Nuovo anno musicale? L’apre Marie Christine Forget - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Nuovo anno musicale? L’apre Marie Christine Forget

 La musica del Capodanno sarà firmata dall’ Orchestra Filarmonica Salernitana “G.Verdi”, che nel doppio appuntamento fissato per le 18,30 e le 21,30, una generosa fatica d’amore degli strumentisti, accettata per  far partecipare il maggior numero di concittadini a questo gioioso rito d’inizio d’anno.
“La musica è donna” affermava Duke Ellington e la bacchetta ospite dei nostri filarmonici sarà la francese Marie Christine Forget. Il programma che saluterà gli interventi del brillante  e simpatico tenore Francesco Malapena, già ascoltato al teatro Augusteo, in occasione della festa della comunità portuale, e della prima tromba dell’orchestra salernitana Nello Salza, che si esibirà da solista, proponendo il repertorio in cui è specialista, musica per film, principierà con la sinfonia della Luisa Miller di Giuseppe Verdi , con i suoi palpiti e gli eloquenti silenzi ad introdurre la grazia accorata e rassegnata mestizia, colori perspicui della partitura.
La ribalta sarà, poi, interamente di Francesco Malapena, che esordirà nei panni di Mario Cavaradossi, il più celebrato dei “Signor tenori”, il quale si presenta come artista con l’aria “Recondita armonia”, che nell’introduzione rispecchia i movimenti del pittore che passa leggeri tocchi di pennello sulla tela, per dare poi l’emozionante addio alla vita e all’amore intonando “E lucevan le stelle”, la più compiuta e appassionata confessione, che tocca i vertici dell’allucinazione. Il vigore di Rossini è soprattutto nel ritmo ed è, a suo stesso dire, il mezzo più idoneo per tradurre in pratica la ragione d’essere della musica di teatro.
Ed ecco che lo scroscio di tamburi annuncerà la sinfonia de’ “La gazza ladra”, esprimente il destino che persegue i personaggi, la speranza che li anima, l’allegrezza che li circonda, la felicità che li attende, l’abisso in cui sono per cadere, e tutto ciò in un mondo indefinito, attraente e penetrante. La canzone “Granada” di Lara, el flaco de oro, e ancora gli immancabili ardimenti vocali di Calaf, con il suo “Nessun dorma!” da Turandot, congederanno Francesco Malapena dal pubblico salernitano
Riflettori sull’ orchestra con lo Schiaccianoci di Petr Il’ic Cajkovskij e il famoso Valzer dei fiori, con la sua introduzione dominata dall’arpa, che con volteggi aerei interrompe la citazione del tema principale esposto dai legni sin dalla prima battuta.
Appena si spengono gli ultimi suoni vibranti dell’arpa attacca il vero valzer con il tema eseguito dai corni accompagnati dagli archi. Il secondo tema è, invece, affidato ai violini ed è più agile e movimentato. Segue un secondo valzer, anch’esso in forma bipartita: di nuovo un primo tema ai fiati, i flauti questa volta, e un secondo agli archi, viole e celli.
Un breve episodio di collegamento porta alla ripresa del primo valzer e alla coda che conclude gioiosamente la composizione con il tripudio dell’orchestra intera. Omaggio alla Francia e allo chef d’orchestre con Espana di Emmanuel Chabrier, un rapido affresco pieno di colori, che a dispetto delle piccole dimensioni racchiude numerose idee musicali che si rincorrono come in una parata, senza però addentrarsi in particolari metamorfosi o elaborazioni motiviche, capace di fra scoppiare interra transalpina una vera e propria “ispanomania”. Ritorno del tenore con “Core ‘ngrato”, una canzone partenopea scritta in America, un cavallo di battaglia di Enrico Caruso, che se ne fece appassionato divulgatore, prima di cedere il palcoscenico alla tromba di Nello Salza, che ritroviamo dopo un decennio sulle stesse tavole, riproporre il solo di “Per un pugno di dollari”, la graziosa rumbetta de’ “La vita è bella” e “La leggenda del pianista sull’oceano”, che lo vedrà al flicorno soprano. Preludio al gran finale con l’ An der schonen blauen Donau op.314 di Strauss, per il quale si deve soltanto accennare alle prime tre note della triade di re maggiore, che tutti i volti si accenderanno di subito entusiasmo, “Una specie di “Marsigliese” –come titolò il Tout Paris – di pace in cui riconoscono il loro canto e simbolo nazionale tutti gli austriaci”. Virtuosismo orchestrale con “Tritsch-Tratsch Polka” e tocco italiano per concludere, con l’ouverture del Guglielmo Tell di Rossini, concepita in quattro movimenti: l’Andante, racconta la penosa situazione degli oppressi, col suo celebre solo di violoncello, una vera rivoluzione, in cui lo strumento acquista voce “romantica”, l’Allegro descrive un violento temporale estivo, ancora un Andante, affidato al melodizzare, in forma di “ranz des vaches”, del corno inglese, cui risponde il flauto, prima di scatenare il celeberrimo galop, con l’orchestra che ribolle per evocare l’ardore di destrieri e cavalieri che, con il loro impeto portano a lieta conclusione una delle più entusiasmanti pagine rossiniane.