Massimo Cavalletti: un Figaro di voce - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Massimo Cavalletti: un Figaro di voce

Massimo Cavalletti: un Figaro di voce

L’intraprendenza e la simpatia caratterizzeranno il barbiere più famoso della storia dell’opera. Il baritono lucchese sarà il protagonista più atteso della “prima” del 7 dicembre al teatro Verdi di Salerno

 Di LUCA GAETA

“Figaro su, Figaro giù, pronto prontissimo, son come il fulmine: sono il factotum della città.” Raggiunto abbiamo il nostro giovane baritono tra una prova e l’altra.

Che tipo di esperienza ha vissuto e cosa ricorda del periodo presso l’Accademia di Perfezionamento del Teatro alla Scala?

“Sono stati anni fondamentali per la mia formazione. Poter studiare con Leyla Gencer, Lucina Serra, Luigi Alva, Christa Ludwig, Renato Bruson, Leo Nucci e tanti altri, ha rappresentato un’opportunità di altissimo livello. Inoltre, avere la possibilità di poter cantare con artisti di grandissimo spessore, come ad esempio nel 2005, quando ho debuttato il ruolo di Schaunard ne La Bohème di Puccini con la regia di Franco Zeffirelli. Ho vissuto quegli anni, presso l’Accademia del Teatro alla Scala, come un momento di grande crescita e di profondo studio e non con l’idea di aver raggiunto un traguardo”.

Qual è il ruolo che trova più congeniale alla sua vocalità e che sente più vicino al suo modo di essere?

“Nella mia carriera ho interpretato tantissime volte il ruolo di Marcello ne La Bohème di Puccini, creando, nel corso del temo, un legame particolare con questo personaggio, che insieme al Figaro di Rossini, hanno caratterizzato gli ultimi dieci anni del mio lavoro. Inoltre, trovo che questi due personaggi per alcuni aspetti e con le dovute differenziazioni di tematica e stile, si somiglino: la vocalità prorompete, due guasconi, amici un po’ di tutti, sempre pronti “a togliere le castagne dal fuoco”!

Quale ruolo desidera debuttare?

“Ce ne sono tanti, ad esempio Rigoletto. Questo grande ruolo verdiano mi affascina tantissimo per le sue luci e le sue ombre. Di grande difficoltà tecnica ed interpretativa, difficile da rendere credibile scenicamente nella sua deformità, con una vocalità che abbisogna di tutta una serie ti tinte e sfumature. Sicuramente questo personaggio rappresenta un desiderio per il futuro ed un banco di prova importante”.

Il 7 dicembre ci sarà la pima de Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini presso il Teatro Verdi di Salerno. Quali tratti caratterizzano il “suo” Figaro?

“L’intraprendenza, la simpatia, un Figaro di voce. In questa produzione ho la fortuna di rincontrare colleghi con cui ho già lavorato altre volte, quindi fra noi c’è già una certa chimica e credo che questo sviluppi più facilmente la comicità tipica dell’opera buffa”.

Che tipo di lavoro ha fatto per affrontare questo personaggio, che nella sua grande immediatezza rappresenta un banco di prova notevole per il baritono?

“Ho debuttato questo personaggio nel 2005, quindi porto dietro l’esperienza di diverse produzioni. Ero molto giovane quando ho cantato per la prima volta Figaro, percependo, come è giusto che sia, questo ruolo in modo completamente diverso da come, giustamente, possa interpretarlo oggi, alla luce soprattutto di molte esperienze. Il tipo di lavoro, parte dalla parola, quanto mai essenziale in questo tipo di teatro, curando in modo attento la pronuncia, per poi calarla nel contesto musicale e scenico”.

Fra i baritoni del passato, ha qualche modello di riferimento?

“Sicuramente Ettore Bastianini, che ascolto da sempre. Poi Piero Cappuccilli, Renato Bruson, Leo Nucci. Sono artisti a 360 gradi, li stimo non solo per quello che sono come cantanti, ma anche perché hanno abbracciato la musica a tanti livelli. Prendo sempre a riferimento Nucci, perché è un artista che ha saputo attraversare trenta / quarant’anni di musica e di vita nel teatro, cambiando, rinnovandosi, crescendo, addirittura facendo il regista d’opera, pur cantando ancora in teatro”.

Cosa si sentirebbe di consigliare ad un giovane che desidera intraprendere questo tipo percorso, studiando canto lirico?

“Come è doveroso che sia di puntare tutto sullo studio. Di approfondire vari aspetti della musica e della cultura in generale. C’è tanto lavoro dietro, c’è uno studio approfondito: è una vita di sacrifici! Soprattutto non lasciarsi “distrarre” dal mondo dei social: il successo e la bellezza di questo mestiere segue altre strade, fatte di grande impegno e dedizione”.

Impegni futuri?

“In quest’anno 2019 tornerò alla Scala, dopo un anno sabatico (per così dire), per fare Manon Lescaut di Puccini, con la direzione del maestro Chailly e Masnadieri diretto da Michele Mariotti. Poi Napoli, il prossimo novembre con Pagliacci e debutterò a gennaio il ruolo di Germont ne La Traviata a Palm Beach”.