In ricordo dei giganti della musica classica - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

In ricordo dei giganti della musica classica

In ricordo dei giganti della musica classica

di Marina Pellegrino

Un 2018 all’insegna di grandi anniversari. Al centenario della nascita del direttore d’orchestra e compositore Leonard Bernstein, ampiamente e doverosamente celebrato nei maggiori teatri del mondo da grandi esecutori, si aggiunge un altro importante appuntamento per i cultori della musica. Il 25 marzo 2018, infatti, cade il centesimo anno dalla morte del pianista e compositore francese Claude Debussy. Una celebrazione quindi all’insegna delle più belle pagine compositive che hanno cambiato e stravolto il mondo della musica, regalando brani e melodie riconosciute ed apprezzate da ogni tipologia di pubblico. A differenza del suo collega Bernstein, che si trovò ad operare in pieno contesto storico contemporaneo, Debussy visse a cavallo tra la seconda metà dell’ottocento e il primo novecento dove, in ambito musicale, si stava avviando il simbolismo, definito poi impressionismo, corrente della quale Richard Wagner buttò le fondamenta attraverso le sue innovative composizioni del Tristano Isotta e del Parsifal, che egli non volle più definire opere bensì drammi musicali, dove l’orchestra non era più un semplice sostegno della voce, ma elemento sostanziale dell’azione, offrendo così un modello di musicalità tormentata e stimolatrice. Una musica dunque che fugge dalla realtà ma coglie le sfumature e le impressioni, dove il sentimento è vago e surreale, senza forma e contorni, caratteristiche base della omonima corrente pittorica. Debussy infatti è considerato il massimo esponente, insieme a Maurice Ravel, della musica impressionista, grazie alla sua poetica sognante e figurativa, ma anche distribuita e ben dosata. La sintesi di questi concetti quasi diversi tra loro, si ritrova, espressa con maestria nella sua famosa Suite Bergamasque, brano per pianoforte solo che prevede un approccio diverso per ognuno dei quattro movimenti che impreziosiscono questa composizione tanto amata anche dai “non addetti ai lavori”. Nel primo pezzo il Prélude, la melodia è paragonabile ad una Fantasia, ed è variata armonicamente tramite delicate progressioni musicali e piccoli spostamenti ritmici, tutto magistralmente legato dalla stessa penna di Debussy, grazie a giochi poderosi dinamici, talmente contrastanti che sembrano simulare un test di uno scritto di Emile Zola declamato da una voce umana. Nel Menuet, un andantino molto grazioso e giocoso contrapposto da una parte centrale, a momenti quasi declamata, e subito raccolta in un alone misterioso, l’approccio strumentale è di certo più piccolo e concentrato. Il periodo musicale iniziale, già composto da due momenti diversi, viene ancora interrotto da un tema puntato che in progressione riporta al tema iniziale, appena accennato, introdotto da arpeggi quasi morbidi, preludio di un momento molto lirico reso poetico da un’ondata sonora condotta ad un finissimo diminuendo, che ha riporta tutto allo stato iniziale del brano, con le ultime 8 battute finali, compreso il glissandino della mano destra assolutamente in tempo e in pianissimo. Terzo e più famoso brano di Debussy, il Clair de Lune, è una vera e propria ode all’amore, alla natura, alle percezioni più intime e anche a quelle più sfacciate. Introdotto da soli sei note, il brano si sviluppa con pacatezza e struggimento attraverso accordi ed arpeggi, toccando tutti gli angoli della tastiera. La parte centrale, una melodia dai valori grandi, accompagnata da sontuosi arpeggi della mano sinistra, è in costante movimento, diretta rappresentazione di onde del mare che danzano al chiaro di luna, che si placano solo al ritorno del primo tema musicale, questa volta scritto in maniera poco più densa, ma sempre in pianissimo. Il finale è una cascata di perle che, piano, si spegne tramite due note quasi alle estremità del pianoforte, cadenza dell’ultimo arpeggio in ritardando, diviso tra le mani, che ribadisce la tonalità sognante del brano. Ultimo e scoppiettante movimento della Suite è il Passepied, aperto da un introduzione in staccato della mano sinistra, vicino allo stile di danza, tappeto delle tre note della mano destra del pianoforte che fanno da elemento caratterizzante dell’intero brano, fa diesis e do diesis staccate con il si minima poggiato. La caratteristica di questo quarto momento è proprio nella mano sinistra, che non interrompe mai questo gioco di quartine di croma, anche quando la melodia sembra distendersi, come nella parte centrale, dove la linea del canto è più sonora, oppure quando il tema è nella parte superiore di accordi in staccato. Dunque il ritmo incessante della danza in contrasto con i temi melodici languidi e carezzevoli, unione tra schema, rappresentato dalla mano sinistra, ed impressioni, della mano destra. La Suite Bergamasque è solo uno dei tanti capolavori musicali di Debussy, musicista intelligente e sensibile che ha saputo dare voce alle impressioni.