Ruggi, una donna di 2 quintali è riuscita a far nascere suo figlio: il racconto del parto - Le Cronache
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Ruggi, una donna di 2 quintali è riuscita a far nascere suo figlio: il racconto del parto

Ruggi, una donna di 2 quintali è riuscita a far nascere suo figlio: il racconto del parto

Parto “singolare” a Salerno dove una donna di 183 chili ha dato alla luce un maschietto del peso di 4,400 grammi a 34 settimane di gestazione, nel Reparto di Gravidanza a rischio dell’Azienda Ospedaliera Universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona. I medici che l’hanno operata lo hanno definito un parto “davvero eccezionale”. In sala operatoria erano presenti dieci medici tra ginecologi, anestesisti, cardiologi, rianimatori e neonatologi.

La signora, una trentottenne salernitana che vuole mantenere l’anonimato, è stata assistita dai medici Raffaele Petta, Mario Polichetti, Antonio Iannelli e dalla ostetrica Sonia Pagano. Il piccolo è stato affidato alle cure della neonatologa Graziella Corbo. “Il parto di una signora di tale peso con una imponente elefantiasi agli arti inferiori – spiega Raffaele Petta, direttore del Reparto di Gravidanza a rischio – rappresenta sicuramente un evento raro. Avevo già operato con la équipe della Gravidanza a rischio con i medici Mario Polichetti e Joseph Allegro, nel 2012, una paziente del peso di 176 chili, ma con questa paziente ci siamo spinti ben oltre”.

“E’ stato necessario ricorrere a una postazione particolare – ha aggiunto Petta – in grado di adattarsi alle caratteristiche fisiche della signora; inoltre, essendovi un alto rischio di embolia polmonare per il sovrappeso della paziente e per i precedenti tromboembolici, si è ricorso al sistema di compressione sequenziale per la prevenzione della trombosi profonda utilizzando particolari gambali pressurizzanti, procurati dal responsabile della Sala Operatoria Luigi Giorgio”.

Estremamente complesso si è rivelato il taglio che abitualmente si esegue nei cesarei. “Avrebbe comportato una necrosi della ferita con infezioni gravissime, a volte anche letali – ha specificato il medico – abbiamo quindi optato per un taglio inusuale, trasversale sempre, ma tre centimetri sopra l’ombelico. Ci ha consentito di minimizzare i rischi e le complicazioni legati all’intervento”.