Il mio lavoro tra la vita e la morte durante il turno in pronto soccorso. Quel corpo ma soprattutto quella persona non solo ha perso la vita ma ha perso la dignitá che aveva, perché purtroppo muore da solo! - Le Cronache
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Il mio lavoro tra la vita e la morte durante il turno in pronto soccorso. Quel corpo ma soprattutto quella persona non solo ha perso la vita ma ha perso la dignitá che aveva, perché purtroppo muore da solo!

Il mio lavoro tra la vita e la morte durante il turno in pronto soccorso. Quel corpo  ma soprattutto quella persona  non solo ha perso  la vita ma ha perso  la dignitá che aveva,  perché purtroppo muore da solo!

di Giuseppe Colamonaco

Consuelo, un’infermiera che lavora al pronto soccorso, in prima linea contro il Covid-19, racconta la sua giornata. La sua è la testimonianza di quello che succede negli ospedali italiani, la testimonianza di quanto sia diventato duro il suo lavoro. Ha 28 anni e vive lontana dalla sua famiglia. Consuelo mai si sarebbe aspettata una tragedia simile, ma lei ha giurato, il suo compito è stare in corsia. Riportiamo la sua lettera, parole davvero toccanti, ecco cosa a scritto:”Vi rubo 10 minuti, testimonianza di un’infermiera! Fino ad oggi non ho mai avuto bisogno di dover scrivere, nè tantomeno di dover scrivere una testimonianza! Fino ad oggi ho sentito il bisogno solo di gridare, un grido d’aiuto durante una pandemia! Oggi invece ho sentito il bisogno di gridare, un grido pieno di rabbia! Racconto quanto successo la scorsa notte, sono un’infermiera e lavoro in pronto soccorso quindi l’emergenza a volte è davvero dietro l’angolo ma a quella quasi ti abitui, i primi tempi tremi perché hai paura poi col tempo e l’esperienza impari a gestire la paura concentrando le tue forze sul paziente e sul lavoro che devi svolgere. Durante una pandemia al pronto soccorso l’emergenza dietro l’angolo è accompagnata dal forte rischio di contagiarti. Quindi cosa fai, arriva un codice rosso, ti vesti e sulla stessa divisa indossi una tuta che ti sta anche larga ma rimane comunque calda, gli occhiali, la mascherina, il casco, circa tre paia di guanti e lavori. Perdi il tatto perché tre paia di guanti sono tanti ma fa nulla inserisci un ago, sudi perché fa caldo e l’ansia aumenta qualsiasi stimolo, respiri quasi la tua stessa aria e senti i polmoni pesanti e poi quando tutto precipita cominci a massaggiare, pensando di non farcela perché senti la forza venire meno, ma da dove recuperi le forze non lo sai e quindi continui; massaggi anche per 40 minuti finché purtroppo ti accorgi che sullo schermo appare una linea piatta e non puoi fare altro che fermarti e arrenderti, perché qualcuno si è arreso prima di te! E quasi sicuramente non per scelta sua ma di un virus che non sappiamo nemmeno da dove deriva. Ti fermi, razionalizzi e poi dopo prepari la salma! Perché tocca a te, la disinfetti e prepari il “sacco” in cui dovrai chiuderla e poi “consegnarla”. Quel corpo ma soprattutto quella persona non solo ha perso la vita ma ha perso la dignitá che aveva, perché purtroppo muore da solo! Io so cosa significa perdere un genitore e personalmente sul punto di morte di mio padre non ho mai pensato di non doverlo salutare anzi è stato tanto il tempo trascorso nella stanza in cui stava, e quel tempo l’ho passato pregando, accarezzando il suo corpo e salutandolo! Si perché poi lo saluti. Oggi, durante la pandemia, il medico è colui che informa i familiari sulla morte del paziente, ma è anche colui che dovrà dire a quelle stesse persone che non possono vedere il loro papà, la loro mamma, il nonno, la nonna o qualsiasi persona che gli appartiene; non possono nè vederlo, nè accarezzarlo, nè salutarlo, anzi forse si lo salutano, guardando dietro uno schermo un semplice “sacco nero” che dentro contiene una storia, una vita soprattutto! Non accompagneranno quella persona ai funerali perché non ci saranno funerali , non faranno nulla di ciò che ho fatto io e credetemi penso sia la cosa più brutta che esiste, perché in questo caso ti affidi all’ultimo secondo, all’ultimo saluto, all’ultimo ricordo e forse loro non ne avranno! Non è semplice per loro, ma non è semplice nemmeno per me (noi infermieri) chiudere un corpo in un “sacco”, è innaturale! Purtroppo in pronto soccorso oggi è così, fai tutto quasi in modo sequenziale, quindi continui a lavorare e quella stessa notte sempre vestita ho cambiato stanza e ho lavorato su altri pazienti, anch’essi positivi finché non si è fatto giorno. Alle 7 e torni a casa. In macchina, durante il rientro come ad ogni smonto pensi a quanto successo, spesso piangi perché non hai potuto farlo prima e crolli. Ma ti rialzi perché questo lavoro lo hai scelto.. Alla guida della tua macchina, dopo una notte pessima, ti giri e sul marciapiede sai chi vedi? Il genio di turno che è andato a correre perché in quarantena ha bisogno di allenarsi; trovi la mamma col passeggino perché il bimbo piange e non può cullarlo semplicemente nel corridoio di casa propria; ti fermi al supermercato perché ne approfitti, fai un po’ di spesa prima di rientrare per evitare di uscire e sai chi trovi alla cassa del supermercato? Una persona che paga una sola bottiglia di latte e un’altra che paga un solo pezzo di pane; e qui proprio qui, dopo questa notte e queste scene pessime vuoi gridare, e cacciare la rabbia che hai dentro! Ma non perché io lavoro e in 30 minuti ho visto i miei sforzi vanificarsi, perché questo succede ordinariamente; provi rabbia perché queste persone non hanno ben compreso cosa significa perdere, non hanno compreso cosa significa non salutare e non hanno ben compreso cosa significa morire da soli! Io credo che chi muore un minuto prima di morire si accorge che ci sta lasciando, a volte lo leggi nei loro occhi che chiedono aiuto. Quindi signori dopo questo racconto piuttosto crudo, pensateci prima di uscire e andare a correre, pensate prima di andare al supermercato per un solo pezzo di pane e quel pane compratelo a fette che i conservanti non fanno male a nessuno e il latte compratelo a lunga conservazione così non c’è bisogno di uscire, perché quel pezzo di pane diventa una scusa e la cosa è piuttosto imbarazzante e vergognosa per voi! E voi, voi che ancora vi apprestate a tornare a casa, mettendovi in treno da una zona rossa per arrivare in un’altra zona rossa, solo per raggiungere la famiglia, creando un grosso danno per i vostri familiari perché il virus ve lo portate dietro, evitate! Anche io ho 28 anni e non torno a casa da 4 mesi e giuro che i 200 km che mi separano dalla mia famiglia li percorrerei a piedi, ma oggi preferisco vedere la mia famiglia tramite una videocamera, certa di riabbracciarla tutta perché rispetto le “regole” e le faccio rispettare anche a loro. Questa testimonianza non serve a far sì che pensiate “ah un altro eroe in corsia” perché io sono semplicemente Consuelo e lavoro, con questa testimonianza spero semplicemente di farvi ragionare perché la ragione l’avete persa!!! Ma soprattutto avete perso il rispetto nei confronti di chi oggi è malato e rischia maggiormente di morire di covid, avete perso il rispetto nei confronti del prossimo e avete perso il rispetto nei confronti di chi lavora e sta cercando di salvare non solo il singolo ma il mondo! A volte lavorando anche in condizioni pessime perché di certo non eravamo pronti ad una pandemia. Ps: caro R.M. che tempo fa a radio globo avevi dichiarato: “Ma è possibile che mi deve valutare uno che ha fatto una triennalina in scienze infermieristiche? Io vorrei un dottore. Quando uno sta male cosa fa, va da un dottore o da uno delle pulizie? Perché l’infermiere fa anche pulizie, pulisce anche la gente”, spero vivamente di non doverti mai pulire! Anzi lo faccio, perché io quel 21 marzo l’ho giurato!”.