La "parola" ai talenti giovani - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

La “parola” ai talenti giovani

La “parola” ai talenti giovani

Grande successo per l’ Orchestra Giovanile Italiana che diretta dall’esperta bacchetta di Juraj Valcua ha inaugurato la LXIV edizione del Ravello Festival

 

 

di Luca Gaeta

 

Il Festival di Ravello punta sui giovani, affidando all’Orchestra Giovanile Italiana il concerto inaugurale della 64^ edizione. Nata dalla caparbia volontà di Piero Farulli, grande violista e membro storico del mitico Quartetto Italiano, la OGI, con più di trent’anni di attività, è senz’altro una fra le più importanti orchestre giovanili nel panorama nazionale. Quando nacque, nel 1984, il termine “orchestra giovanile” doveva risultare del tutto nuovo. Infatti in Italia praticamente non esistevano orchestre giovanili, tranne sparsi tentativi velleitari e di breve durata. Attualmente la situazione è cambiata. Un giovane che decida di voler intraprendere la carriera dell’orchestrale, oggi ha la possibilità di potersi formare, grazie alla guida esperta di rinomati direttori ed importanti prime parti di teatri, studiando ed eseguendo pagine del repertorio sinfonico di grande spessore e difficoltà tecnica, nelle diverse realtà nate con questi intenti. Intenti, che purtroppo non sempre vengono perseguiti con tale professionalità. Infatti, si assiste ultimamente ad un proliferare di “orchestre giovanili”. Vere e proprie “meteore”, nate con l’unico intento di intercettare fondi, o dalla velleità di qualche “improvvisato” direttore dalle spiccate doti organizzative, più che musicali. Se da un lato queste realtà possono sembrare una rinascita, dall’altro rappresentano solo uno specchietto per le allodole, dove ad essere beffati sono solo i giovani, sottoposti a repertori impervi, messi su con un numero di prove esiguo, senza una reale guida di consolidata esperienza e profonda cultura. Diversamente da questo, la OGI ha da sempre affidato i numerosissimi giovani musicisti, che si sono avvicendati nel corso degli anni, alla guida sapiente di grandi direttori, da Muti ad Abbado, da Giulini a Mehta, solo per citarne alcuni. Storia che si ripete anche per il concerto che ha inaugurato l’edizione 2016 del Festival di Ravello, dove a dirigere l’Orchestra Giovanile Italiana è stato invitato Juraj Valčuha, che dal 2009 è il Direttore Principale dell’Orchestra sinfonica nazionale della RAI. Ad aprire il concerto il Preludio dall’Opera Tristan und Isolde di Richard Wagner, quale doveroso omaggio al compositore tedesco che nel maggio del 1880 visitò Ravello, trovando l’ispirazione giusta per il Klingsor Zaubergarten del Parsifal, seguito dal Poema sinfonico Don Juan di Richard Strauss, dalla Suite sinfonica L’amore delle Tre Melerance di Sergej Prokof’ev, per concludere con La Valse di Maurice Ravel. Juraj Valčuha possiede gesto morbido, capace di smussare tutti gli spigoli, rappresentati dalle numerose insidie tecniche, non privo di verve ritmica, ricercata più nell’intenzione musicale che nella sfrenata velocità. Suonare all’aperto rappresenta sempre una sfida. Le sonorità tendono ad essere distanti, quasi prive di armonici, non offrendo la possibilità di mostrare la vasta gamma sonora che abbisogna un tale repertorio. La scelta dei tempi da parte di Valcuha risulta ben calibrata al complesso giovanile, evitando forzature che richiederebbero sicuramente una più navigata esperienza da parte dell’orchestra. Di ottimo livello la sezione dei percussionisti, buona la prova anche da parte degli ottoni (ad eccezione di qualche “uscita” dei corni), mentre poco brillanti sono risultati i legni, disattendendo le ricercate sonorità richieste dal direttore. A parte qualche disomogeneità di tipo interpretativo, evidente soprattutto da parte dei violini primi e violoncelli, la sezione degli archi è risultata “politicamente corretta”, non eccessivamente sonora, ma con una buona intonazione ed un buon fraseggio. Un plauso alla prima viola, che ha mostrato negli assoli bel suono, presente e con un bel vibrato ampio e musicale. La pagina interpretata al meglio è stata senz’altro la Suite sinfonica L’amore delle Tre Melerance di Sergej Prokof’ev. Staccati brillanti, vivida l’interazione fra le sezioni, ben calibrati i crescendo, come tutte le sonorità. Mentre poco convincente è parsa l’interpretazione del Preludio dall’Opera Tristan und Isolde di Richard Wagner. Grande assente, nel programma della serata, l’Italia. Almeno per il bis ci saremmo aspettati (campanilisticamente parlando) un omaggio al nostro paese. Aldilà dell’ironia, sarebbe auspicabile la maggiore presenza, nei programmi da concerto, del bellissimo repertorio sinfonico italiano: Respighi, Casella, Alfano, Malipiero, Pizzetti, per intenderci. Diversamente, per il bis, è stata riproposta la Marcia dalla Suite di Prokof’ev. Pubblico numeroso, rapito come sempre, oltre che dalla musica, dalla bellezza che offre agli occhi il belvedere di Villa Rufolo.