Hai deciso di non seguire più tanto il calcio, dopo oltre 30 anni. Troppi soldi, energie e tempo sprecati. Già da un po’ ti perdi spesso la partita della tua squadra. Non sai neppure quando gioca, a volte. Poi leggi il libro di uno psichiatra malato grave di pallone, che si conclude così: “Il calcio è l’oppio dei popoli, certo. Ma la vita è già complicata assai, almeno questa dipendenza teniamocela stretta”. Il dubbio si insinua. Lo respingi. La sera stessa, dopo il lavoro, fai zapping e ti imbatti nella tua squadra che gioca un ottavo di finale di Coppa Italia. Neanche il tempo di cambiare canale e un tuo difensore segna in rovesciata come Pelè nel film ‘Fuga per la vittoria’. Poi si fanno rimontare da 2-0 a 2-2 da un avversario più debole che fa in tutto due tiri in porta. Guardi anche i supplementari: vincono, ma tu sei di nuovo agganciato. Sei spacciato. Effetti collaterali da ‘L’allenatore sul divano – Psicologia minima di un tifoso di provincia’. In cui Corrado De Rosa, autore di saggi su criminalità organizzata e psichiatria e sull’Isis – analizza la sua malattia per la Salernitana (è di Salerno). E assicura in sostanza che smettere non solo è difficile, ma forse inutile e magari perfino controproducente. Pubblicato da Caracò Editore, ‘L’allenatore sul divano’ racconta una stagione a seguire i granata alle prese con l’ennesimo campionato di serie B, evitando la Lega Pro (ex C) solo dopo 42 giornate di agonia, playout inclusi. Articoli pubblicati settimanalmente sul quotidiano salernitano La Città. Un libro per tutti quelli che tifano, che vi si riconosceranno con orgoglio misto a vergogna, ma specie per chi sostiene una squadra che non vince mai trofei. La maggioranza. Non che i tifosi della Salernitana non abbiano pretese. Come quella di rivaleggiare con il Napoli – una potenza al confronto -, piuttosto che riconoscere di essere sul piano dell’Avellino (derby della working class lo chiama De Rosa). La Salernitana è stata in A solo due volte, l’ultima nel 1998-’99. Lo psichiatra esorta a tenere i piedi per terra e ad avere consapevolezza. Così poi si può lasciare libero sfogo a tic, superstizioni, riti, isteria, bipolarità – il tratto temperamentale più diffuso -, amicizie occasionali e improbabili, pedagogie calcistiche dei figli e molto altro ancora. Un libro per tutti e per nessuno, tra eroi di un giorno o di una vita. Da Agostino Di Bartolomei, che con una promozione in B con la Salernitana chiuse la carriera, a giocatori di nome Empereur o Bagadur. Sognando al calciomercato Mark Landers, il rivale di Holly e Benji nel cartoon giapponese, o sentendosi il capitano Achab di Moby Dick. Passando per la partita “che non si è mai giocata” – uno 0-4 da rimuovere sereni – a quella raccontata solo con luoghi comuni giornalistici. E ancora il rifiuto del gemellaggio tra tifoserie, i problemi dell’autore con gli ultras, la ‘janara’ che toglie il malocchio, Zeman e Delio Rossi, fino al pizzicotto maligno al bambino rompiscatole sugli spalti. Il tifo calcistico, un farmaco di cui è difficile stabilire le dosi consigliate.
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