Riflettori accesi sui "furiosi" Ariosto, Pasolini e Cangiullo - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Riflettori accesi sui “furiosi” Ariosto, Pasolini e Cangiullo

Riflettori accesi sui “furiosi” Ariosto, Pasolini e Cangiullo

Oggi e domani maratona alla sala Pasolini dalle 18 alle 21, promossa da Alfonso Amendola e Pasquale De Cristofaro

Questa sera e domani, nella Sala Pier Paolo Pasolini, dalle 18 alle 22 CorpoNovecento invita a riflettere sul “Furor letterario e Furor della Scena”. Incontri, letture e conversazioni a cura di Pasquale De Cristofaro e Alfonso Amendola, con direttore artistico Luca Lanzetta. Sulle tracce di Giordano Bruno, ci immergeremo in quel forte spirare, in quell’eroico furore che è ardore e passione della verità e della luce divina. Il paludato professore, che vive in un mondo descritto una volta per tutte da Aristotele, il religioso settario, che – in nome e per conto di Dio – combatte i suoi simili, vivono nella cecità e perciò non raggiungono la condizione e la dignità di uomini. Dovremo trasformarci in cacciatori per spingersi nei recessi più oscuri e umbratili della foresta, in traccia della sua preda. Inseguimento, milizia, bisogno costante di cacciare oltrepassando sé stessi. Nell’arco della due giorni si alterneranno echi, voci e visioni che omaggiano la grande espressione italiana da Ludovico Ariosto a Pier Paolo Pasolini, da Francesco Cangiullo alle nuove espressioni artistiche contemporanee. Inaugurazione questa sera, alle ore 18.00 “Omaggio a Piedigrotta Cangiullo” di Ugo Piscopo (Edizioni Plectica) che verrà presentato da Rino Mele e Alberto Granese. Azione teatrale in due quadri, l’Omaggio a Cangiullo-Piedigrotta si fonda sul concetto dell’incontro esplosivo fra la modernolatria e la macchinolatria futuriste e l’anarchismo e il nichilismo napoletani. 
Il primo quadro si articola in sequenze sincopate e scandite per intermittenze, fra loro però interrelate per richiami tematici, per ricorsi di parole-chiave, per svolgimenti dialogici, anche se a distanza. Esso è dedicato al retroscena dove Marinetti, Cangiullo, Folgore e Balla si stanno preparando alla rappresentazione della Piedigrotta di Cangiullo: fra loro discutono in libertà, si provocano, si eccitano mentalmente, mettendo così a nudo il loro temperamento, ma anche le intenzioni e le strategie che vogliono attivare. Marinetti svolge il ruolo di animatore e di suggeritore di gruppo, Balla, fa da spalla, naturalmente con inflessioni e tic piemontesi; il romano Folgore, che è un poeta finissimo e reattivo alle occasioni, si diverte a introdurre nel circuito del dibattito spunti provocatori; Cangiullo, assunto ad allievo da scozzonare, un po’ sta al giuoco, un po’ si difende con istintività e con argomenti suoi. In pratica, è un interessante e creativo momento laboratoriale che è proprio del retroscena: ormai sappiamo dalla modernità che l’avvio dell’azione è più intrigante dell’azione stessa.
Il secondo quadro è dedicato alla resa scenica e teatrale del testo cangiulliano di Piedigrotta. Rino Mele e Alberto Granese cederanno la ribalta alle ore 20.00 “Ad memoriam e furiosi”. In viaggio con Pasolini conversazione con Michele Schiavino e Pasquale De Cristofaro. Domani, sempre con inizio alle ore 18.00 “Inseguendo Orlando” conversazione con Emma Grimaldi e Alberto Granese e letture dall’Orlando Furioso di Pasquale De Cristofaro. Alle ore 20.00 “Io di più” di Romolo Bianco (Edizioni Pironi) conversazione con Andrea Manzi e Alfonso Amendola. Periferia orientale di Napoli, una famiglia piccolo borghese, una come tante. Don Mario vende tappeti al mercato. Si alza che fuori è notte e all’alba è già in giro, polvere e sudore, mille pensieri e altrettanti caffè. Don Mario non parla mai, è un marito e un padre assente, tutto silenzio e rughe. Finché una mattina incrocia gli occhi di Berta, una trans della Ferrovia; un incontro del tutto casuale, ma è così, del resto, che ti frega la vita: ci si guarda, si inizia a parlare e ci si innamora. Don Mario a casa però ha Lucia che lo aspetta; l’ha messa incinta che era una studentessa, quella ragazza che sognava l’aristocrazia napoletana, e che poi un giorno si è risvegliata che viveva a Casoria e aveva due figlie già grandi. Fortuna che ci sono loro: Marta, l’orgoglio di mammà, brillante laureanda in medicina, e Anna, che invece la scuola l’ha lasciata anzitempo, e adesso sogna solo di sposare il suo Lino, uno senza arte né parte, null’altro da offrire se non il suo cuore e il suo amore. Anna piange spesso, tra pile di piatti da lavare e fornelli da sgrassare, quindi stira, mette in ordine e rassetta, in un giorno che è sempre uguale. Fino a quando una scoperta non arriverà a capovolgere un mondo fatto di colori sbiaditi – grigio a perdita d’occhio, grigio senza soluzione di continuità – e odori tristi – quello acre degli pneumatici che ardono ai margini delle statali, accanto al puzzo di piscio dei vicoli. A far da sfondo la calura insopportabile di certe estati a Napoli, il sapore metallico di notti lunghissime in cui tutto può accadere, e inconsapevoli burattini dal destino già segnato, cui non è concesso un altro giro di giostra – “Dacci il nostro orrore quotidiano, amen”. (o.c.)