Il ritorno del Barocco: le trio sonate - Le Cronache
Spettacolo e Cultura

Il ritorno del Barocco: le trio sonate

Il ritorno del Barocco: le trio sonate

Stasera nella chiesa di Sant’Andrea Apostolo, alle ore 20, penultimo appuntamento della III edizione i “Concerti in Luci d’Artista”, firmata da Antonia Willburger, con l’ensemble dei docenti del Martucci

 

Di OLGA CHIEFFI

Penultimo appuntamento, domani, per la terza edizione di “Concerti in Luci d’Artista”, la sezione invernale dei “Concerti d’estate di Villa Guariglia in Tour” che, quest’anno ha allestito un percorso di ben otto appuntamenti. A firmarne l’organizzazione è il CTA di Salerno, l’Associazione “Amici dei Concerti di Villa Guariglia” in collaborazione con il Conservatorio di Musica “Giuseppe Martucci” di Salerno ed il contributo e patrocinio del Comune di Salerno. Questa sera, alle ore 20, ritorna il barocco in città, nella cornice della Chiesa di Sant’Andrea Apostolo, Sant’Andrea all’Annunziatella, con l’Ensemble del Conservatorio di Salerno, nato dall’incontro di alcuni docenti del “G. Martucci” accomunati dalla passione per la musica antica e dall’avere approfondito la prassi esecutiva con attività di studio e di ricerca che li hanno portati a vivere esperienze professionali di rilievo nel campo della musica barocca. L’Ensemble, il cui organico varia a seconda del repertorio da eseguire, si pone come obiettivo, da un lato, la diffusione dell’ascolto dei capolavori della musica antica, attraverso la loro interpretazione con gli strumenti d’epoca in modo da restituire al pubblico la loro sonorità originale e, dall’altro, la divulgazione della conoscenza della tecnica esecutiva barocca, attraverso laboratori teorico-pratici di prassi filologica rivolti agli allievi della massima istituzione musicale cittadina. Il programma allestito per la performance dei Concerti in Luci d’artista, sarà incentrato sulle Trio Sonate di Georg Philipp Telemann, Arcangelo Corelli, Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Handel e saluterà Giusi Ledda al traversiere, Gianluca Russo al violino, Dario Orabona al violoncello e Ugo Di Giovanni all’ arciliuto. La serata avrà inizio con la Triosonata in Mi minore TWV 42:e2, tratta dalla Tafelmusik, di Georg Philipp Telemann, una raccolta di raffinatissimi brani concepiti per allietare le serate conviviali dei membri dell’aristocrazia tedesca della prima metà del XVIII secolo, un brano concepito secondo il collaudato schema della sonata da chiesa, che consente al compositore di proporre sonorità di imprevedibile bellezza, grazie all’accostamento dei timbri del traversiere e del violino, di non facile impasto, dando vita a pagine di inedita valenza coloristica, ove alla soavità dei movimenti lenti, si contrappone la vitalità ritmica di quelli veloci, in un contesto complessivo sostanzialmente lineare, privo di ardui procedimenti contrappuntistici. In questo senso, la musica di Telemann risponde perfettamente ai gusti correnti, ormai orientati verso il più accattivante e vaporoso stile galante. Gianluca Russo e Dario Orabona eseguiranno la celeberrima sonata di Arcangelo Corelli in Re minore op.5 n° 12 “La Follia”. Una gamma vastissima di varianti, ben ventitrè è, invece, il tratto pregnante di questo brano della raccolta, la Follia, che identifica una peculiare struttura del basso. Uno schema armonico simile a quello dell’antico Passamezzo, reiterato, sostiene la serie di variazioni del tema d’apertura. La Follia potrebbe essere definita un emblema della varietas barocca, in quanto serie di eventi sul continuum ciclico del tempo, diviene anche una metafora della storia. L’Op.5 di Corelli diventa una pietra miliare, quasi il motore immobile della Sonata da camera. Per il violino del settecento è un paradigma, e qualunque compositore-violinista voglia scrivere in quel genere, farà in modo di possederne copia o prenderne attenta visione, con la questa Sonata, La Folìa, a rappresentarla e riassumerla tutta. “Follia”, dunque, non è per Corelli sinonimo di “fuori le righe”, di insania strumentale, essendo egli un codificatore e un classico, ma non si può escludere che sia lasciata aperta l’ambigua lettura. E siamo al traversiere, con la Sonata in Do maggiore BWV1033 di Johann Sebastian Bach, dedicata Johann Heinrich Freytag, primo flauto presso la corte di Köthen fra il 1716 e il 1728, risalente, dunque, al soggiorno del musicista presso quella corte. Opera in cui sentiamo vibrare come l’eco di una scommessa, un’alea baldanzosamente giovanile, che ha i suoi poli sensibili nella bravura del compositore e nello sbalordimento partecipe, entusiasta del Principe venticinquenne che segue, e, quando può, suona di persona: “ Anche il violoncello, Bach? Anche il flauto?…..”. Questa pagina ci è pervenuta attraverso sei manoscritti, uno dei quali risulta di mano del secondo figlio di Bach, Carl Philipp Emanuel, scritto in parti staccate, con l’indicazione “Sonata a Traversa e Continuo da Joh. Seb. Bach”, compilato intorno al 1730, almeno a giudicare dalla scrittura e dalle filigrane della carta impiegata. Il carattere didattico del brano, nonostante la dubbia autenticità, risulta comunque evidente, anche al semplice ascolto: accanto ad elementi sperimentali, non mancano caratteristiche riconducibili ad uno stile più arcaico di quello delle altre sonate per flauto di Bach, che rivelano, nella coppia conclusiva di minuetti, la discendenza della composizione dalla suite. La serata verrà chiusa dalla Triosonata in Si minore op.2 n°1, HWV 386b, composta da Georg Friedrich Handel a cavallo del 1720. Si tratta di una composizione dove la ricerca della cantabilità, la brillantezza e l’inesorabilità ritmica, la conduzione mai invasiva dell’imitazione, vanno di pari passo con un’ispirazione sempre vigile. Ed il fatto che ad Handel, pure in una così semplice miniatura, non sfugga mai il proverbiale fiuto teatrale, ci permette di valutare nella giusta prospettiva la prassi, allora consolidata dell’imprestito e dell’autoimprestito, situandola nella più ampia prospettiva di un artigianato musicale, qui, peraltro, per nulla asfissiante.