La due giorni di Ezio Bosso tra Caserta e Castellabate - Le Cronache
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La due giorni di Ezio Bosso tra Caserta e Castellabate

La due giorni di Ezio Bosso tra Caserta e Castellabate

Il direttore sarà stasera alle ore 19,30 alla testa dell’Orchestra Filarmonica Salernitana all’Aperia della Reggia di Caserta, mentre il 30, bis per Camera in Tour nell’ incantevole cornice di Villa Matarazzo a Santa Maria di Castellabate

Di OLGA CHIEFFI

Ritorna Ezio Bosso in Campania alla testa dell’Orchestra Filarmonica Salernitana, per un doppio appuntamento tra la Reggia di Caserta, ospite questa sera, alle ore 19,30, nell’Aperia di Un’Estate da Re e il 30 agosto della rassegna Camera in Tour cartellone allestito dalla Camera di Commercio, nell’ incantevole cornice di Villa Matarazzo a Santa Maria di Castellabate, alle ore 21. Programma altamente popolare quello scelto da Ezio Bosso che principierà con il folklorismo ungherese di Johannes Brahms, e delle sue celebri danze. Tra i compositori del XIX secolo, infatti, Brahms fu sicuramente il compositore che ha dimostrato di possedere maggior passione e spontaneità nel trattare questo tipo di musica. Il fascino che tale musica esercitava su Brahms che si rileva quel tocco magiaro che affiora sempre nei suoi lavori estro e vivacità tzigana, e che ritroveremo nella prima e nella quinta danza che strapperanno l’applauso del pubblico. Il mare è certamente metafora di viaggio e Antonin Dvoràk affrontò la traversata del’ Atlantico per raggiungere l’ America, il Nuovo Mondo. La storia della Sinfonia n° 9 op.95, dal Nuovo Mondo è naturalmente una storia americana, e parte da una donna. Non una donna qualsiasi, ma una signora di gran carattere, poco abituata a sentirsi dire di no. Fu lei, Jeanette Thurber, che nel giugno 1891 invitò Dvořák a New York per dirigere il National Conservatory of Music. Di forma sostanzialmente ottocentesca per stile e struttura, la sinfonia vive sia di elementi folclorici cechi sia di formule ritmiche e melodiche, derivate dalla tradizione americana. Infatti nel primo movimento riecheggia il celebre spiritual “Swing low, sweet chariot”, mentre il secondo, con lo struggente tema del corno inglese, e il terzo, sono ispirati a un poema epico dei Pellirosse. In realtà di mondi ne intreccia almeno tre: quello scoperto con l’America, quello della Mitteleuropa e quello dell’antico Oriente. Il risultato è di grande “felicità” musicale, ben nota anche al grande pubblico. Il movimento più celebre della Sinfonia è il Largo, che si apre con un corale modulante degli ottoni seguito da una nostalgica melodia del corno inglese; tema ripreso alla fine del movimento, dopo un episodio dal carattere pastorale, introdotto da un disegno staccato dell’oboe, caratterizzato da un’amplificazione del tessuto orchestrale, nella quale si innesta ancora il tema ciclico. Questo movimento e il successivo Scherzo sono entrambi ispirati a un poemetto di Henry Longfellow, intitolato Song of Hiawatha, che Jeannette Thurber aveva donato al compositore: il Largo evoca i funerali della sposa dell’eroe; lo Scherzo richiama una danza di pellirosse nella foresta, che si trasforma in una musica piena di vitalità, costruita con una parte principale divisa in due episodi distinti, un doppio Trio, e una coda che ripresenta più volte il tema ciclico. La Sinfonia si conclude con il trascinante finale, Allegro con fuoco, che ricapitola i temi della Sinfonia, riproponendo il tema principale con la forza di una apoteosi, e che appare, nel suo sviluppo multiforme e nella duttilissima orchestrazione, come una perfetta sintesi delle componenti boeme, mitteleuropee e americane, del linguaggio sinfonico di Dvoràk. Finale col Bolero di Maurice Ravel.  Il Bolero, che “tutti fischiettano e fischiettano male” (M. Ravel) ha un segreto che consiste in un tentativo continuamente ripetuto di far combaciare la melodia con la regolare scansione del tempo, che porta con sé degli elementi che contrastano con l’idea canonica di regolarità, componenti di quell’ibrido che ossessivamente affascina e che deve essere “eseguito con un unico tempo dall’inizio alla fine, nello stile lamentoso e monotono delle melodie arabo–spagnole”, scrive lo stesso Ravel il quale redarguì Mengelberg, che accelerava e rallentava in modo eccessivo travolgerà l’uditorio dei due incantevoli siti campani.