L'allenatore eroe ucciso dai nazisti - Le Cronache
Salernitana

L’allenatore eroe ucciso dai nazisti

L’allenatore eroe ucciso dai nazisti

di Fabio Setta

SALERNO. Ci sono pagine di storia che lasciano inorriditi, ma sono pagine che vanno tramandate, che vanno ricordate affinché non si ripetano. Tante pagine che confluiscono nella Storia, quella con la S maiuscola, quella che se un individuo incontra e n’è vittima non ti dà nessuna possibilità. Questa pagina di storia è amara. E’ una storia di calcio, di musica, di guerra, di amore per la patria. E’ la storia di Geza Kertesz. Un nome che dirà poco magari a tanti tifosi della Salernitana. Ma Geza, ci piace chiamarlo per nome, è stato il primo allenatore straniero del club granata ma soprattutto è stato un eroe. Eroe fucilato dai nazisti il 6 febbraio 1945. In un’alba fredda che mette i brividi, come questa storia. Una storia che non va dimenticato come non può essere dimenticato l’orrore di questi anni. La storia di Geza nasce sulle rive del Danubio e su un campo di calcio. A Budapest, uno dei centri culturali più vivi degli anni venti. Il calcio come lo conosciamo oggi è nato in Inghilterra ma intorno agli anni venti è soprattutto in Uruguay e in Ungheria che trova linfa vitale. Merito degli inglesi che, privilegiando le proprie rotte commerciali, inviano alcuni loro allenatori per diffondere il verbo del football. Tra questi è c’è Jimmy Hogan che diffonde sulle rive del Danubio il sistema, il modulo ideato da Herbet Chapman , il 3-2-2-3, Il Wm. Gli ungheresi apprendono, vincono sul campo e diventano giocatori e tecnici appetiti in tutta Europa, anche in Italia, anche a Salerno. E nell’estate del 1929 Luigi Conforti,  il presidente della Salernitana, tinta ancora di biancazzurro, assume come allenatore Geza Kertesz che si dimostrerà uno dei migliori tecnici della storia granata. Da calciatore gioca nel Ferencvaros, la squadra della borghesia di Budapest, poi arriva in Italia allo Spezia prima di accomodarsi ancora giovane in panchina. A Salerno arriva a 35 anni. La squadra gioca bene, per la prima volta segna più di 50 gol ma termina il campionato a metà classifica. Kertesz sta bene a Salerno, dove si fa apprezzare per le doti di tecnico ma anche per le sue doti di pianista.  E così resta un altro anno per tentare l’assalto alla serie B. Quell’anno  viene inaugurato il nuovo campo, in via Nizza dove sorgeva il cimitero. C’è euforia ma Geza a un certo punto lascia e se va ad allenare la Catanzarese. La Salernitana fa ricorso alla Figc e riesce ad ottenere il ritorno del proprio allenatore. La squadra vola, vince il proprio girone ma perderà la finale per la B contro il Cagliari: 1-1 in casa e sconfitta 2-1 in Sardegna dopo essere passata in vantaggio. Ma è solo questione di tempo. Geza ha gettato le basi e la serie B arriverà di lì a poco.  Kertesz lascia Salerno e inizia a girare il sud: Catanzaro, Catania ottenendo due promozioni in B. Poi Taranto, Bergamo. Allena la Lazio di Silvio Piola in serie A chiudendo al quarto posto, prima di tornare a Salerno nel 1941 al posto di un altro ungherese, la gazzella Ferenc Hirzer. Sei vittorie consecutive, la rincorsa per la B e poi la sconfitta di Terni nello scontro diretto. La società non gradisce e affida la squadra a Valese. Ma è con Kertesz che vengono gettati le basi per la grande Salernitana targata Gipo Viani.  Ma il calcio in quel periodo è solo un diversivo, la situazione precipita, il campionato viene sospeso per la guerra e Kertesz torna in Ungheria. Non si sa il motivo ma accetta di allenare l’Ujpest. La situazione a Budapest è tremenda. E’ un’altra Budapest quella che ritrova. Non quella che nel 1925 ha lasciato, vivace, frizzante ma una Budapest occupata dai nazisti. Le persecuzioni  colpiscono tutti i settori, anche lo sport. Tanti i calciatori, gli sportivi che vengono trasferiti nei campi di concentramento. Kertesz non ci sta. Nazionalista, colonnello dell’esercito non può stare con le mani in mano. Insieme al suo ex compagno e allenatore del Ferencvaros Toth costituisce un gruppo di resistenza antinazista con lo scopo di salvare il maggior numero di persone possibile dalla follia nazista. Decine e decine di persone vengono nascoste in case, chiese e monasteri. Ma non solo. Kertesz che parla tedesco si traveste addirittura da soldato della Wehrmacht per aiutare alla fuga la gente dal ghetto di Budapest. Ne salverà centinaia. E’ un eroe, lo fa per la sua terra, per la sua gente, ma viene tradito. Un delatore lo segnala alla Gestapo, Viene arrestato nel novembre del 1944. A Budapest stanno arrivando i russi. L’Armata Rossa stringe d’assedio la città e allora i nazisti accelerano le operazioni di sterminio. E così il 6 febbraio 1945, Geza Kertesz viene fucilato nell’atrio del Palazzo Reale. Sette giorni dopo Budapest sarà liberata. Geza riposa nel cimitero degli Eroi. Quelli con la E maiuscola. Quelli che non si possono e non si devono dimenticare. Neppure ora a 70 anni dalla morte. Perché figure come la sua possono essere da monito. Perché l’orrore non torni mai più.