiori all’occhiello della ferace attività del Museo dello Sbarco promossa da Eduardo Scotti e Nicola Oddati, per la quale il M° Saunders ha scelto di dedicare a Salerno una serata di grande swing. La platea sarà trasportata nell’era delle Big Band con Glenn Miller sostenuto da grandi idee innovatrici, che tentò di mettere in atto, in veste di arrangiatore e trombonista, con varie formazioni, quella dei fratelli Dorsey, di Ray Noble, Glen Gary e Ozzie Nelson, prima di mettresi in proprio e lanciare temi quali Moonlight Serenade, Little Brown Jug, In the Mood, assieme a musicisti che avrebbero avuto un ruolo importante nel tessuto armonico dell’orchestra, quali il sax tenore di Tex Beneke, o le trombe di Clyde Hurley e Billy May e il clarinetto di Ernie Caceres, essenziali per quel Glenn Miller Sound, nato nel 1937 quando per ragioni di necessità, il leader  dovette sostituire la tromba, che si era spaccato un labbro, con il clarinetto, inventando quella formula del tutto nuova nelle orchestre da ballo dell’epoca, consistente nell’esposizione della linea melodica da parte di clarinetto e sassofono tenore nello spazio di una sola ottava, su di una stratificazione armonica prodotta dalle altre ance e dagli ottoni con sordina, una dance band di lusso, come amava dire il leader, splendida nell’esecuzione delle ballads e carica di un forte potenziale dinamico sui tempi rapidi. Il grosso del programma saluterà l’omaggio a Count Basie con una vera chicca, “Cute”, che saluterà il presentatore ed eccellente flautista Francesco Desiato, porsi sulle tracce di Frank Wess, flauto e tenor-sax di Count Basie, proponendoci lo storico solo e l’impareggiabile e indispensabile Duke Ellington. Ritroveremo il flauto di Francesco sulle note di Take the A train la sigla dell’orchestra ellingtoniana Take the “A” Train, firmata da Billy Strayorn, per passare attraverso i segreti del celebrato “effetto Ellington”, offerto dai solisti, i quali si ispireranno filologicamente al fraseggio del clarinetto di Barney Bigard, con l’imboccatura a New Orleans e la campana rivolta verso ogni novità, al sax baritono di Harry Carney, al quale si ancorava l’intera orchestra, Ray Nance, Cootie Williams e Cat Anderson, i re delle trombe sia aperte che sordinate, a Juan Tizol, il trombone portoricano, dallo stesso spirito esotico di un pacchetto di sigarette Camel, dalla cui penna sono uscite Conghe e “Carovane” e ancora all’intera sezione dei sax, guidata dal tenore di Paul Gonsalves e da Johnny Hodges, l’inavvicinabile alto ducale. Le voci della band andranno invece ad evocare Sinatra, Dean Martin, Ella Fitzgerald e le band dei fratelli Dorsey e di Chick Webb, cantando “Come Fly with me”, la ballata di Mackie Messer “Mach the Knife”, speziata di ironia, poesia, fino alla distruzione della figura, con quel gusto amaro dell’indistinto o del dissoluto e un classico rivalutato anche da Michael Bublè, “Sway”, un mambo “Quién Serà” di Pablo Beltran Ruiz del 1953, tradotto in americano da Norman Gimbel per Dean Martin. Ancora swing con coloro che vissero e consumarono sperimentazioni interessanti quali Benny Goodman, che realizzò il superamento e l’antitesi razziale tra bianchi e neri e la fusione dei due linguaggi e due scuole notevolmente diversificate e Woody Herman aperta a sbocchi espressivi molto interessanti, che porteranno poi al jazz californiano e alla contaminazione latin. Musica oltre ogni confine per la pace, poiché in guerra è l’Uomo, la sua storia, la sua essenza ad essere negata.