Omicidio D'Elia: Marciano rischia l'ergastolo - Le Cronache
Cronaca

Omicidio D’Elia: Marciano rischia l’ergastolo

Omicidio D’Elia: Marciano rischia l’ergastolo

Concorso in omicidio, occultamento di cadevere e sequestro di persona. Vincenzo Marciano, originario di Torre Annunziata, rischia l’ergastolo per l’omicidio di Maurizio D’Elia (nella foto a destra). Un delitto che dopo tredici anni torna d’attualità. Marciano, difeso dall’avvocato Michela Giella, è stato inchiodato dal collaboratore di giustizia Carmine Izzo detto il “piccolino, condannato a trent’anni per l’omicidio D’Elia. Ieri, davanti al Gup Donatella Mancini si è celebrata l’udienza prliminare nel corso della quale il padre e la sorella di Maurizio D’Elia si sono costituiti parte civile attraverso l’avvocato Cecchino Cacciatore. Secondo l’accusa faceva parte del commando dei napoletani che si travestirono da carabinieri e prelevarono il pregiudicato  in un circolo di Montecorvino Rovella simulando una perquisizione.  Izzo agì con il collaboratore di giustizia Salvatore Izzo, Umberto o’ lustrascarpe. L’operazione scattò la sera del 12 marzo 2002. Il delitto fu commissionato da Biagio Giffoni per la cifra di 5mila euro. Per rendere più credibile il blitz, con tanto di lampeggianti e palette, furono bloccate anche alcune persone. D’Elia Fu portato in una zona isolata di Olevano dove fu picchiato, interrogato sotto tortura e ucciso. I tre napoletani furono accompagnati in auto da Carmine La Pietra a bordo di una Opel Vectra.  L’omicidio fu inquadrato nella faida tra il clan Pecoraro di Bellizzi e il clan Giffoni (Battipaglia/Eboli), in contrapposizione per il controllo del noleggio dei videopoker nella Piana del Sele. D’Elia era indicato quale autore dell’agguato mortale in cui fu ucciso Giuseppe Esposito, Peppe ’o ribotto, capozona di Pontecagnano per conto del clan Pecoraro.  Ecco perché D’Elia – nelle intenzioni del capoclan Giffoni e del nuovo alleato Angelo Frappaolo – doveva essere rapito, interrogato e quindi ucciso. La scelta dei sequestratori toccò a Pasqualino Garofalo, frequentatore dei boss della zona del Vesuviano. D’Elia fu fermato e ammanettato. Quindi trasferito nella Opel Vectra dove lo prese in consegna La Pietra. La vettura, dopo aver percorso alcuni chilometri, raggiunse Olevano sul Tusciano dove, ad attendere il commando, c’erano in un’altra vettura Biagio Giffoni, Bruno Noschese, Carmine Viscido e Angelo Frappaolo. D’Elia fu fatto salire su quest’auto, mentre i napoletani venivano recuperati da Pasqualino Garofalo con una Fiat Tipo blu e riportati a casa. Il giovane fu portato in una zona isolata di Olevano. Qui fu selvaggiamente picchiato e quindi ucciso. Il corpo di D’Elia – mai più ritrovato – fu gettato in una buca scavata poco prima e ricoperto di calce viva. Il processo, davanti ai giudice della Corte d’Assise di Salerno, è stato fissato per il 6 marzo 2016.