Scambiati per ladri e aggrediti L’incubo dei Vico Masuccio - Le Cronache
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Scambiati per ladri e aggrediti L’incubo dei Vico Masuccio

Scambiati per ladri e aggrediti L’incubo dei Vico Masuccio

di Erika Noschese

L’ondata di furti a Cava de’ Tirreni sembra aver generato una vera e propria psicosi. Ultime vittime, se non altro per l’ordine cronologico, la nota band salernitana Vico Masuccio: due musicisti, domenica sera, sono infatti stati aggrediti dalle ronde. A denunciarlo, attraverso un video pubblicato sui canali social il cantante Antonio Amatruda che, insieme ad altre centinaia di persone, ha espresso la sua solidarietà ad Antonio Pappacoda e alla sua compagna Laura Panico, entrambi aggrediti dalle ronde.

Antonio cosa è accaduto domenica sera?

«Sono andato a suonare accompagnato dalla mia fidanzata col gruppo Vico Masuccio, in sostituzione al loro batterista ufficiale. Io seguivo con la mia macchina il chitarrista del gruppo che conosceva la strada ma ad un certo punto come accade anche per i navigatori più precisi, ci perdiamo e torniamo indietro dove sta passando una processione tra una delle frazioni dove dovevamo suonare. A quel punto, ci fermiamo e scendiamo dalle auto per chiedere informazioni. Veniamo così accerchiati da alcune persone del posto che ci chiedono: “chi cercate? dove dovete andare? che dovete fare? da dove venite?” e rispondendo pacatamente ad ognuna delle domande ci dirigiamo di nuovo verso le nostre auto cariche di strumenti. Ad un certo punto però ci accorgiamo di essere seguiti ci mettiamo in macchina e per precauzione blocchiamo le portiere e lasciamo i finestrini chiusi nonostante il caldo. Veniamo quindi inseguiti da due o tre scooter e un’auto; la mia auto (una Station Wagon) è più pesante e stento a stare dietro la macchina del chitarrista così si interpone un uomo sullo scooter che tagliandomi la strada mi obbliga a rallentare, ma riesco a sorpassarlo. Nel fare il sorpasso lui mi intima di fermarmi e di scendere dalla macchina e comincia a dare a pugni contro il mio finestrino e calci alla portiera».

Poi cosa è successo?

«”Chiama G. (il chitarrista) o la polizia” urlo alla mia compagna; poi arriviamo ad un semaforo rosso, che non rispettiamo per la troppa paura e arriviamo sul posto dove suonare dove troviamo i vigili ai quali chiediamo aiuto. Nel frattempo ci raggiunge la ronda – continuando a non capire il perché veniamo aggrediti. In 5 tentano di forzare le portiere, prendendo a pugni il parabrezza e i finestrini da entrambi i lati, coinvolgendo e terrorizzando la mia compagna. Tutto accade in fretta, i vigili intervengono cercando anche loro di capire e sedare gli animi. G (il chitarrista) scende dalla sua auto e dice agli aggressori “siamo musicisti, ci hanno chiamato a suonare” e a quel punto i vigili spiegano alla ronda che siamo musicisti, intimando di smettere di aggredirci (continuano imperterriti a dare pugni sui finestrini) perché non c’entriamo nulla con furti e scassi nella zona, “ma qua a capa c’ fa mal, c’eta capì” sono le uniche parole che capisco e scappano. E’ tutto finito ma è durato un’eternità, rimaniamo chiusi in macchina e nel frattempo ci raggiungono anche gli altri musicisti. Passano venti minuti e restiamo blindati in macchina, non riusciamo a fidarci di nessuno e vogliamo solo tornare a casa e lasciarci tutto alle spalle».

Come tu stesso hai dichiarato in un video pubblicato sui social non è stato facile esibirti quella sera. Come state tu e la tua compagna ora?

«I ragazzi ci tranquillizzano, ci dicono “ormai non torneranno, hanno capito” e solo dopo veniamo a sapere che questa era una ronda provocata dai vari episodi di furto nelle case dei quartieri di Cava. Ora stiamo bene ma è difficile tornare alla normalità. La mia compagna prova ancora molta rabbia».

Agirete per vie legali?

«Non è da escludere, ma stiamo valutando le condizioni per poterlo fare». Hai già anticipato però che non hai nulla contro le persone di Cava. Ci torneresti? «Da musicista mi reco a Cava quasi una volta alla settimana ed ho sempre girato per le vie del centro senza la sicura alle portiere. Come ho già detto ho molti amici a Cava, ci vivono persone straordinarie, piene di idee e cultura, e non stanno mai con le mani in mano, cercando di migliorare il territorio attorno a loro. Non credo che si debba giudicare un posto da quello che accade nei piccoli borghi periferici».

Ora che tutto è finito, vuoi lanciare un messaggio?

«Mi sento di aggiungere solo una cosa: oltre al ritorno alla normalità e alla tranquillità quotidiana, vorrei provare a lanciare un messaggio il più possibile vicino a queste persone: posso capire la disperazione che molta gente sta vivendo ultimamente, ma tutto questo non giustifica la violenza e la rabbia con cui siamo stati aggrediti. Inoltre, se fossero riusciti ad aprirci le portiere e solo dopo averci pestato, cosa avrebbero fatto una volta capito che noi – in quanto musicisti – non c’entravamo niente con i furti di cava? Pensare è più difficile e faticoso che cercare di rompere un vetro a pugni».