Studio Apollonia: chi ama l'arte accetta le sfide - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Studio Apollonia: chi ama l’arte accetta le sfide

Studio Apollonia: chi ama l’arte accetta le sfide

 

Gran successo di critica e pubblico per il finale della II edizione del Santa Apollonia Festival, promosso dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” che ha chiuso con “L’opera da tre soldi” di Brecht-Weill con narratore Yari Gugliucci

 

Di Olga Chieffi

Otto giorni, otto concerti e un’opera in forma semiscenica per il Dipartimento di Musica d’Insieme del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, agli ordini di Francesca Taviani e Anna Bellagamba, che sono riuscite a proporre ad allievi e pubblico, programmi complessi, ma in modo semplice e comunicativo. Il grande romanticismo, ha sposato l’opera rossiniana, passando per il principe della musica del secolo breve, il sassofono, in uno spazio che abbiamo notato sempre affollato quale è la chiesa di Santa Apollonia, affidata alla Bottega San Lazzaro di Giuseppe Natella.  Chi ama l’arte, la musica, il teatro, ama le sfide e a chiusura di questa settimana di musica abbiamo assistito ad una serata dedicata alle produzioni musicali della seconda guerra mondiale, a cominciare da quattro canzoni su testo di Bertold Brecht intonate da Yana Tsapyuk e Luana Grieco con Enrico Vigorito al pianoforte. Poi sulla scena sono comparsi gli strumenti dell’orchestrina jazz sostakoviciana. Mai suoni più indovinati da parte degli allievi del conservatorio diretti da Matteo Parisi, buon violoncellista attratto dal fascino della magica bacchetta, che si è districato tra le inarcature dei suoni, sciabolate d’archetto, sospensioni e sincopi che arricchiscono la tessitura dei temi, la fanno spaziare fuori ogni segno ordinario, come dire che la musica, con grazia, mangia o pasteggia se stessa. Infine, la grande sorpresa, i songs della Die Dreigroschenoper, ma in italiano e con cantanti lirici, che può sembrare azzardato e irrispettoso della vocalità prevista da Weill, ma è risultato un interessante esperimento d’incontro tra due forme d’arte, probabilmente antitetiche, ma ugualmente potenti. Gli allievi sono stati impegnati soprattutto a perfezionare la propria capacità attoriale ed espressività corporea, e a confrontarsi musicalmente con tessiture difficili, da cantante-attore e con uno stile declamatorio assai diverso dalle loro abituali frequentazioni, hanno fatto di questa produzione un evento unico nel suo genere, rendendola  un’ occasione formativa irripetibile per i giovani del nostro conservatorio. Abituati ad esprimersi soprattutto con la voce cantata, hanno dovuto svelare le proprie qualità nascoste, immedesimarsi in personaggi così lontani dai consueti personaggi d’opera, così “esagerati” e “scomodi”, hanno scoperto quanto sia importante comunicare con il corpo, con gli occhi, con un altro ritmo, diverso da quello musicale, ma non meno importante. Vedere i giovani cantanti lirici affrontare questo testo letterario così importante, confrontarsi con esso fino in fondo nella realtà che presenta e nel messaggio esplicito che vuol lasciare, è una sfida accattivante che mette a confronto due generazioni, due stili, due mondi appartenenti entrambi a un’umanità privilegiata e “colta”. La sapiente mano dietro le quinte di Lello Arena, la graditissima presenza di un amatissimo attore quale è Yari Gugliucci, in veste di voce recitante dal pulpito di Santa Apollonia, hanno aggiunto un pizzico di internazionalità e un grande apporto di novità, saggezza e creatività. Un inno al teatro impegnato, agli ideali brechtiani per nulla tramontati, alla gioventù degli interpreti, selezionati quest’anno tra i più promettenti della nostra massima istituzione musicale, sono state le caratteristiche di questa produzione, che speriamo poter ascoltare anche in lingua originale, sicuramente più consona alle ragioni di questo teatro, poiché i ragazzi hanno maestri che possono preparali a tutto. Splendide le voci, che, certamente, un giorno vanteremo celebri, che hanno firmato quella rivolta fatta di stracci e di sesso, proprio roba da comunisti , e da comunisti impenitenti e resistenti, senza alcuna sofisticatezza, se non quella richiesta da un testo ormai classico. Voci e suoni azzeccate perché a modo loro sgraziate, o colme di una grazia sofferente, grazia di bassifondi e di puttanesimo, grazia di bile e d’ira che non riesce ad esplodere se non per gioco ironico. Applausi scroscianti di un uditorio attento ed esigente, quale è quello di Santa Apollonia, tra cui abbiamo intravisto anche il sindaco Enzo Napoli e diversi docenti, tra cui Marilena Laurenza, per Francesca Manzo che ha dato voce a Polly, Luana Grieco Frau Peachum, il volto d’angelo di Colette Manciero, solo fisicamente lontana da Jenny delle Spelonche, Maria Infranzi una determinata Lucy, Daniele Lettieri, Macheath, Raffaele Scocozza Tiger Brown, Rocco Paolillo Herr Peachum e il narratore Vincenzo Esposito, unitamente alla band di Matteo Parisi, i quali hanno saputo lanciare in musica il richiamo che quel senso di libertà immaginosa e spavalda, possa ritornare a scorrere nel sangue delle nuove generazioni.