L’incubo del reparto detenuti al Ruggi - Le Cronache
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L’incubo del reparto detenuti al Ruggi

L’incubo del reparto detenuti al Ruggi

di Brigida Vicinanza

Sangue sui muri, polvere ovunque e nemmeno la possibilità di guardare fuori dalla finestra. E’ l’incubo vissuto da uno dei detenuti del carcere di Fuorni, ricoverato per un’operazione al Ruggi, nel reparto detenuti. E ora Ettore vuole denunciare il trattamento riservatogli affinchè chi si troverà nella sua stessa situazione possa essere trattato diversamente e sicuramente meglio. Un appello preciso, scritto di pugno, a mano. Una lettera che sperava potesse essere letta e pubblicata e potesse finalmente arrivare la “pulce nell’orecchio” a chi di dovere. “Sono Ettore Iovine e sono detenuto presso la Casa Circondariale di Fuorni Salerno, sono ristretto alla II sezione, da circa 3 anni, scrivo a voi del giornale con la speranza che possiate pubblicare questa mia lettera per portare a conoscenza tutti i salernitani e non, e anche a chi ha l’obbligo morale e istituzionale di garantire i diritti dell’uomo e nel mio caso di detenuto. Inizio col raccontarvi la mia brutta esperienza, forse sarebbe più giusto dire crudele esperienza, visto che già stare chiuso dietro le sbarre non è una bella esperienza, ma è solo sofferenza – scrive Ettore – dopo quasi nove mesi di attesa per ricevere un ricovero per un’operazione di una ghiandola (tumore), oggi ancora benigno fortunatamente, ma che un domani potrebbe peggiorare, sono stato trasferito presso la sezione detentiva dell’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona qui a Salerno, comunque gestito dal penitenziario per il ricovero di pochi giorni tale da prepararmi all’operazione da effettuare subito dopo le feste natalizie. Da parte mia, già conoscendo il luogo dove andavo e in virtù del fatto che si tratta di salute non ho voluto rifiutare, ma premetto che già tutte le persone (i detenuti che ci erano già stati) mi avevano anticipato che era un posto squallido e invivibile, però poi solo quando sono arrivato ed entrato in cella, sedi di cella si può parlare”. Poi Ettore continua nella descrizione: “Le mura bianche imbrattate di macchie di sangue delle zanzare spiaccicate da mesi, accumuli di polvere che scendono dal soffitto, il tempo che sono stato rinchiuso lì, più o meno dieci ore mi ha procurato prurito su tutto il corpo, per questo ho preferito dimettermi, come dire un castello per una fogna. Se ci fosse forse la possibilità di poter pulire e disinfettare ci sarei rimasto, ma in cella non avendo neanche un avabo con acqua corrente e privo di ogni oggetto sanitario era così evidente una grave carenza igienico sanitaria, che per poter usare il bagno all’esterno della cella devi chiamare l’agente di polizia penitenziaria, aspettare che apra la cella, attende che tu finisci, rimane sull’uscio della porta. Continuo con dirvi che non c’è luce naturale, visto che i vetri delle finestre sono ricoperti da carta per impedire di vedere fuori. Tutto questo è l’opposto di quello che dice la Costituzione. Se poi si possono chiamare finestre quando non si possono aprire non saprei, pochi i centimetri aperti nella parte superiore, per questo non c’è circolazione d’aria naturale, in parole povere è un vero luogo di tortura anticostituzionale. La giornata pare non finisca mai, non avendo accesso a nessun tipo di svago, nè televisore, nè radio, nè cartoline per corrispondenza e per un fumatore come me, neanche la possibilità di sfogare lo stress provocato da tutto ciò fumando una sigaretta, per non parlare poi del vitto giornaliero che non prevede più di un litro d’acqua al giorno. Due bottigliette una a pranzo e l’altra a cena, mentre la necessità di liquidi giornaliera è di più di due litri. Credo, penso, che anche se mi ritrovo detenuto o meglio condannato a pagare la mia pena per dei reati, per tante persone non sarò un cittadino modello, ma ciò non vuol dire che per un trattamento sanitario riguardante una patologia alquanto seria e anche delicata, trovo inopportuno che noi detenuti veniamo discriminati dal sistema sanitario e costretti a subire questo genere di umiliazioni da parte di dovrebbe tutelare la nostra salute, non condivido che oggi siamo nel 2016-2017 non ci sia un posto idoneo dove ricoverare chi ha bisogno di determinate cure. Spero non solo per me, ma anche per altri che un domani ne avranno bisogno, le autorità competenti, compreso il Dirigente Sanitario il dottore Giovanni Di Cunzolo, possano intervenire per migliorare questo che oggi si può solo definire con due sole parole: “indecente, impietoso”. Infine Ettore ha concluso: “Chiedo scusa se mi sono dilungato troppo con questo mio scritto, ma una causa del genere deve essere divulgata a trecentosessanta gradi. Questo per me/noi è l’unico modo che abbiamo per farlo. Vi prego di attivare la vostra disponibilità e spero che questa nostra richiesta, possa arrivare fino al medico provinciale, il quale come prevede la nostra Costituzione dovrebbe visitare almeno un paio di volte l’anno gli istituti di prevenzione e di pena allo scopo di accertare lo stato igienico sanitario”.