La Liberazione: la conquista dei diritti - Le Cronache
Cronaca

La Liberazione: la conquista dei diritti

La Liberazione: la conquista dei diritti

Festa sottotono a causa della vetrinetta della stazione marittima e del maltempo. I partigiani salernitani hanno dedicato la giornata ai migranti

 

Di OLGA CHIEFFI

Ieri è stato il giorno per ricordare ciò che è stato il movimento partigiano per la liberazione dal nazifascismo, per non dimenticare gli orrori di quella guerra e di tutti i conflitti, per raccontare quel pezzo di storia fatto da ragazzi e ragazze, uomini e donne che insieme ci hanno restituito la libertà. Ieri, dopo settantuno anni, è stata la giornata per tornare ad amare un pezzo della nostra vita, forse uno dei pochi in cui se non tutti, molti, si sono sentiti veramente italiani, rifiutando aberranti revisionismi (i morti sono uguali ma le ragioni non sono identiche) e inaccettabili rimozioni. Era ieri il tempo per spiegare ai giovanissimi la Resistenza, l’impresa storica di un popolo, compiuta per libera scelta di milioni di uomini e donne semplici, che di essa furono protagonisti in senso pieno, creatori e corresponsabili. Non una decisione imposta, ma una scelta contro ciò che veniva imposto; non l’inquadramento forzato in un esercito istituzionale, per una guerra decisa dall’alto, ma la costruzione volontaria di un esercito dal nulla, di un esercito di liberi e uguali. Una disciplina ferrea, ma derivante dalle esigenze della lotta liberamente intrapresa, e costantemente corretta e rafforzata dal carattere collettivo delle decisioni, e per questo vincente. Una democrazia piena, vissuta come costante compartecipazione di tutti ai problemi, e alle scelte, collettivi: la democrazia più piena e più alta, che la storia d’Italia abbia mai conosciuto. Non deve essere retorica, non è agiografia, sono i tratti caratteristici della Resistenza, così come è stata vissuta da “un popolo alla macchia”, da un popolo che si è dato organizzazione, strutture militari e politiche, giornali, codice civile e morale, senza l’intervento di apparati coercitivi separati dal popolo stesso, anzi, contro il potere armato esistente. Esistiamo oggi perché altri riuscirono a Resistere allora. La mattinata di ieri, purtroppo, in primo luogo per l’attenzione alla vetrinetta elettorale che è risultata l’inaugurazione piazzata alle 11,30 in punto, della stazione marittima, con tutti i politici già schierati nella conchiglia, un po’ per il maltempo, è scivolata via. In Piazza Vittorio Veneto, è avvenuta la deposizione delle corone di alloro in memoria dei caduti e la consegna delle medaglie ai partigiani Raffaele Mele, Nicola Gnazzo, e Ciro Abbagnale, alla memoria per Antonio Coppola e Carmine Perruso e ad un reduce che non ha voluto mancare alla cerimonia, Antonio Iacuzzo, classe 1923, internato durante la seconda guerra mondiale nel campo di Dachau. Luigi Giannattasio presidente dell’A.N.P.I. ha ricordato la conquista della gioia, ottenuta attraverso il martirio della stessa. La storia umana continua nel suo sviluppo, imperterrita, la perdita della gioia, la perdita dei primordi, attraverso la guerra. Ma la gioia per converso, in quanto sottratta alla storia, può rivelarsi la cosa più serbata, più intatta e segreta. L’uomo che diviene capace di acquistare gioia, di vestirsi di quest’abito cosmico, diviene capace di origine ed è quest’uomo nuovo che dovremmo ricercare in questo giorno. Non una parola su questo giorno così importante per l’Italia nei discorsi ufficiali tra le pur significative curve della stazione marittima, da quanti devono tutto alla sua essenza. Il segno forte, è venuto, invece, dal piccolo corteo con il Corpo Bandistico “ Lorenzo Rinaldi”, diretto da Francesco Guida in testa che si è fermato in piazza Cavour e ha voluto ricordare, con il lancio di un mazzo di fiori in mare sulle note del Silenzio d’ordinanza, quanti per quei diritti ancora combattono e muoiono, i migranti. “Un mare di morte è divenuto il Mediterraneo – ha affermato Luigi Giannattasio – e noi fedeli ai nostri padri costituenti dobbiamo divulgare la democrazia nel mondo e portarla anche dove attualmente non c’è, praticando una politica dell’accoglienza di più ampie vedute”.