Polichetti: «Rivedere il piano sanitario per decongestionare i pronto soccorso» - Le Cronache
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Polichetti: «Rivedere il piano sanitario per decongestionare i pronto soccorso»

Polichetti: «Rivedere il piano sanitario per decongestionare i pronto soccorso»

Razionalizzare le spese per evitare che i cittadini paghino di tasca propria gli esami, rivedere il piano sanitario per decongestionare il pronto soccorso dei nosocomi salernitani e prestare particolare attenzione alle fasce deboli. Sono questi gli obiettivi prossimi del dottor Mario Polichetti, recentemente nominato responsabile nazionale per la sanità e le politiche sociali per l’Udc. Recentemente nominato responsabile nazionale per le politiche sociale per l’Udc, quali sono i suoi prossimi obiettivi, dottore? «Questa nomina è un passaggio importante perché mi dà la possibilità di avere un rilievo nazionale in tema di sanità. Chiaramente, gli occhi sono puntati innanzitutto sulla nostra regione, la Campania, che presenta tutta una serie di questioni da risolvere nell’interesse dei cittadiniutente. Questioni che non sono solamente addebitabili all’ultima gestione politica in corso ma che sono anche un retaggio delle gestioni passate. Volevo inoltre toccare un paio di punti che riguardano l’assistenza sanitaria. Il punto numero uno è cercare di evitare che i cittadini debbano pagare le prestazioni perché troppo presto finiscono i fondi per il rimborso delle attività convenzionate esterne, come i laboratori, i centri di diagnosi radiologica dove si effettuano tac, risonanze e radiografie. Già c’è stata, dopo due mesi di gestione del 2019, un’interruzione dell’erogazione dell’assistenza e i cittadini, per tutto il mese, hanno dovuto pagare di tasca propria le prestazioni sanitarie. Bisogna, inoltre, rivedere il piano sanitario per decongestionare il pronto soccorso di Salerno, Battipaglia e Nocera Inferiore: c’è un’attività frenetica, un overbooking ovvero un arrivo eccessivo di pazienti e molte volte questi accessi risultano anche inutili perché non sono filtrati e da questo deriva uno scadimento delle prestazioni sanitarie e un’attesa che, molte volte, si prolunga anche per giorni prima di avere un intervento di pronto soccorso. E’ dunque necessario cercare di regolamentare quest’altro aspetto nell’interesse del cittadino utente. Bisogna anche prestare particolare attenzione alle fasce deboli e mi riErika Noschese ferisco all’assistenza nei confronti delle persone anziane che non possono essere trattate sempre e solo in pronto soccorso perché le forze sono ridotte così come le capacità di adattamento. Attenzione, quindi, alle fasce deboli ed in particolare agli anziani potenziando una rete di assistenza domiciliare che prenda in considerazione un ruolo diverso da parte dei medici di famiglia che devono effettuare un monitoraggio e un’assistenza più puntuale, a domicilio, per evitare che i pronto soccorso vengano affollati anche con accessi inutili». Quali sono gli interventi urgenti da mettere in campo, secondo lei? «Per quanto riguarda le politiche sociali, una particolare attenzione alla famiglia intesa nella nostra accezione ed una particolare attenzione ai giovani e al loro inserimento nel mondo del lavoro. Noi non siamo d’accordo su forme di assistenzialismo sterile, inutile ma cerchiamo di lavorare alla creazione di opportunità lavorative che possano rappresentare un reale futuro. Quindi, no all’assistenzialismo e si all’inserimento graduale nel mondo del lavoro da parte dei giovani». Cosa dovrebbe fare, secondo lei, la Regione Campania per evitare il blocco delle prestazioni che creano non pochi disagi alle famiglie in difficoltà? «Dovrebbe effettuare un monitoraggio più attento, rivedere le prestazioni: come, dove e da chi vengono effettuate e riorganizzare in maniera virtuosa l’assistenza sanitaria, tenendo presente che l’integrazione sanitaria tra pubblico e privato deve essere onesta, virtuosa, che vada nella direzione del cittadino e non solo nella direzione delle tasche del privato che così facendo si arricchisce, depaupera il patrimonio economico della Regione e non eroga prestazioni al passo con i tempi». Riorganizzazione del sistema sanitario, dunque. Da dove si deve partire, secondo lei, nell’immediato? «Bisognerebbe ripartire razionalizzando la spesa per le attività che vengono affidate in convenzioni; effettuare un monitoraggio più serio, più attento; bloccare le prestazioni inutili e responsabilizzare, ancora una volta, il medico di famiglia che è il filtro attraverso il quale la prestazione passa prima di essere erogata dal centro stesso. Anche con un’informatizzazione più attenta, mettendo anche gli esami di laboratorio in rete per una facile accessibilità, si dà la possibilità al cittadino di non ripetere inutilmente gli esami che vengono a cadere e ad incidere in maniera cospicua sulla spesa sanitaria, creare un rapporto tra i centri convenzionati, i medici di famiglia, gli ospedali ed effettuare un monitoraggio soprattutto sulle prestazione e sulla qualità delle stesse. Ci vuole un monitoraggio ed una razionalizzazione ma soprattutto bisogna investire nell’alta specialità, cosa che nella nostra provincia e nella nostra regione sono poco presenti tanto è vero che tutti sappiamo che esiste un’elevata percentuale di pazienti che, dalla nostra regione, si rivolgono ad altre regioni del nord Italia».