L'affaire Benincasa, Severino: il primo caso dopo la pronuncia della Corte Costituzionale - Le Cronache
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L’affaire Benincasa, Severino: il primo caso dopo la pronuncia della Corte Costituzionale

L’affaire Benincasa, Severino: il primo caso dopo la pronuncia della Corte Costituzionale

Andrea Pellegrino

Potrebbe arrivare nei prossimi giorni, o nelle prossime ore dalla Prefettura di Salerno, il provvedimento  di sospensione dalla carica per il primo cittadino di Vietri sul Mare Francesco Benincasa. Si tratta dell’applicazione della legge Severino che pende sulla testa del sindaco del Comune di Vietri sul Mare da qualche giorno, ossia dalla condanna in Appello ad otto mesi per il crollo del costone roccioso del Baia Hotel. Già da qualche giorno, però, le funzioni sono state trasferite al vicesindaco Marcello Civale, di fatto sindaco facente funzione nel periodo di sospensione che toccherà a Benincasa. Ed è uno dei primi casi che arriva dopo la pronuncia della Corte Costituzionale che di fatto ha salvato l’impianto della legge. In precedenza la misura aveva toccato il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris e successivamente Vincenzo De Luca, entrambi salvati dai ricorsi presentati e poi dalle successive assoluzioni incassate negli altri gradi di giudizio.

La ratio della Severino di Oreste Agosto*

La Corte costituzionale ha sancito la legittimità della legge Severino, costretta a pronunciarsi per ben due volte nello spazio di un anno, sulla questione De Magistris, sindaco di Napoli e di De Luca, governatore della Campania. Come da me sempre sostenuto nel corso dei procedimenti non vi è stato mai dubbio sul risultato finale. La questione sollevata dal sindaco di Napoli è stata ritenuta infondata; quella sollevata dal Governatore addirittura inammissibile. E’ chiaro che i giudici di merito hanno trasmesso gli atti alla Corte per salvare la legislatura regionale di De Luca, che non avrebbe potuto insediarsi e quindi si sarebbe dovuto tornare al voto in Regione. La ratio della Severino è contenuta nel passaggio fondamentale della motivazione della Corte: “La commissione di reati che offendono la pubblica amministrazione può infatti rischiare di minarne l’immagine e la credibilità e di inquinarne l’azione (ex plurimis, sentenza numero 236 del 2015) in modo particolarmente incisivo al livello degli enti regionali e locali, per la prossimità dei cittadini al tessuto istituzionale locale e la diffusività del fenomeno in tale ambito. Va sottolineato in particolare che parte delle funzioni svolte dai consiglieri regionali ha natura amministrativa e che essa giustifica un trattamento di maggiore severità nella valutazione delle condanne per reati contro la pubblica amministrazione…. Come si è visto, la sospensione ha natura cautelare, sicché rispetto a essa «non è comunque prospettabile […] un’esigenza di proporzionalità rispetto al reato commesso, ma piuttosto rispetto alla possibile lesione dell’interesse pubblico causata dalla permanenza dell’eletto nell’organo elettivo: non si pone quindi un problema di “adeguatezza” della misura rispetto alla gravità del fatto, ma piuttosto rispetto all’esigenza cautelare (sentenza numero 206 del 1999)» (sentenza numero 25 del 2002, sull’analoga sospensione già prevista dall’art. 15 della legge n. 55 del 1990). Alla stessa esigenza cautelare non è preordinato l’istituto dell’incandidabilità alla carica di parlamentare per condanna definitiva. È pertanto ragionevole che il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, abbia scelto di subordinarne l’applicazione per determinati reati, come quelli contro la pubblica amministrazione, all’entità della pena inflitta”

* avvocato amministrativista