L’eredità di Claudio Tortora e Renata Tafuri - Le Cronache
Spettacolo e Cultura teatro

L’eredità di Claudio Tortora e Renata Tafuri

L’eredità di Claudio Tortora e Renata Tafuri

Ai figli d’Arte Gianluca e Valentina il compito di schizzare gli eclettici genitori in punta di penna

Di Gianluca e Valentina Tortora

Claudio Tortora, l’eterno portatore di un linguaggio, quello del teatro, che è più ampio dei limiti del mondo, come deve essere l’ anima, lo sguardo di chi è sottomesso unicamente all’arte, che riesce soltanto ad intendere priva di ogni scopo, libera, universale, pura, che conosciamo quale patron del Teatro delle Arti e ideatore del Premio Charlot, con al suo fianco Renata Tafuri da ben quarantatrè anni, una coppia inscindibile, anche perché nata sulle tavole del palcoscenico, e assimila nel proprio percorso artistico elementi e sfumature mediate dal proprio vissuto, riappropriandosi delle proprie “ragioni native”, sono i soggetti di un particolare ritratto che oggi affidiamo alla penna dei figli d’arte Gianluca e Valentina, i quali ci porteranno a “fare parte della scena”, allestita dai loro genitori.   “Un periodo così non si dimentica – scrive Gianluca – è un momento che ti distrugge e fortifica allo stesso tempo. Nella mia vita, credo di non essere mai rimasto a casa per più di mezza giornata, il lavoro frenetico e tutta la routine che, tre settimane or sono, faceva parte della mia vita, non mi ha mai permesso di fermarmi un attimo. Oggi, sono a casa con la mia famiglia e i miei figli, il lavoro bloccato e i pensieri che si affollano nella mente, pensieri che, credo, appartengono a tutti noi. Non nascondo che, all’inizio, ho avuto un po’ di paura per tutto questo, ma voglio pensare positivo e credere che presto ne usciremo. Supereremo l’anno orribilis, sicuramente non indenni lavorativamente, ma ricchi di amore e affetti. Ringrazio, però, chi da sempre mi ha insegnato ad apprezzare tutto questo, ad apprezzare la famiglia e i figli, che mi hanno insegnato che soldi e lavoro sono solo una infinitesima parte della nostra vita, quella materiale e futile, che il valore aggiunto lo danno gli affetti che ti circondano. Il mio ringraziamento è diretto, quindi, a mia madre e mio padre, persone opposte ma uguali che, con i loro pregi e i loro difetti hanno reso di me l’uomo che sono oggi. Essere “figlio d’arte”, si sa, non è facile. Si ha la responsabilità incombente del cognome che porti e si è sempre preda del terrore di non essere all’altezza delle aspettative. Papà non mi ha mai reso la vita facile e “per fortuna”, quelli che potevano essere piccoli errori per gli altri, a me sono stati sempre aumentati del 50%. Ho iniziato a lavorare al Premio Charlot prestissimo come pony express: portavo i volantini per lidi e locali, oggi, ne sono parte integrante in direzione artistica e organizzazione. Mio padre mi ha insegnato che nella vita nessuno ti regala niente, quindi bisogna impegnarsi al massimo, studiare e solo allora potrai raggiungere i tuoi obbiettivi e vedere i tuoi sogni realizzati. Mamma, invece, è il mio grillo parlante, la persona saggia che con filosofia e dolcezza ti dice che stai facendo una sciocchezza e ti aiuta a capire la strada giusta da intraprendere. Non vedo i miei genitori dalla prima decade di marzo, quando con la mia famiglia abbiamo deciso di #restareacasa e di non muoverci, se non per la spesa. E’ dura non poterli vedere e abbracciare, ma abbiamo insegnato loro come utilizzare skype e, così, ci divertiamo a fare le videochiamate tutti insieme. Mi si stringe il cuore vederli tramite un computer, ma è per  il loro bene, dobbiamo solo  aspettare che tutto finisca. Continuo, così a far tesoro di ogni loro parola e insegnamento, sperando che un giorno i miei figli possano far lo stesso con me”. “Mamma… papà … i due grandi amori  della vita mia – rivela Valentina – pilastri fondamentali, rifugi sicuri e sereni, presso i quali poter scappare sempre, anche  a 40 anni, sposata, e con figli. Ho la fortuna di avere due genitori presenti, ma non ossessivi, attenti ma non invadenti, amorevoli ma sempre discreti e delicati, sono la mia ricchezza più grande, ovviamente insieme ai mie figli. Quando si diventa mamma si apprezzano ancora di più i genitori perchè riesci a comprendere e a valutare ragionamenti e atteggiamenti che, casomai, una ragazzina in fase adolescenziale non riesce a capire, oggi da mamma riesco a interpretarli, stando dall’altra parte e questo me li fa amare ancora di più. Mamma e papà hanno due caratteri completamente differenti, mamma, logica e matematica, razionale (razionalità che perde solo quando si tratta dei suoi quattro nipotini) sempre con i piedi per terra, precisa, selettiva, amorevole, ma solo con chi e quando dice lei, testarda, caparbia. Non è proprio semplice tenerle testa, amante della vita e delle gioie della vita, in coppia con mio padre sognatore, pasticcione, caotico, lunatico eterno sognatore con un animo da eterno bambino, ma nello stesso momento determinato, caparbio, ambizioso, desideroso sempre di progettare, creare. Insieme sono una miscela esplosiva e, a tratti, quasi ricordano gli amati Sandra e Raimondo, sempre lì pronti a battibeccarsi a punzecchiarsi, ma nella realtà dei fatti poi, si completano e sarebbero nulla l’uno senza l’altro. Una coppia, la loro, che dura da quarantatrè anni e che non può non essere, per noi figli, un valido esempio da seguire, giacchè oggi, più che mai, il concetto di famiglia, sta svanendo sempre più. Da mia madre ho ereditato, e ne vado fiera, proprio il senso della famiglia, la bellezza di poter condividere in famiglia le vicissitudini di ogni membro dal più piccolo al più grande, l’importanza di riunirsi a tavola durante i pasti per poter parlare e discutere, anche di semplici banalità, purchè si sia tutti  insieme. Oggi, più che mai, in questo momento scuro e buio della nostra vita, gli insegnamenti della mia famiglia tornano preziosi. Sono, ormai, circa quindici giorni che questo virus bastardo ci ha reclusi in casa privandoci del lavoro, degli amici, delle uscite, dei ristoranti, delle passeggiate, degli affetti più cari, (ormai sia io che mio fratello vediamo mamma e papà grazie a skype) insomma sopravviviamo. Eppure, da qualche parte, sto recuperando la forza, per andare avanti e trasmettere forza anche a loro e ai miei bambini, cosi trascorriamo le giornate riscoprendo la bellezza dello stare insieme, senza dover necessariamente correre travolti dalla frenesia della vita quotidiana, riscopriamo la bellezza di fare un dolce o una pizza insieme tutti e quattro, o il divertimento di fare una partita a carte senza barare. Oggi, se riesco a fare tutto questo, senza cadere nello sconforto e nella depressione, se riesco, con la mia determinazione, a tranquillizzare  gli sguardi intimoriti dei bimbi che, con i loro visini ingenui, vorrebbero capire il perchè di tante cose che restano, purtroppo, inspiegabili, è proprio grazie ai miei genitori e ai loro insegnamenti che mi hanno resa la donna che sono.