La rosa delle Arti per le donne di Ravensbruck - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

La rosa delle Arti per le donne di Ravensbruck

La rosa delle Arti per le donne di Ravensbruck

Questa mattina presso il liceo musicale Alberto Galizia di Nocera Inferiore le selezioni della seconda fase del concorso regionale che porterà i vincitori a visitare il lager delle donne

 Di OLGA CHIEFFI

Ravensbrück è l’unico campo di concentramento e poi di sterminio che l’universo tragico dell’Olocausto destinò alle donne, secondo la volontà di Himmler che ne volle fare un “Campo modello”. In sei anni vennero rinchiuse oltre 130.000 donne, provenienti da venti Paesi europei: casalinghe, dottoresse, artiste, politiche, prostitute, disabili, resistenti, zingare ed ebree, colpevoli solo di essere considerate “inferiori” nella gerarchia folle del razzismo nazista. A Ravensbrück ogni minuto si consumò un dramma, fatto di sevizie, malattie, lavori forzati, esperimenti medici ed esecuzioni sommarie, finché, verso la fine della guerra, il Lager diventò anche campo di sterminio per cancellare, in fretta, le prove di quanto vi era accaduto. E così oltre 50.000 donne, spesso con i loro bambini al collo, vennero fatte “sparire” nel fumo del camino, nel volgere di pochi mesi. La terza edizione del concorso regionale per le scuole della Campania, a sua volta intitolato “La persecuzione femminile nei lager nazisti’ avrà come premio un viaggio-visita al campo di Ravensbruck. A novanta chilometri a nord di Berlino, capitale del Terzo Reich, si consumò la personale lotta di Hitler alle donne «non conformi». Il lager di Ravensbrück non era stato concepito per la deportazione degli ebrei, quanto per ospitare quelle che per il Führer erano i rifiuti della perfetta società nazista: tra le «asociali» a cui serviva un posto a parte c’erano prostitute, zingare, vagabonde, criminali, indigenti, disabili e, in misura minore, oppositrici politiche. Ma c’erano anche ariane accusate di aver violato le Leggi di Norimberga, colpevoli di aver avuto rapporti sessuali con gli Untermensch, i sub-umani inferiori ai tedeschi. Poche, tutto sommato, le donne deportate perché ebree, attorno al 10% del totale. A Ravensbrück le donne furono usate come manodopera nella più grande sartoria per la produzione di vestiario militare tedesco, e il lager forniva il 70% delle prostitute impiegate nei bordelli interni degli altri campi di concentramento. Erano concesse come divertimento agli ufficiali e come premio ai deportati che accettavano di collaborare coi nazisti, ma non era raro che si offrissero come volontarie pur di sfuggire alle condizioni di vita di Ravensbrück. Per le donne che furono liberate il 30 aprile 1945, il terrore non finì nemmeno con la liberazione, perché molte di loro furono violentate dalle truppe sovietiche. E così, il lager di Ravensbrück divenne qualcosa di cui non si doveva parlare. Con il passare degli anni, da Ravensbrück transitarono e morirono donne di ogni estrazione sociale: nobili, borghesi benestanti, politiche, intellettuali, artiste. Come l’attivista comunista tedesca Grete Buber-Neumann che, detenuta in gulag nell’Unione Sovietica, fu restituita da Stalin a Hitler e finì proprio a Ravensbrück. Qui strinse una forte amicizia con Milena Jesenská, giornalista ceca e membro della resistenza, nota per essere stata il grande amore (platonico) di Kafka. Morì per una malattia renale nel marzo del 1944, ed a raccontare la sua vita è stata proprio Grete Buber-Neumann, ancora viva al momento della liberazione. Anche una delle più note e attive testimoni italiane dell’Olocausto, Liliana Segre, è passata da Ravensbrück, proprio come Linda Beccaria Rolfi, scrittrice scomparsa vent’anni fa e autrice di vari libri sulla sua permanenza nel lager. Una superstite di Ravensbruck, trent’anni fa, pose una rosa nel cimitero di Parigi in ricordo delle vittime, facendo divenire la rosa un simbolo di quel campo, proprio dove oggi, intorno all’area, è stato piantato un roseto ed una rosa verrà deposta lì dai ragazzi campani che vi andranno. Nel momento in cui il femminicidio copre le cronache quotidiane è bene ricordarsi che anche questo è successo e per non dimenticare ci si affiderà al segno cangiante e rigenerante dell’Arte. Questa mattina, nell’Aula magna del liceo Statale pluridisciplinare Alberto Galizia, guidato da Maria Giuseppa Vigorito, al cospetto di una commissione inviata dalla consulta regionale, si affronteranno i tre istituti della nostra provincia che hanno risposto al bando regionale di elaborare il crudo tema storico, producendo un prodotto artistico o musicale, teatrale, coreutico o poetico, il liceo ospitante che si affiderà alla sua orchestra, il liceo scientifico Giovanni da Procida di Salerno, con il suo dirigente Annalaura Giannantonio e il polo d’istruzione superiore Enzo Ferrari di Battipaglia, diretto da Daniela Palma. Una fase eliminatoria, questa che porterà i nostri“campioni” provinciali a scontrarsi ancora a fine aprile per quindi avere l’istituto vincitore che andrà in visita al famigerato lager delle donne.