Il Wolf-Ferrari ritrovato di Costantino Catena - Le Cronache
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Il Wolf-Ferrari ritrovato di Costantino Catena

Il Wolf-Ferrari ritrovato di Costantino Catena

di Olga Chieffi

Terzo appuntamento domani sera, alle ore 20, per la stagione lirico-concertistica del teatro Verdi di Salerno, che avrà quale ospite il pianista Costantino Catena, docente del nostro conservatorio e Piano-Artist Yamaha. Programma particolare quello che proporrà al pubblico salernitano il nostro Costantino, poiché verrà inaugurato dalle sei bagattelle di Ermanno Wolf-Ferrari. “Dopo aver ascoltato per caso il bel Quintetto per pianoforte e archi – racconta Costantino – che il nostro Wolf-Ferrari ha scritto, e che ho inciso il mese scorso con il Quartetto Guadagnini, mi sono incuriosito. Ho pensato “se ha scritto un Quintetto così bello avrà di sicuro scritto altre cose per pianoforte” e mi sono messo alla ricerca, scovando – oltre i pezzi editi (Improvvisi op. 13, Klavierstucke op. 14) alcuni inediti: Bagatelle, Scherzino, Variazioni su un minuetto del Falstaff, Chopin-Fantasie, custoditi nella biblioteca di Stato di Monaco di Baviera, ovviamente in forma manoscritta, su cui ho lavorato e che la casa editrice Curci è intenzionata a pubblicare. Quindi, ho proposto il tutto agli amici dell’Accademia degli Sfaccendati, cioè la Coop Art – Cestem di Roma, nelle persone di Giovanna Manci e Giacomo Fasola, e da questo è nato il progetto di recupero di tutta la musica da camera con pianoforte di W.F. da incidere con la Brilliant”. Quanto alle opere proposte, Costantino Catena rende possibile l’ascolto di pagine immancabilmente accattivanti, poetiche, sempre di squisita fattura ma condannate per iniqua sorte a giacere mute negli scaffali degli archivi musicali. Pagine che devono essere rese con un lirismo che non è mai fine a se stesso, ma in grado di far trasparire il sottile linguaggio armonico immaginato da Ermanno Wolf-Ferrari, evidenziando quel canto interiore che segue un filo tutto suo e che musicalmente dev’essere reso con un’agogica attentissima, frutto di una visione precisa di ciò che il musicista veneziano voleva lasciare intendere. Passaggio all’evocazione geografica delle Estampes di Claude Debussy datate 1903. Evocazione musicale che è per Debussy luogo astratto e offuscato della memoria, in cui i colori, i suoni gli odori acquistano spessore emotivo solo se filtrati da un sentimento di lontananza e di nostalgia, similmente alle emozioni che Proust provava anche solamente a sentire i nomi di certi paesi lontani e mai visitati. La prima delle Estampes, Pagodes, rievoca il mondo orientale attraverso la tipica modalità pentafonica, le sonorità del gamelan, il basso orbitante su statici pedali, le movenze e i timbri leggeri, quasi a descrivere le forme e gli ornamenti severi e un po’ bizzarri dei tipici templi giapponesi. Soirée dans Grenade sfrutta la fissità ritmica dell’habanera per rendere l’indolenza di un’atmosfera serale spagnola. Un chitarrista carezza le corde dello strumento senza portare a termine la sua serenata, un flamenco lontano coi ritmi naccherati, una languida canzone sul tipico modo frigio, confuso da un ipnotico e cullante ritmo puntato. Come una brillante toccata conclusiva giungerà l’ultima miniatura Jardins sous la pluie, uno dei pezzi “meteorologici” di un Debussy ispirato da Anteuil che stava schizzandogli il suo secondo ritratto, mentre pioveva. Le veloci quartine imitano lo scroscio della pioggia, alternando il cicaleccio dei bimbi che intonano la filastrocca Nous n’ irons plus au bois, finchè il temporale si trasforma in tempesta con tanto di tuoni finali. La seconda parte del concerto, sarà un omaggio per l’anno dantesco con il Franz Liszt Après une lecture du Dante, grande affresco in un unico movimento costruito come un viaggio attraverso la Divina Commedia, iniziato nel 1836 e concluso nel 1849, una sintesi tutte le principali caratteristiche della musica di Liszt fino ad allora: ispirazione letteraria, uso di materiale sperimentale come l’intervallo proibito tra due note detto “diabolus in musica”, ovvero la distanza di tre toni interi tra due suoni, difficile da intonare e destabilizzante all’interno del sistema tonale in uso all’epoca di Liszt. Altre caratteristiche contenute nella Fantasia sono il virtuosismo strumentale, l’unione tra la natura improvvisativa della fantasia e il rigore formale della sonata, i cui movimenti sono fusi in un unico gesto compositivo, governato dalla ciclica riproposizione del tema, sempre trasformato, ma facilmente riconoscibile. Finale en travesti con le melodie popolari di Venezia e Napoli, supplemento al secondo volume degli Anni di pellegrinaggio di Franz Liszt. Due le visioni veneziane, Gondoliera, parafrasi della canzone “La biondina in gondoleta” e Canzone, fantasia su “Nessun maggior dolore” dall’Otello di Rossini, mentre l’immagine di Napoli è affidata alla Tarantella, spettacolare e tumultuosa scorribanda tra i vicoli, da cui non poteva non provenire una mandolinata ispirata da un tema di Cottrau.