L'edilizia si rialza e parte la rivolta. Stasi sul palco, piovono fischi - Le Cronache
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L’edilizia si rialza e parte la rivolta. Stasi sul palco, piovono fischi

Cantieri fermi in attesa di risorse e pareri e una previsione, per il 2013, di una perdita di altri 3000 posti di lavoro. Numeri incredibili, situazioni paradossali, amministratori che mostrano mancanza di incapacità e strategia. Ieri mattina, il comparto edile salernitano era stipato nella sala Giove dell’hotel Mediterranea per fare il punto sullo stato di salute, o meglio di malattia, del settore. Fuori la “sonora” sfilata dei mezzi meccanici degli operai. 
La burocrazia e i crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni uccidono le imprese edili e sempre più sono i lavoratori che restano senza occupazione (sono già 6mila i posti di lavoro nel comparto persi in provincia di Salerno, con il preoccupante dato che solo quest’anno potrebbero essercene altri 3mila in meno).
Ance Salerno (con il presidente Antonio Lombardi), Feneal Uil (con i segretari Luigi Ciancio e Patrizia Spinelli), Fillea Cgil (con il segretario Luigi Adinolfi), Filca Cisl (con il segretario Ferdinando De Blasio) e lavoratori e imprenditori hanno deciso di dire basta alla lenta agonia dell’edilizia salernitana, proponendo poche e semplici ricette per non cadere nel baratro.
Già pronto un documento, una bozza di proposta di legge regionale, da sottoporre all’attenzione del Governatore della Campania, Stefano Caldoro, per far sì che entro il termine ultimo di 90 giorni i vari progetti di cantieri di opere di pubblica utilità vengano approvati con controlli ex post. Allo stato attuale, il tempo di attesa medio per quanto riguarda la Regione Campania, è di 1.280. Tradotto: oltre tre anni. Tre anni in cui le carte restano ad impolverare negli uffici, anziché consentire l’apertura di cantieri e le realizzazioni delle opere. Centosettanta, nella provincia di Salerno, sono i progetti “cantierabili” in attesa di qualche autorizzazione o parere amministrativo e che dunque non possono partire.
Le strade percorribili secondo organizzazioni sindacali e associazione dei costruttori sono diverse: attivazione di meccanismi volti a garantire i pagamenti dovuti alle imprese (ammontano a svariate centinaia di milioni di euro i crediti vantati dalle imprese); snellimento delle procedure burocratiche; decreti di finanziamenti da parte di Comuni ed Enti appaltanti attuatri; gare di appalto con bando specifico. Per quel che concerne le ricette “finanziarie”, vi sono quelle di programmare le risorse in modo strutturale; lo studio di meccanismi di detassazione delle opere realizzate con capitali privati; l’accelerazione dell’utilizzo dei fondi dell’Unione Europea; il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio già esistente. Propongono, poi, di puntare ai settori che possano favorire lo sviluppo delle costruzioni in quanto ad esse correlati, come il turismo, l’efficienza energetica e trasporti e logistica; altro passo sarebbe quello dell’eliminazione dell’Imu per gli immobili costruiti dalle imprese edili e non ancora venduti; infine, il partenariato tra pubblico e privato.
Insomma, le idee ci sono, loro le hanno lanciate. Ora tocca alle amministrazioni mettersi in moto. 
«Non vediamo la luce in fondo al tunnel – afferma il presidente dell’Ance Salerno, Antonio Lombardi – ma le prospettive potrebbero cambiare se le nostre ricette venissero messe in pratica. In questo caso c’è bisogno della classe dirigente che qui manca di strategia e in molti casi di competenza. Chi non è in grado deve andare a casa. Basti pensare che, in una provincia con alto tasso di abusivismo, solo il 4% dei Comuni ha redatto il Puc (7 su 158), il 28% lo sta preparando (18 comuni), mentre gli altri 123 sono fermi al palo (78%). Così non andiamo avanti e noi difenderemo le nostre imprese e i nostri lavoratori con i denti».

 

Fischi per l’assessore Stasi. Il suo intervento sarà ricordato per due motivi: i fischi piovuti dalla platea e i segretari delle organizzazioni sindacali che hanno abbandonato il tavolo di discussione. Pietro Damiano Stasi, assessore provinciale alle infrastrutture, forse non si aspettava questa reazione quando ha cominciato a parlare dei meriti, o presunti tali, della Regione Campania e della Provincia di Salerno nell’ambito delle opere pubbliche del territorio. Sono bastati pochi secondi del discorso di Stasi, che stava prendendo una piega eccessivamente politica, per scatenare l’ira degli addetti ai lavori presenti in sala e quella dei sindacati. Gino Adinolfi, segretario provinciale della Fillea Cgil, ha, al pari dei colleghi, abbandonato la sala: «Lo scopo della nostra manifestazione – ha detto – non era quello di consentire una passerella politica e a tessere le lodi di questo o quell’altro ente. Noi abbiamo dei problemi seri e non abbiamo bisogno di proclami politici. Abbiamo tentato, anche nei giorni precedenti, di tenere fuori ogni discorso politico da questo appuntamento ma qualcuno sembra non averlo compreso».
A calmare gli animi ci ha provato il presidente dell’Ance Salerno, Antonio Lombardi, che, al contempo, non ha mancato di rimproverare il Comune di Salerno per non aver preso parte all’incontro.
«Apprezziamo il fatto – ha detto Lombardi dal palco – che l’assessore Stasi sia venuto a confrontarsi con noi. Abbiamo bisogno di impegni concreti e non di semplici chiacchiere come fa ilComune di Salerno che si vanta di fare e poi si sottrae al confronto».

 

I lavoratori del Fondovalle Calore. C’erano anche i lavoratori del cantiere del Fondovalle Calore ieri mattina all’incontro sullo stato di salute del comparto dell’edilizia. Una rappresentanza dei circa 40 operai che sono rimasti senza occupazione dopo il blocco dei lavori deciso lo scorso mese di maggio, a seguito di una ordinanza della Soprintendenza. 
Un’opera di fondamentale importanza per le zone del Cilento e della Valle del Sele, alle prese con congeniti problemi di viabilità, che proprio la strada a scorrimento veloce avrebbe dovuto risolvere. Invece, manca ancora l’ultimo tratto (l’opera è completa a circa il 70%) e i lavoratori sono fermi al palo. Una eterna incompiuta. La storia della Fondovalle Calore ha circa 40 anni ed è fatta di blocchi, rinvii, sentenze e operai rimasti senza occupazione. Ieri erano lì con i loro striscioni, ricordando a tutti che “sono a casa”.