L'arte del Piano Trio - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

L’arte del Piano Trio

L’arte del Piano Trio

 

Il teatro Verdi chiude questa sera la sua stagione concertistica con il pianista Antonio Pompa-Baldi, il violinista Fabrizio Falasca e la cellista Sara Airoldi

 

 

Di Olga Chieffi

La brillante stagione concertistica del teatro Verdi di Salerno chiuderà questa sera, ospitando il trio composto dal pianista Antonio Pompa-Baldi, dal violinista Fabrizio Falasca e dalla cellista Sara Airoldi. Il sipario si leverà alle ore 21, su di un palcoscenico già pronto per la prima dell’Aida, prevista per martedì 22, ove il trio donerà alla platea salernitana una gemma di rarissimo ascolto, il trio in Si Bemolle maggiore, composto dal compositore napoletano Achille Longo nel 1937. La scrittura è certamente molto solida anche se obiettivamente non ci troviamo di fronte ad un capolavoro di originalità e inventiva. Ma la loro conoscenza è benvenuta, come quella di tanta produzione strumentale del nostro secolo, e la scrittura di Longo va salutata per le doti culturali dell’autore e per la sufficiente autocritica nell’utilizzo del proprio indubbio bagaglio di conoscenze. In queste pagine il pianista ha sempre una funzione di primo piano perché, anche quando il canto è affidato agli altri due strumenti, la scrittura per tastiera è varia e molto ricca. Seguirà il trio in Do minore op.101 n°3 di Johannes Brahms. Composto nel 1886 in Svizzera durante un soggiorno sulle rive del lago di Thun, l’opera venne eseguita a Vienna il 26 febbraio dell’anno successivo, con Brahms stesso in veste di pianista, alla presenza di un pubblico di amici entusiasti tra i quali Clara Schumann e il violinista Joachim. L’Allegro energico evidenzia tre blocchi tematici: dal vibrante soggetto iniziale si passa, attraverso un tema dal vigoroso disegno ritmico in funzione di ponte modulante, a un elemento melodico cantabile. Nel Presto non assai una melodia ondeggiante si muove nel clima ovattato creato dagli archi con sordina in contrasto con un tema accordale affidato al pianoforte e contrappuntato dal pizzicato del violino e del violoncello. Dopo il pacato Andante grazioso, l’Allegro molto conclusivo ci riconduce al clima ardente del primo movimento. Finale della serata col Trio in Sol minore Op. 15 di Bedrich Smetana, datato 1855, che presenta al primo posto un movimento lento, Moderato assai, che si apre con un recitativo del violino solo nel registro grave: un lamento carico di tensione e di malinconia, a cui fanno eco, sviluppandolo, il pianoforte e il violoncello. Questo tema principale, simbolo del rimpianto, è anche l’elemento che collega tra loro i vari episodi dell’opera ritornando, trasformato nel ritmo e variato nell’armonia, in tutti e tre i movimenti. Lo sviluppo ha un energico slancio drammatico, sottolineato dalla cupa tonalità di sol minore, e viene interrotto da rapide improvvisazioni solistiche, quasi fuggevoli reminiscenze di carezze e di gesti infantili. Lo Scherzo che segue è in forma di rondò. Figure motiviche derivate dal tema del primo movimento si intrecciano con due episodi alternativi: il primo calmo e disteso “Andante”, il secondo nel modo di una marcia funebre “Maestoso”. Anche il Finale “Presto” si richiama alla forma del rondò. I temi sono ritmicamente marcati e incalzanti come in una danza macabra, quasi agitati dallo spettro della morte; invano si ripresentano, a scacciare l’ispirazione programmatica, i ricordi lieti e le nuove reminiscenze del tema principale, ora in “Grave”. Ma quando la tensione ha raggiunto il suo culmine, l’atmosfera improvvisamente si rasserena e il canto si fa vigoroso e quasi affermativo, cancellando il cupo sol minore con una coda giubilante in maggiore.

Olga Chieffi