Scafati. La Cassazione "il patto politico mafioso c'è stato" - Le Cronache
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Scafati. La Cassazione “il patto politico mafioso c’è stato”

Scafati. La Cassazione “il patto politico mafioso c’è stato”

Di Adriano Falanga

Pubblicate le motivazioni della Cassazione sul no agli arresti nei confronti di Pasquale Aliberti, di suo fratello Nello Maurizio (già stralciati dal Riesame) e degli esponenti del clan Loreto-Ridosso. Il presidente della sesta sezione della Corte di Cassazione, il dottore Vincenzo Rotundo, aveva accolto in parte le considerazioni del procuratore generale Delia Cardi per l’annullamento con rinvio per Ridosso Luigi e Ridosso Gennaro in relazione alla scelta della misura per i fatti del 2013 e rigetto nel resto; per l’annullamento con rinvio per Aliberti Angelo Pasqualino limitatamente alla scelta della misura; rigetto nel resto. Confermato quindi l’intero impianto accusatorio formulato dal pm della Procura antimafia di Salerno, dottor Vincenzo Montemurro. “Il patto politico mafioso c’è stato ed è confermato, Alfonso Loreto è attendibile come pentito” spiegano gli ermellini, che definiscono l’operato del pm come un lavoro fatto in modo “coerente e logico con valutazione probatoria rispondente a criteri di completezza globalità e unitarietà dell’esame” ed inoltre poi, hanno rimarcato anche l’attendibilità del pentito Alfonso Loreto, fonte chiave d’accusa perché “ha tirato fuori una serie di fatti che rimandavano alle indagini in maniera spontanea, con veridicità e coerenza”. Quanto all’appalto Italy Service secondo le ricostruzioni di Loreto, arrivato perché la ditta costituita era stata fatta ad hoc su indicazione dello stesso Aliberti, è arrivata in aula anche la conferma dello stesso Luigi Ridosso. Secondo il Riesame l’interesse del sindaco uscente ad ottenere un sostegno elettorale per garantirsi la rielezione trovava un primo elemento logico di riscontro nella stessa prospettazione dell’Aliberti circa i contrasti avuti anche con la propria maggioranza durante il primo mandato con conseguente consapevolezza di avere margini ristretti per la conferma. Scrive la Cassazione: “In tale contesto ben si inserisce il patto politico-mafioso connesso alla vicenda della candidatura di Ridosso Andrea, rifiutata dall’Aliberti a causa del cognome ingombrante, che poteva nuocergli, accettando il sostegno elettorale da un candidato meno compromettente, sconosciuto, “a zero voti”, individuato dal Loreto e dai Ridosso, Luigi e Gennaro, nel Barchiesi, parente della moglie del Loreto, non legato al clan ed estraneo alla politica, in cambio della promessa di appalti”.

RIDOSSO LUIGIRIDOSSO GENNAROPer gli ermellini poi, sussiste l’aggravante mafiosa ipotizzata dal pm Montemurro e confermata dal Tribunale del Riesame, mentre da approfondire e ridiscutere l’esigenza della misura cautelare perché “la custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, con conseguente inapplicabilità di tale misura coercitiva alla condotta delittuosa indicata”. Inoltre, aggiunge ancora la Cassazione “Il Tribunale dovrà rivalutare il giudizio cautelare sia in punto di sussistenza che di attualità e concretezza delle esigenze cautelari sia di scelta della misura, tenendo conto delle dimissioni nel frattempo rassegnate dall’Aliberti e degli altri elementi indicati dai ricorrenti in ordine alla concretezza e attualità del pericolo di reiterazione”. Quindi, per la decisione dello scorso 7 marzo, “le ragioni illustrate l’ordinanza impugnata va annullata limitatamente alle esigenze cautelari nei confronti di Ridosso Gennaro, Ridosso Luigi e Aliberti Angelo Pasqualino con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Salerno”.

LA POSIZIONE DI NELLO ALIBERTI

La Cassazione ha confermato il no agli arresti per Nello Maurizio Aliberti, fratello dell’ex sindaco, così come già il Tribunale del Riesame aveva disposto, riducendo a marginale il suo ruolo nel patto elettorale in corso tra suo fratello Pasquale con il clan Ridosso-Loreto. Anche se è stato accertato il suo impegno a sostegno del fratello della campagna elettorale del 2013, non risultano però elementi in merito alla sua partecipazione al patto elettorale con Luigi Ridosso o Alfonso Loreto. Infatti, Nello Aliberti non aveva il potere, secondo gli ermellini, di stringere alcun patto. In merito al suo ruolo, nell’episodio che riguarda la giornalista Valeria Cozzolino, secondo la Cassazione, l’episodio non sarebbe per lui gravemente indiziante. Scarsa anche la sua partecipazione nella campagna elettorale del 2015, e infatti, secondo gli ermellini sul fratello piccolo di Pasquale Aliberti, non ci sarebbero elementi tali da giustificare la misura cautelare.

LA BATTAGLIA PER LA LEGALITA’

2-alibertiLa tesi difensiva di Pasquale Aliberti, sostenuta dai legali Agostino De Caro e Giovanni Aricò, ribadiva il forte impegno politico istituzionale dell’ex sindaco contro la criminalità organizzata, in particolare si producevano gli atti per gli espropri e acquisizione dei beni appartenuti ai diversi clan. Nelle motivazione depositate dalla Cassazione si legge: “La ricostruzione del Tribunale risulta, pertanto, coerente, non manifestamente illogica e completa, essendo state valutate e disattese le obiezioni dell’Aliberti per il singolare contrasto tra la linea politica scelta di avversare l’illegalità e la camorra e le condotte tenute, consistite nell’accettare per le elezioni del 2013 la candidatura del Barchiesi e l’indicazione del Petrucci, provenienti dall’associazione mafiosa, e per le elezioni del 2015 che la moglie tenesse un comizio (era candidata ed è stata eletta Monica Paolino, moglie di Pasquale Aliberti), in casa della sorella di un camorrista ucciso in un agguato nel 2001 e di un camorrista ancora attivo come Ridosso Romolo nonché che Ridosso Luigi partecipasse alle cene elettorali. Né risulta irrilevante la circostanza che durante la campagna elettorale del 2013 fossero stati pubblicati articoli, che lo associavano al clan Ridosso-Loreto; che per le elezioni provinciali del 2009 fosse stato trovato un suo manifesto elettorale presso un deposito della famiglia Matrone, che lo aveva appoggiato, come riferito dal custode, e che all’impresa di tale famiglia fosse stato garantito di operare indisturbata nel settore delle affissioni per espressa indicazione del sindaco, come riferito dal Cacchione”. Un comportamento, secondo gli ermellini, quanto meno contradditorio.