Spaccio a Sarno, nessuno scarcerato - Le Cronache
Cronaca Giudiziaria Agro Nocerino Sarnese Provincia Attualità

Spaccio a Sarno, nessuno scarcerato

Spaccio a Sarno, nessuno scarcerato

Erano punto di riferimento dei giovani assuntori di Sarno e di parte dell’Agro Nocerino Sarnese: il tribunale del riesame ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dagli undici indagati finiti in manette all’inizio dello scorso mese di dicembre. Solo per Francesco Ianniello 29 anni di Nocera Inferiore domiciliata a Sarno i giudici hanno disposto i domiciliari. Restano a Fuorni: Vittorio Santaniello di Sarno; Pasquale Robustelli di Sarno; Loredana D’Angelo di Sarno; Bruno Gaudiello di Sarno; Mario Sodano 34 anni nato Boscoreale domiciliato a Torre Annunziata. Restano ai domiciliari Ai domiciliari finirono: Maria Squillante di Sarno (moglie di Santaniello); Luigi d’Angelo di Sarno; Giovanni Stellato di Sarno; Marcello Amato di Sarno; di Torre Annunziata, amica di Sodano. Per tutti le accuse sono di concorso in detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. Tutti gestivano lo spaccio di stupefacenti rifornendo in modo particolare i frequentatori di locali dell’Agro nocerino. Non appartenevano ad alcun sodalizio criminale. Sono da considerarsi gruppi di spacciatori coppie di coniugi o di fratelli che spesso utilizzavano le propie abitazioni per in- contrare gli acquirenti e cedere la droga. In tutto sono sei i gruppi individuati. Da alcune indiscrezioni sembra sia stata una mamma a dare il via all’indagine, segnalando agli investigatori i nomi di coloro che fornivano di droga il figlio. Il fascicolo fu poi affidato al sostituto procuratore Giuseppe Cacciapuoti della Procura di Nocera Inferiore. Furono disposti servizi di pedinamento ed intercettazioni Lo spaccio avveniva non solo nelle abitazioni di alcuni degli indagati (due erano ai domiciliari ma ricevevano puntualmente i loro acquirenti) ma anche in una villa. La struttura situata in via Sarno Palma presentava una grata, dalla quale uno degli arrestati, un 54enne, forniva la dose di cocaina ai giovani assuntori. Gli indagati usavano, un linguaggio in codice al fine di evitare di destare sospetti o di essere smarcherati in caso di intercettazioni telefoniche.