Il controllo pubblico non è più così scontato per i porti di Napoli e Salerno. È questo il principale elemento di preoccupazione che viene fuori dall’appuntamento “Porti: controllo pubblici e snellezza operativa”, organizzato venerdì nel capoluogo campano. Tutti i presenti, politici, imprenditori e operatori, hanno evidenziato come occorra un salto di qualità per evitare l’effetto Pireo. Vale a dire l’arrivo di capitali stranieri che prendono il controllo della gestione e, di conseguenza, acquisiscono potere assoluto sia sull’attività delle altre imprese che sui flussi occupazionali. In Grecia il Porto del Pireo è finito, dopo la grande crisi, nelle mani della multinazionale cinese dello shipping Cosco. La stessa preoccupazione è stata espressa dal presidente di Angopi, l’associazione di categoria delle imprese di ormeggio, Cesare Guidi, che sempre da Napoli ha auspicato una difesa della inalienabilità e incommerciabilità delle aree demaniali. “Solo in questo modo possiamo garantire l’interesse nazionale”, è la sua convinzione. Eppure se il timore trova spazio nei dibattiti tra imprenditori e politici vuol dire che il rischio esiste. Secondo l’eurodeputato e componente la commissione del parlamento europeo che si occupa delle questioni regionali, Andrea Cozzolino, il Governo deve favorire le aggregazioni tra Porti anche ad un livello superiore rispetto a quanto accaduto fin qui. Nello specifico “bisogna andare verso una rete tra i Porti del Sud, così da offrire servizi integrati, condizioni di mercato vantaggiose, efficienza”. Aggregare Napoli e Salerno con Gioia Tauro, Messina e gli scali siciliani del versante occidentale del Mediterraneo consentirebbe di avere la forza necessaria per opporsi a grandi investitori esteri. Che, come nel caso del Pireo, potrebbero sfruttare la debolezza del settore pubblico per entrare in un business miliardario come quello della logistica e del trasporto marittimo. Il presidente dell’Autorità di Sistema Portuale Mar Tirreno Centrale, che comprende Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia, Pietro Spirito, ha fatto sapere che si lavora proprio in questa direzione e che è giunto il momento di superare la stagione della concorrenza tra realtà della medesima macroarea. A febbraio, del resto, il commissario europeo per lo sviluppo del Corridoio delle reti di trasporto transeuropee, Pat Cox, al culmine di una visita a Gioia Tauro e Villa San Giovanni, ha detto che “occorre lavorare come sistema Sud”. “È triste vedere come molti fondi europei tornino indietro per l’incapacità di spenderli – ha aggiunto – per questo motivo il Sud deve cominciare a muoversi come macroregione e avere un progetto comune d’ispirazione nazionale, su cui muoversi”. Altrimenti tutti i Porti del Sud, in concorrenza tra loro, continueranno a candidarsi singolarmente per diventare la principale cerniera con il Nord Africa o il luogo di interscambio dei traffici con la Cina e il Far East. Con il risultato di non essere competitivi e aprire la strada ai capitali privati.
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