Le grandi firme del giornalismo al Premio Charlot - Le Cronache
Cronaca

Le grandi firme del giornalismo al Premio Charlot

Le grandi firme del giornalismo al Premio Charlot

Incontro familiare alla libreria Feltrinelli con Marino Bartoletti, Andrea Biondi, Roberto Ritondale, Enzo Todaro e Gianfranco Coppola, ospiti questa sera del gran galà all’Arena del Mare

Di OLGA CHIEFFI

Libertà di stampa, la schiena diritta per rivendicare la propria autonomia e la propria libertà, informando correttamente e compiutamente il cittadino con etica e professionalità, con senso di responsabilità. Questi i temi e le conclusioni dell’incontro con le firme ospiti del Premio Charlot, che stasera verranno premiate all’arena del mare nel corso del gran galà. Con il presidente della stampa salernitana Enzo Todaro, il quale si è schierato dalla parte dei cinquanta direttori di media internazionali redattori una lettera al Presidente Erdogan per esprimere la profonda preoccupazione per le limitazioni alla stampa, in questo clima di intimidazione c’è l’aumento della cultura di impunità che contribuisce a privare i giornalisti delle garanzie necessarie per fare il loro lavoro e li lascia vulnerabili a soprusi e persino a danni fisici, Roberto Ritondale, il quale ha presentato il suo ultimo lavoro il romanzo “Sotto un cielo di carta”, in libreria per Leone editore, che è una riflessione sull’attuale dittatura di internet, a cui qualcuno vorrebbe affidare i destini della democrazia, un web che tutto controlla e che spesso manipola: i nostri gusti, le nostre abitudini e persino le nostre emozioni e Andrea Biondi, che ha cominciato la sua carriera proprio qui dalle colonne di questa testata e oggi al Sole 24 Ore si occupa di industria delle Tlc e industria dei media: mondi enormi e di grande competizione, ma dove si colgono tutti i segnali del futuro. Il premio alla carriera sarà consegnato da Gianfranco Coppola a Marino Bartoletti, che con il nuovo establishment della Rai, non vedremo e ascolteremo quale inviato alle Olimpiadi di Rio. “E’ la prima volta che dal 1972 non commenterò l’avvenimento più importante dello sport ma desidero raccontarvi come finirono le Olimpiadi antiche e capirete come la storia si ripeta. Le Olimpiadi ebbero luogo per circa 1.170 anni, anche se con alterne vicende, fino a quando non furono vietate categoricamente dall’imperatore Teodosio nell’anno 392/394 d.C. (Editto di Costantinopoli). Tale drastica decisione venne indotta, probabilmente, da una lettera di Sant’Ambrogio a Teodosio. Ma per quali ragioni le Olimpiadi andarono sempre più perdendosi? Innanzitutto perchè gli ideali originali si erano trasformati con il tempo: da occasione di confronto leale tra atleti erano divenute competizione tra città che cercavano di ingaggiare gli sportivi più valenti sulla piazza per superarsi in prestigio. Inoltre l’atleta stesso non era più una figura legata alla religione e al mito, ma un professionista retribuito dallo Stato. Il colpo letale arrivò comunque con la conquista romana della Grecia (146 a.C.): le Olimpiadi si trasformarono in puro spettacolo, anzi, arrivarono a confondersi con i ludi circensi che avevano come unico fine quello di saziare i bassi istinti della folla. Si stava verificando una vera e propria decadenza morale che annullava ogni differenza tra stadio greco e circo romano, sino alla violenza negli stadi, le scommesse sulla corsa delle bighe, che portò alla strage dei tessalonicesi, al “doping”, rivelato dall’insigne medico Galeno, che stroncava gli atleti appena ritiratisi dalle competizioni”. Gli effetti delle azioni vanno sempre oltre l’intenzionalità specifica degli uomini; l’uomo fa più di quanto sa e spesso non sa quello che fa. (G.B.Vico).