Non solo trucco: ogni giorno uomini e donne usano 7 cosmetici - Le Cronache
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Non solo trucco: ogni giorno uomini e donne usano 7 cosmetici

La cosmesi non è solo trucco, ma molto molto di più. A parlare di questo vasto campo disciplinare è Rita Patrizia Aquino (foto), professore associato e docente ordinario di Tecnologia farmaceutica e Tecnologia e Formulazione dei prodotti cosmetici dell’Università di?Salerno.
Nell’immaginario collettivo “cosmetico” vuol dire prodotto per il trucco. Niente di più fuorviante: cosmetici sono tanti prodotti diversi. Ed ogni giorno ciascuno di noi, uomo o donna, utilizza almeno 7 diversi prodotti. Quanto li conosciamo?
«La maggior parte delle persone identifica il “cosmetico” con i prodotti da abbellimento; invece, anche senza rendercene conto, ogni giorno utilizziamo un numero elevato di cosmetici, dal dentifricio, al bagno schiuma, al sapone o shampoo non per abbellirci ma per mantenere in perfetto stato di salute la nostra pelle, i capelli, gli annessi cutanei. Conoscere di più la composizione dei cosmetici e le loro proprietà è importante per operare scelte di acquisto mirate alle specifiche caratteristiche della nostra pelle e capelli e al mantenimento dello stato di benessere».
Probabilmente un neologismo che è quello di “cosmeceutico”, cioè un cosmetico che avrà sempre più una funzionalità farmaceutica, entrerà ben presto nell’uso comune e nella futura concezione di questi prodotti…
«Il termine “cosmeceutico” coniato dal dermatologo Kligman negli anni ‘80 è, oggi, oggetto di discussione; non è accettato facilmente in ambito regolatorio o scientifico ma è un termine capace di veicolare un’idea profonda che è quella di prodotti che, pur non classificabili come farmaci, contengono alte concentrazioni di principi dermoattivi in grado di agire sull’epidermide migliorandola. Le vitamine, i flavonoidi, gli antiossidanti naturali sono riconosciuti come sostanze benefiche per la pelle in grado di controbilanciare lo stress ambientale e il normale e fisiologico invecchiamento cutaneo. Purché ben formulati, scientificamente controllati rappresentano un valido aiuto per pelle, capelli e mucose che va al di là dell’azione lavante o profumante».
La cosmetologia è una disciplina “giovane”, in quanto in Italia solo dal 1970 è entrata a far parte come materia di studio in un corso di laurea. In che contesto, si colloca la facoltà di Farmacia di Salerno e qual è il suo impegno circa le strategie di innovazione e ricerca nel settore?
«La formazione in ambito cosmetologico è sempre stata una particolare sfida per il mondo universitario; molto più di altri settori, la cosmetologia richiede conoscenze multidisciplinari che spaziano da quelle chimiche, analitiche e tecnologiche a quelle biologiche e anatomo-fisiologiche, fino agli aspetti più propriamente produttivi ed impiantistici. Al cosmetologo si richiede, una particolare attenzione agli aspetti di qualità e sicurezza del prodotto cosmetico, alla tossicologia senza mai dimenticare l’attrattività del packaging e l’importanza dello skeen feeling. L’Ateneo di Salerno ha attivato nel 1998 la Scuola di Specializzazione in Scienza e tecnologia cosmetiche, la prima nell’Italia Meridionale. Con la riforma universitaria 509/99, dal 2002 la Scuola è stata sostituita dal Master di II Livello in Scienza e Tecnologia Cosmetiche più snello e flessibile, che permette, anno per anno, di ritarare i percorsi formativi in funzione delle necessità di un settore che è vivace ed in continua crescita. La mia personale attenzione, come direttore della Scuola di specializzazione o del master per vari anni, e quella dei colleghi dell’Università di Salerno è sempre stata rivolta  all’obiettivo  di formare esperti e responsabili di funzione in aziende, centri di servizio e di ricerca del settore cosmetico capaci di rispondere alle richieste di innovazione e ricerca avanzata del settore» .
Sebbene la compatibilità cutanea dei prodotti cosmetici sia testata grazie allo sviluppo della ricerca e a validi metodi di analisi, è inevitabile che un numero esiguo di individui possa manifestare una reazione cutanea. E’ possibile identificare quelle sostanze potenzialmente responsabili di allergie?
«La richiesta di cosmetici “ipoallegenici” è una tendenza ormai consolidata sia per i mercati maturi sia per i mercati emergenti. Sviluppare ingredienti “ipoallegenici” è un processo complesso perché  richiede competenze multidisciplinari per la caratterizzazione, per la definizione dell’attività a livello cutaneo, per le opportune valutazioni tossicologiche. Attualmente nei paesi occidentali c’è una tendenza all’utilizzo di “prodotti naturali” con l’erronea convinzione che siano più salutari e che causino meno reazioni avverse rispetto ai sintetici. Tale mito va sfatato sottolineando che la maggior parte delle sostanze che possono provocare allergia sono proteine “naturali”. E’ noto che le sostanze più spesso coinvolte nelle allergie da cosmetici (dermatiti da contatto, orticarie, fotosensibilizzazioni) sono le essenze profumate, i conservanti, le tinture permanenti dei capelli, ed il nichel, presente come contaminante dei processi di lavorazione dei cosmetici».
Parliamo di  screening  di valutazione  per la distribuzione del fondo premiale destinato alle università italiane, soprattutto nella ricerca. Trova che nel determinare i parametri di assegnazione dei fondi, ci siano aspetti discutibili e critici che ci impediscono di essere all’avanguardia?
«E’ oramai consolidato che il Fondo Premiale, ovvero le risorse destinate agli “Atenei Virtuosi”, rappresenti oltre il 10% dell’Ffo, a livello nazionale, e venga distribuito ai singoli Atenei in base a indicatori di qualità per la ricerca (circa 66%) e la didattica (34%). Pur trattandosi di un importante passo avanti nella valutazione della qualità delle Università e uno stimolo a perseguire politiche per la qualità, permangono delle criticità tra cui segnalerei,  innanzitutto, la percentuale di incidenza tra ricerca e didattica e la “geografia” della qualità spostata verso gli Atenei del Nord Italia. A mio parere, i criteri  andrebbero parzialmente rivisti per riequilibrare sia il fondo premiale per la didattica, che è missione specifica dell’Università mentre la ricerca è condivisa con altri Organismi specificamente deputati (Cnr etc), che gli squilibri socio-economici tipici della nostra Italia».