L'editoriale/ L'Udc e la politica dei due forni: quando manca il buonsenso di tacere - Le Cronache
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L’editoriale/ L’Udc e la politica dei due forni: quando manca il buonsenso di tacere

L’editoriale/ L’Udc e la politica dei due forni: quando manca il buonsenso di tacere

di Erika Noschese

C’è un centrodestra che non regge il confronto elettorale, c’è un centrosinistra che – forte del sistema di potere così ben radicato sul territorio – continua a vincere, da nord a sud della provincia. È un dato di fatto: i rappresentati politici del Pd hanno macinato una vittoria dopo l’altra e nei grandi comuni al voto sono proprio i dem ad avere la meglio. Innegabile il sostegno delle altre liste di coalizione che hanno sicuramente contributo alla vittoria. E non è un caso se il Psi conferma la sua rappresentanza territoriale o, in alcuni casi, addirittura la aumenta mentre in altri, inevitabilmente, diminuisce. È la politica, funziona così. Funziona così soprattutto quando fai parte di un sistema. Perché è innegabile, la vittoria di Mutalipassi ad Agropoli, di Paolo Di Maio a Nocera Inferiore, di Paola Lanzara a Castel San Giorgio hanno un nome e un cognome, oltre che un partito alle spalle. Se Franco Alfieri ha monopolizzato la sua ex città (che tanto ex non è mai stata), è altrettanto vero che Piero De Luca ha dato la spinta finale per permettere a Nocera Inferiore e Castel San Giorgio di ottenere una vittoria schiacciante. Ma il popolo resta sovrano. In cabina elettorale, uno vale uno. Una sola preferenza (due considerando il candidato maschile e femminile) da un solo cittadino e, dunque, Lanzara, Mutalipassi e Di Maio non sono al comando (solo) per la spinta di un partito che continua a vincere, nonostante i tanti problemi e gli aspetti giudiziari che certamente non possono essere trascurati. Ma è altrettanto vero che il centrodestra non esiste. Non esiste una coalizione compatta. Non esiste la coalizione perché forse, oggi, neanche i partiti esistono più. La Lega da anni si avvia verso la campagna elettorale per poi non saper esprimere neppure un candidato. Qualcuno forse, in civiche da prefisso telefonico. Forza Italia, reduce dalla morte di Enzo Fasano, sembra non riuscire a rilanciare l’azione amministrativa; Fratelli d’Italia ci prova, il popolo non premia ma ci sono sulla scena politica e lo hanno dimostrato ad Agropoli dove Elvira Serra non ha mai realmente fatto forza sul partito di Giorgia Meloni, forse ha preferito nascondersi dietro liste civiche per provare a conquistare consensi a destra e manca. Chi manca? Ovviamente l’Udc che applica ancora la politica dei due forni. Il segretario provinciale Ernesto Sica da mesi ormai parla di rilancio, di rappresentanza per poi, puntualmente, sparire nelle grandi occasioni. Ma, almeno, ha il buon gusto di tacere. A differenza di Mario Polichetti che, inconsapevole forse dei suoi insuccessi, prova a dare lezioni di vita e di politica alla coalizione. Il vice coordinatore regionale dell’Udc parla di “dinamiche legate alle solite politiche clientelare” e di un centrodestra inesistente, “regalo a De Luca”. Facile parlare quando per una campagna elettorale intera non si proferisce parola, non si esprime un solo candidato, limitandosi però a puntare il dito contro una stessa compagine elettorale. Una sconfitta personale più che politica perché quando non sai scegliere da che parte stare, allora sarebbe il caso di avere il buon senso di tacere. Intervento a parte lo meritano i candidati usciti sconfitti da questa tornata elettorale. Quando il popolo sceglie di bocciarti bisognerebbe prendere coscienza della realtà, senza inutili offese e patetiche lagne. Qualcuno dovrebbe dirlo alla candidata di Agropoli nel cuore, a sostegno di Elvira Serra. Cinque consensi. Solo cinque. Neanche da prefisso telefonico ma, forse, tanto bastano alla presidente di un’associazione che organizza autobus per i programmi Mediaset a sputare veleno contro gli agropolesi. La sconfitta elettorale brucia sempre, inevitabilmente, ma bisognerebbe fare i conti con una verità scomoda che impone riflessioni altrettanto scomode. La politica non è per tutti, bisogna saperci fare, bisogna saper dire qualcosa di concreto ma, più di tutto, bisogna saper agire in caso di vittoria. Aspetti che, in questo caso, vengono a mancare. Anche a rischio di penalizzare una squadra che, su quel palco, c’era mettendo anima e cuore in un progetto valido.