Lezioni di tango con il Bandoneon Piano Quartet - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Lezioni di tango con il Bandoneon Piano Quartet

Lezioni di tango con il Bandoneon Piano Quartet

 

Questa sera, alle ore 19,30 presso l’Auditorium “Carlo Pisacane” di Sapri, l’Associazione “A.Vivaldi” dedicherà l’incontro musicale domenicale ad Astor Piazzolla

 

Di OLGA CHIEFFI

Lezioni di tango questa sera, alle ore 19,30, presso l’auditorium “Carlo Pisacane” di Sapri. Il cartellone dell’ Associazione “A.Vivaldi”, allestito dalla pianista Mariacristina Branda, avrà, infatti, ospite il Bandoneon Piano Quartet, composto da Marco Misciagna al violino, Pierluigi Marotta al violoncello, Filippo Arlia al pianoforte e Cesare Chiacchiaretta al bandoneon. La formazione ci introdurrà ai ritmi, i colori e le passioni della musica portena”, in quell’universo in cui la strada da Congo Square ai bordelli di Buenos Aires è veramente breve: operai e giocatori d’azzardo, prostitute, fuorilegge e tutta la varia umanità che approdava in quella babele, un’umanità fervida e dolente, triste e allegra, che nelle sale dei caffè e nei prostiboli, luoghi di un meticciato culturale appartenente alla stessa epoca, creava una nuova danza dal nome ammaliante, ricca di vibranti emozioni, il tango. Il concerto non utilizzerà il Tango come classica rappresentazione dell’Argentina ma verrà scomposto per ricomporlo, ognuno con il suo linguaggio: quello del jazz del pianoforte, del suono classico del violino, miscelati, ma sempre riconoscibili come le sabbie colorate nelle bottiglie. Utilizzando gli strumenti come colori si cercherà di sottolineare il pathos del romanzo scritto dal genio di Mar del Plata. Verrà, così, attivato quel melò rioplatense, quel romanzo ardente e frusciante che è fuga dal fantastico. Il tango è una espressione artistica originalissima, letteraria, estetizzante, individualista, esotica e trasgressiva, assimilabile alla commedia dell’arte e al jazz. Nel mantice del bandoneon, la lunga lotta del tango contro i borghesi benpensanti e gli aristocratici che attaccavano la danza argentina, nata nei bassifondi, nei postriboli, praticata da ubriaconi e prostitute, di cui non venivano tollerate le posizioni così sconvenienti ed equivoche. Quella stessa lotta che italiani, ebrei, neri, cinesi, pellerossa, dovettero affrontare per sopravvivere e per essere accettati, andando a fondare le Americhe contribuendo alla nascita del jazz.  La ricchezza dell’apparato tematico delle opere di Piazzolla, vivificato dal cimento e dall’invenzione degli strumentisti, nonché dalla propensione trasparente per un eloquio diretto, la forza propulsiva del sentire argentino, quella ripetizione ossessiva in progressione, di alcuni temi, quasi a voler significare che il normale spettatore deve ascoltare più volte quella particolare espressione musicale prima di poterla gustare, sarà la caratteristica di buona parte del programma, esaltante in Esqualo, quella sfida perenne tra mantice e violino, simbolo di quel popolo che si è messo finalmente in moto, in viaggio, con la sua musica, il suo simbolo, il “Mito” del tango che allora nasceva. Si passerà dai preziosismi di Milonga del Angel, all’abbandono nostalgico di Adios Nonino, alla partitura di non facile tessitura e interpretazione del Concierto para Quinteto, e ancora, ad una delle quattro stagioni, Primavera portena, caratterizzata dal tema principale che passa tra gli strumenti con piccoli variazioni, una lenta melodia, o agrodolce o triste a seconda dello strumento che la svolge, bandoneón o violino, dalla vena nostalgica evocante Poulenc. Non mancherà Libertango, attraverso cui ricorderemo le “Lezioni di tango” di Potter, con il suo moto tutto barocco di tensione e distensione esteso sia alla minima frase che all’intera composizione, per sottolineare quei momenti regolarmente ed emozionalmente in bilico – dato caratterizzante della musica argentina – fra un lirismo allentato e dolente, talora fino alla rarefazione, e picchi di alta drammaticità e forza penetrativa, e “Oblivion”, dolcissimo, struggente, in cui il ritmo serrato della danza lascia spazio ad una melodia lirica e introspettiva, con cui ritorneremo ad Astor Piazzolla, stavolta compositore della colonna sonora del film “Enrico IV” di Marco Bellocchio.