Itai Doshin Trio: tre musicisti in viaggio nel jazz contemporaneo - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Itai Doshin Trio: tre musicisti in viaggio nel jazz contemporaneo

Itai Doshin Trio: tre musicisti in viaggio nel jazz contemporaneo

Abbiamo incontrato Gabriele Pagliano, Francesco Chiariello e Lucio Miele dopo la loro performance al Camerota Festival

Di DAVIDE NAIMOLI

L’Itai Doshin nasce quasi tre anni fa, dopo un incontro casuale in conservatorio tra Gabriele Pagliano al contrabasso e il pianista Francesco Chiariello. Tante le idee che hanno portato il collettivo verso la produzione di musica originale e ad acquisire nel 2015 il suo definitivo terzo elemento, il batterista Lucio Miele. Itai Doshin, ovvero “diversi corpi, stessa mente”, che si possono anche interpretare con corpi diversi ma uguali nello spirito, indica infatti viaggiare nella stessa direzione in un naturale processo fatto anche di cambiamenti, trasformazioni ed evoluzione. La formazione presenta un repertorio di brani inediti fortemente legati al jazz contemporaneo contaminato, caratterizzato dalla ricerca e dalla sperimentazione di nuove sonorità. Li abbiamo incontrati dopo l’intensa performance che li ha visti protagonisti nel cortile del castello marchesale di Camerota ospiti della IV edizione del Camerota festival, organizzato da Leo Cammarano. Come vi siete conosciuti e perché avete scelto questo nome per il gruppo? Io, Gabriele, e Francesco, il pianista del trio, ci siamo conosciuti in conservatorio quasi tre anni fa nel 2013. All’inizio ciò che ci univa l’un l’altro era l’interesse per la musica jazz e iniziammo a suonare in trio con un nostro caro amico, il batterista Vladimiro Celenta, che ci presentò. Lo facemmo con sincera passione, ma ancora non avevamo una vera e propria identità musicale. Nel corso del tempo, tuttavia, aprendo un vero dialogo tra noi due sentii nascere un’intesa ben più profonda. Fu così che portai Francesco con me ad un primo incontro buddista, e fu così che parallelamente iniziò questo percorso alla ricerca di una identità musicale comune. Non è un particolare futile, tutto ciò che noi apprendiamo dalla filosofia buddista ha, con coerenza, notevoli ripercussioni nella nostra vita personale e anche artistica. Nel 2015 dunque iniziammo un nuovo percorso, sempre in trio, con Lucio e passo dopo passo si creò ciò che da tempo avevamo cercato invano. Eravamo diverse individualità (e quanto diverse!) ma quando suonavamo ci sembrava di manifestare un’unica mente in nome della musica. Che è poi il significato di Itai doshin (diversi corpi, stessa mente). Come si sta evolvendo la vostra carriera musicale e quali sono i progetti futuri? In questo periodo il trio ha un disco in uscita, che si definirà nel prossimo mese. Registrare questo disco per noi non è stato come voler mettere un punto, ma piuttosto una virgola ad un discorso da poco intrapreso. Ad un certo punto ci siamo resi conto che le nostre idee si stavano evolvendo con grande velocità e abbiamo voluto fissare cosa fatto fino ad ora anche per poterlo utilizzare come materiale da cui ripartire. Nel nostro lavoro stanno convergendo anche le diverse esperienze personali fatte al di fuori e questo penso sia la linfa vitale su cui contare per il futuro. C’è qualcuno a cui vi ispirate? Le nostre personali stelle polari sono il trio di Esbjorn Svensson e The bad plus. Due gruppi stilisticamente agli antipodi del jazz moderno ma a cui dobbiamo il nostro sound. Altri artisti il cui ascolto ci riempie sempre di nuove idee sono Tigran Hamasyan, Avishai Cohen, Kurt Rosenwinkel, Keith Jarret, Kneebody. Qual è stato il momento più intenso vissuto dal vostro gruppo? Il più intenso e allo stesso tempo il più intimo. Insieme, tutti e tre in macchina prima di un concerto uniti nella voce pronunciando tre Nam Myo Ho Renge Kyo, frase alla base della nostra pratica buddista, con profondo senso di gratitudine. Fu una serata indimenticabile. Qual è il vostro rapporto con le forme artistiche e quale è il gruppo o il genere che ascoltate più lontano dalla vostra musica? Un po’ per via della nostre formazioni personali eterogenee, siamo molto aperti al confronto con altre forme musicali e artistiche e spesso ci facciamo influenzare da esse. Lucio ad esempio è da anni molto attivo nell’ambito della musica contemporanea e sinfonica, io , al contrario, nella musica antica. Straordinariamente queste due anime apparentemente distanti convivono alla perfezione. La nostra playlist comunque ha spazio per tutto ciò che vada sotto la categoria buona musica, dai Beatles a Korsakov passando per Pino Daniele, Orff, Genesis e Savall. Che messaggio volete trasmettere con la vostra musica? Così come la nostra musica è spesso un confluire interdipendente di elementi diversi tra loro, probabilmente il messaggio sotteso di cui ci facciamo felicemente carico è che ogni essere umano, insieme agli altri, gioca il suo ruolo fondamentale nella società e che imparare a conoscere il proprio potenziale in tal senso, è darsi realmente valore, a prescindere dal proprio status attuale. Ma se il nostro ascolto può scaturire anche un semplice sorriso, siamo più che soddisfatti.