Morto Vincenzo Mazzarella, il boss stroncato da un malore - Le Cronache
Ultimora Cronaca Attualità Primo piano Editoriale Campania

Morto Vincenzo Mazzarella, il boss stroncato da un malore

Morto Vincenzo Mazzarella, il boss stroncato da un malore

di Red. Cro.

E’ morto in carcere, Vincenzo Mazzarella. Il boss, originario del quartiere di San Giovanni a Teduccio, aveva 62 anni. Secondo quanto si è appreso è stato stroncato da un malore. E’ deceduto a distanza di due mesi dal fratello Ciro, alias ’o scellone, che è spirato nel suo letto lo scorso 2 settembre, alla fine di una lunga malattia.Un business che ha portato il sodalizio ad essere uno dei più potenti di Napoli e a coltivare rapporti diretti con Cosa Nostra. Le redini del clan fondato da Zaza passano ai tre fratelli Mazzarella negli anni Novanta, dopo la cattura del padrino Michele (anche lui detto ‘o pazz’, morirà di infarto a luglio del 1994).La polizia francese e quella italiana lo intercettano nelle vicinanze della capitale transalpina, all’interno del Parco Disneyland Paris. Si trova in auto con tre cittadini extracomunitari, uno dei quali in possesso di un passaporto diplomatico del Senegal. All’inizio del 2000, il gruppo di Vincenzo Mazzarella si estende anche a Forcella, nel rione Maddalena e in altre zone del centro storico, anche in virtù dell’alleanza con i Giuliano.
Patto cementato dal matrimonio di Michele (figlio di Vincenzo) e di Marianna, figlia di Luigi, l’ex re di Forcella, passato poi a collaborare con la giustizia. In Francia ’o pazz’ era stato già arrestato nel 1999. Nel giugno di quell’anno il boss fu stanato a Nizza, e poi (a dicembre) estradato in Italia, dove fu giudicato e condannato per il reato di associazione per delinquere di stampo camorristico.In una delle sue residenze, le forze dell’ordine sequestrarono un leopardo. Poco prima della sua cattura a Parigi, ’o pazz’ fu destinatario di una ordinanza emessa dalla Dda di Napoli. L’arresto non fu eseguito perché il boss era irreperibile. Secondo la stima degli inquirenti, ammontava a poco più di 200mila euro al mese la cifra incassata dal malavitoso, grazie al racket praticato in maniera capillare nelle zone controllate dal suo clan. Proventi che in parte venivano riciclati in attività economiche e commerciali come pizzerie, ristoranti e internet point per le scommesse, in parte invece impiegati per il sostentamento delle famiglie degli affiliati all’organizzazione.