Musica sotto una buona stella - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Musica sotto una buona stella

Musica sotto una buona stella

Questa sera, alle ore 20, nella Chiesa di Santa Apollonia, il Festival di Musica da Camera, promosso dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” e dalla Bottega San Lazzaro, vivrà il suo evento clou proponendo Zodiac di Karlheinz Stockausen

Di OLGA CHIEFFI

L’evento clou della III edizione del Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia, sarà vissuto oggi alle ore 20. L’esecuzione del Tierkresis, lo Zodiaco di Karlheinz Stockausen, datato 1975 in versione per ensemble da camera e curato, in un particolare allestimento scenico, è posto al centro di un cartellone nato dalla sinergia del Conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, con un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani, da un’idea di Anna Bellagamba con Chiara Natella e la sua Bottega San Lazzaro. Tierkreis, che saluterà in palcoscenico Martina Aprea al clarinetto, Deborah Batà al sassofono soprano, Vincenzo Varriale al sassofono tenore, Michele Barbella alla tromba, Ciro Coticelli e Marco Fazzari alle percussioni, Daniele Testa alla fisarmonica, Enrico Vigorito al pianoforte, unitamente al soprano Colette Manciero e a Friederike Kuhl in qualità di voce recitante e Mario Buoninfante insieme alla stessa docente Anna Bellagamba all’editing audio e regia delle luci, è una delle più celebri composizioni del secondo Novecento. Tierkresis è un’opera aperta, ovvero un’opera che consente e richiede infinite differenti versioni potenziali. Non nel senso solito, valido per qualsiasi partitura, che può essere interpretata in infiniti modi, bensì nel senso che la partitura stessa non è fino in fondo determinata e lascia un cospicuo margine creativo all’interprete. La sua stesura risale al biennio 1974-1975, quando Stockhausen stava lavorando alle musiche per la fiaba teatrale Musik im Bauch (Musica nella pancia). Tierkreis doveva essere una di quelle pagine nate per il repertorio infantile (le altre erano scritte per sestetto di percussioni) ed era affidata al timbro luminoso dei carillon. In questo richiamo alla musica di Stockhausen le stralunate melodie per i segni dello zodiaco, seguendo l’auspicio dell’autore sono state messe in scena in una versione spazializzata. La musica diventa una vera e propria lingua, la sola di cui si servono i musicisti per vivere l’incontro, lo scontro, il tragicomico e l’addio. Il brano è formato da dodici melodie (con o senza accompagnamento): ognuna di esse è ispirata a un segno dello zodiaco e nello stesso tempo ruota attorno a una nota della scala cromatica (Leone-La, Vergine-La#, Bilancia-Si, Scorpione-Do e così via). L’opera, dunque, ripensa con originalità alle combinazioni astratte della dodecafonia, alle cabale di influenza mistica alla John Cage, e a quel contatto con l’immaginazione che pochi anni dopo avrebbe generato la cosiddetta “nuova semplicità”: tutte indicazioni che testimoniano, nonostante un’evidente rivisitazione personale, quanto Stockhausen fosse immerso nel clima culturale del suo tempo. C’è anche spazio per qualche aspetto preso in prestito dalle correnti aleatorie, perché forma e organico di Tierkreis non sono definiti a priori, ma possono essere personalizzati da ogni singolo interprete. Lo stesso Stockhausen ne ha realizzato diversi arrangiamenti: per quattro voci nel 1975, per orchestra da camera nel 1977, per clarinetto e pianoforte nel 1981, per trio da camera nel 1983, e due versioni per orchestra nel 2007. Anche la durata del brano non è definita e può variare a seconda del numero di ripetizioni melodiche previste dall’esecutore. Si tratta dunque di un’opera aperta e insieme di un work in progress, proprio come se nelle intenzioni dell’autore si avvertisse l’esigenza di scrivere una composizione perennemente viva, in grado di rigenerarsi nel tempo e nello spazio. L’idea sta alla base della poetica stessa di Stockhausen: il ciclo di opere inteso come strumento per far attraversare a un lavoro musicale i confini circoscritti del suo tempo. Ma anche il riferimento allo Zodiaco, da leggere come rotazione di immagini diverse attorno a un solo centro gravitazionale (l’anno solare), riflette una delle fondamentali esigenze poetiche di Stockhausen: una ricerca sul tempo, inteso come unità nella varietà, destinata a culminare in Klang, il lavoro dedicato alle 24 ore del giorno che nel 2007 è rimasto orfano del suo autore.