L' incomunicabilità secondo la compagnia Teatro Presente - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

L’ incomunicabilità secondo la compagnia Teatro Presente

L’ incomunicabilità secondo la compagnia Teatro Presente

Successo di critica e pubblico al Centro Sociale di Salerno per “The hard way to understand each other”, penultimo appuntamento della stagione Mutaverso Teatro di Vincenzo Albano

Di GEMMA CRISCUOLI

Il canto del gallo, i rumori della strada, le notifiche del cellulare, persino le esplosioni: tutto, ma non le parole, che sono mimate ma non espresse. E a che servirebbe, se non conducono più a nulla? Specchio fedele delle nevrosi contemporanee, “The hard way to understand each other” della compagnia Teatro Presente ha raccolto meritati applausi presso il Centro Sociale di Salerno nell’ambito di Mutaverso, la stagione teatrale diretta da ErreTeatro di Vincenzo Albano. Adalgisa Vavassori cura il progetto e la regia, mentre la drammaturgia collettiva vede impegnati Daniele Cavone Felicioni, Gabriele Ciavarra, Clelia Cicero, Julio Dante Greco e Adele Raes. Le composizioni sonore sono di Gianluca Agostini, la scenografia è firmata da Hillary Piras. La tensione performativa non conosce stasi, perché gli interpreti sono di volta in volta personaggi in azione e proiezione di stati d’animo in un contesto scenico dove non a caso predomina il nero, allusione al rituale opprimente della quotidianità. Il minimo comun denominatore è l’impossibilità di comprendersi: capire gli altri è un’impresa, ma far luce dentro di sé non è certo più semplice. L’uomo che, con tanto di visori tipici dei giochi di ruolo, preferisce il benessere creato dal mezzo televisivo alla vita ordinaria non è distante dai due che fraintendono il litigio di una coppia, vedendovi l’una un omicidio e l’altro una inferiorità maschile. L’attore su cui piovono giornali accompagnati da frastuoni catastrofici è impaurito dai disastri odierni, ma l’unica conseguenza è ampliare la propria paranoia (la borsa dimenticata che si crede contenga esplosivo). I mattoni collocati con pazienza inesorabile tra due conviventi che non si confessano disagi e contrasti non sono meno inquietanti delle spinte distruttive (un capo implacabile e una donna accusatrice) che conducono al naufragio un altro rapporto. Desiderio e logica, ma anche il timore di non essere all’altezza e il bisogno di essere finalmente altro, imprigionano nel proprio dissidio chi potrebbe trovare la felicità, mentre lo smartphone tenta di esorcizzare il senso opprimente di vuoto. La ragazza coperta di like e gli interpreti delle pulsioni persi tra le caramelle di un gioco on line mostrano uno stallo emotivo, l’incapacità di prendere atto delle proprie contraddizioni e di superarle. I corpi vorrebbero incarnare il diritto a essere se stessi, senza temere di riconoscersi negli altri (i movimenti all’unisono nel finale), ma è terribilmente più facile restare ostaggio di meccanismi autoindotti. E mentre il tempo è gettato via (fogli di calendario volano ovunque) non resta che la propria comoda –ma non rassicurante- prigione.