Il segno ebraico sul '900 americano - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Il segno ebraico sul ‘900 americano

Il segno ebraico sul ‘900 americano

Lahav Shani director e piano conductor alla testa della Rotterdams Philarmonish Orkest, si esibirà oggi al Ravello festival eseguendo pagine di Gershwin, Weill e Bernstein.La Fondazione Ravello fa sue le parole di don Silvio Longobardi, fondatore dell’Associazione Progetto Famiglia Cooperazione Onlus di Angri e per il secondo anno decide di devolvere l’incasso di uno dei concerti più prestigiosi in calendario a beneficio di una missione nell’Africa sub-sahariana.

Di OLGA CHIEFFI

Serata particolare al Ravello Festival sabato sera, quando sull’incantato palcoscenico di Villa Rufolo, i riflettori si accenderanno sulla Rotterdams Philarmonish Orkest, guidata dal giovanissimo direttore israeliano Lahav Shani, il quale si cimenterà con tre autori, dalle sue stesse radici, di stanza negli USA, per diverse ragioni, che hanno lasciato una forte impronte sulla musica del secolo breve: George Gershwin, Kurt Weill e Leonard Bernstein. Un concerto per il quale la Fondazione Ravello fa sue le parole di don Silvio Longobardi, fondatore dell’Associazione Progetto Famiglia Cooperazione Onlus di Angri e per il secondo anno decide di devolvere l’incasso di uno dei concerti più prestigiosi in calendario a beneficio di una missione nell’Africa sub-sahariana. Sempre accesa la disputa sulla collocazione di George Gershwin – jazz? Musica colta? Musica leggera? -, i contendenti appaiono spesso maneggiare categorie astratte. Per l’uomo della strada, la musica di Gershwin è “jazz”. I jazzisti, a sentirlo dire, sghignazzano: Gershwin scrisse molte canzoni su cui è stimolante improvvisare, ma non fu un jazzman, non ne aveva i titoli tecnico-formali. In ambiente colto, si preferisce dire che Gershwin operò la sintesi del jazz con la musica colta. In effetti, la sua opera fu una riflessione sulle contraddizioni di un’epoca in cui la cultura scritta cominciava a sentirsi assediata e accerchiata dalle culture orali di tutto il mondo. Ma pensare che esistano il problema e la soluzione è assurdo. Per la platea di Ravello, Lahav Shani, che si assiderà anche al pianoforte, nel solco della tradizione delle big band americane, ha scelto la Cuban ouverture, datata 1931, in cui Gershwin pensa sostanzialmente di riprodurre la classica forma concertante, con il pianoforte solista e l’orchestra, ma la folgorazione caraibica, ricevuta a La Habana, portano l’autore a conferire alla pagina un valore evocativo di chiara natura “esotica”. Seguirà la Rhapsody in Blue, una pagina straordinariamente popolare in cui Gershwin impiega uno stile nel quale rientrano spesso formule melodiche tipiche della tradizione folk nord-americana, che è un autentico crogiuolo di culture. Una perfetta sintesi delle intenzioni, dei concetti e dei sentimenti che stanno all’ origine della composizione è stata suggerita dallo stesso autore: “Non trovai nuovi temi ma elaborai il materiale tematico già esistente nella mia mente e tentai di concepire una composizione integrale. L’ho costruita come una specie di caleidoscopio musicale dell’ America, col nostro miscuglio di razze, il nostro incomparabile brio, i nostri blues, la nostra pazzia metropolitana”. La seconda parte della serata, verrà, invece, inaugurata dall’ultima composizione orchestrale di Kurt Weill, la Sinfonia n°2, datata 1933. In tre movimenti, per i ritorni tematici e la struttura complessiva, affonda saldamente nella tradizione tedesca: la prima parte si apre con una specie di marcia funebre, suonata dalla tromba, per poi esplodere in un Allegro molto in forma-sonata, notevole per la graffiante ironia che lo pervade. Se il secondo movimento colpisce per il senso di tragica desolazione, nell’ultima parte torna la vivacità iniziale, con ritmi di marcia, quasi mahleriani che sfociano in una brillantissima girandola sonora non immemore di Mendelssohn. Generalmente Leonard Bernstein non è considerato un compositore di musica sinfonica, nonostante la sua produzione includa tre sinfonie, vari lavori per strumento solo e orchestra e un certo numero di suite tratte da opere teatrali. È, però, proprio nel genere sinfonico che Bernstein è riuscito compiutamente a coniugare la tradizione classica europea e quella americana del jazz e del musical. Le danze sinfoniche, che chiuderanno il programma, derivate da West Side Story sono un esempio di conciliazione di questi due mondi, che lega il compositore a filo doppio con George Gershwin.West Side Story debuttò al Winter Gardens Theater di Broadway il 26 settembre del 1957, aprendo una tournée attraverso gli Stati Uniti che raggiunse in breve tempo le 1025 repliche. Lo straordinario successo, convinse Bernstein a trarne una serie di pezzi per orchestra, che Bernstein dedicò a Sid Ramin, il quale con Irwin Kostal realizzò l’orchestrazione sotto la supervisione del compositore. Le danze sinfoniche presentano, non in ordine cronologico, una selezione di alcuni numeri del musical. Il Prologue dipinge gli scontri tra le due gang: gli Sharks, immigranti di Puerto Rico, e i Jets, originari del Bronx. Somewhere richiama il desiderio dei due amanti, Maria e Tony, di un futuro di pacifica coesistenza. Lo Scherzo in stile Copland conduce all’ardente Mambo durante il quale Maria e Tony si incontrano per la prima volta. Nel Cha-Cha i giovani amanti si frequentano e nella Meeting Scene si rendono conto della reciproca attrazione. Nella Cool Fugue sono di nuovo protagoniste le gang. La tensione tra le due parti esplode nel Rumble, durante il quale i capibanda muoiono. Il Finale, dopo una cadenza del flauto, cita la canzone di Maria I have a Love che allude all’imminente tragica fine. Una breve reminiscenza di Somewhere chiude le danze sinfoniche con un interrogativo aperto.