La visione di Stefano Valanzuolo - Le Cronache
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La visione di Stefano Valanzuolo

La visione di Stefano Valanzuolo

di Gaetano Del Gaiso

In occasione della seconda edizione del seminario “Le nuove frontiere del marketing e della comunicazione digitale”, istruito dal Maiori Festival e svoltosi nella suggestiva cornice del Salone degli Affreschi di Palazzo Mezzacapo abbiamo incontrato Stefano Valanzuolo, critico musicale, autore e conduttore dei programmi radiofonici Radio 3 Suite e Wiki Music ed ex direttore generale e artistico di Ravello Festival, dal 2008 al 2015. Da ricercatore scientifico a ufficiante dell’arte di Euterpe: dott. Valanzuolo, ci racconta come sia avvenuto e di come abbia accolto questo consistente cambio di direzione del suo percorso di vita? “La musica, potrei dire così, in maniera un po’ romantica, c’è sempre stata. Ho avuto la fortuna di iniziare a scrivere già nel 1983, appena ventiduenne, e di essere ordinato pubblicista nell’85. Da allora, non c’è stato un solo giorno che io non abbia scritto e, soprattutto, che non abbia scritto per un giornale. Ho iniziato, come tutti, in un piccolo giornale locale, il cui nome era, se non sbaglio, “Nuova Stagione”, dal quale son venuti fuori personaggi del calibro di Mario Orfeo, ex presidente Rai e oggi direttore del TG3. Poi, son passato a un altro giornale, il cui direttore era Orazio Mazzoni, che, per me, è stato un direttore veramente formativo e, infine, fra l’88 e l’89, sono arrivato al “Mattino”, che non ho mai più lasciato. Contestualmente alla mia attività di pubblicista per “Il Mattino”, ho iniziato a scrivere per Amadeus, per “Sistema Musica”, per poi approdare in Rai, su Radio 3, dove conduco e scrivo per due format molto seguiti, che sono Radio 3 Suite e Wiki Music. Tutto questo, almeno agli inizi, coesisteva placidamente con la mia attività da ricercatore nell’ambito delle biotecnologie vegetali: allora mi occupavo del miglioramento genetico non convenzionale di alcune specie di vegetali, che portavo avanti con la stessa passione con cui portavo avanti la mia attività di fruitore della musica a cui è, però, concesso il privilegio di scrivere”. Ricorda quale fu il suo primo pezzo pubblicato riguardante esclusivamente la musica? “Lo ricordo benissimo! Venne pubblicato il giorno 27 Gennaio 1983 – giorno del compleanno di W.A. Mozart, per il quale nutro una profonda venerazione, tra l’altro – ed era una mia recensione del Don Giovanni che, in quei giorni, era andato in scena al San Carlo”. E venne accolto bene? “Non ho mai avuto problemi con i miei articoli, in quanto c’ho sempre messo davvero moltissima attenzione e meticolosità. Appare chiaro che, se mai dovessi fare un confronto fra il mio modo di scrivere allora e il modo in cui scrivo adesso, il primo ne uscirebbe certamente sconfitto. Tuttavia, non ho mai peccato di superficialità, nei miei scritti. La quale cosa, ha sempre saputo come ripagarmi”. Illo tempore, aveva già qualche esempio di autore da cui prendeva spunto per i suoi scritti? “Ho sempre letto molto, e ho sempre scelto scritti di autori che reputavo più bravi di me: per conferire struttura ai miei, di scritti, per acquisire metodo, per arricchire il mio vocabolario. Ho sempre inteso la lingua come uno strumento perfettamente adeguato al raccontare storie. E raccontare storie è ciò che faccio. Lo faccio nei miei articoli, lo faccio nei miei format radiofonici, lo faccio negli scritti teatrali che, ultimamente mi stanno tenendo davvero molto impegnato. Quindi, se c’è un consiglio che posso dare alle giovani leve dello storytelling giornalistico è: leggete molto e tenete le menti bene aperte a qualsiasi stimolo possa pervenirvi”. Com’è stato passare dall’essere un giornalista all’essere un organizzatore di eventi, e, infine, il direttore generale e artistico di uno dei più prestigiosi festival italiani dedicati alla classica? “Diciamo che, piuttosto che un passaggio, oserei definirla una vera e propria intromissione, la mia, nel mondo della progettazione culturale e nell’organizzazione di eventi. Un’intromissione, per giunta, neanche volontaria. Era il 2003, e l’allora direttore generale di Ravello Festival decise di invitarmi a un consultivo durante il quale fu deciso che avrei dovuto occuparmi di una piccolissima sezione del festival che si chiamava “Passeggiate musicali”, per la quale organizzai tutta una serie di concerti con i quattro conservatori della Campania in punti diversi di Ravello, che andarono davvero molto bene. Poi, lo stesso presidente mi chiese di occuparmi della sezione di musica da camera, per poi farmi coordinatore e, infine, direttore generale del Festival. Posizione che ho orgogliosamente ricoperto dal 2008 al 2015. Ci accennava, pocanzi, di aver scritto anche per il teatro? “Assolutamente sì. Fra i più recenti, uno spettacolo incentrato sulla vita di Chet Baker che è andata in scena al Campania Teatro Festival a Luglio scorso, per duo di musicisti e un attore. Ho scritto un racconto molto affettuoso su Maradona due mesi dopo la sua morte, e che verrà ripreso al Trianon fra non molto. Ho scritto uno spettacolo per Alessandro Haber, Enzo Gragnaniello e i Solis Strings Quartet, che consta di un viaggio attraverso il cantautorato e che dovrebbe andare in scena l’anno prossimo. Sto arrovellandomi su uno spettacolo che vorrei dedicare a Luisella Viviani, sorella del celebre Raffaele, autore di alcune fra le più belle canzoni della tradizione partenopea. Diciamo pure che, nell’ultimo periodo, ho messo un bel po’ di carne a cuocere, e, onestamente, non vedo l’ora di poterla servire a tutti coloro i quali si siederanno alla mia tavola una volta che, tutto questo, – la pandemia – ci lascerà, finalmente, tornare un po’ a respirare”.