Il coraggio della fondazione Donizetti - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Musica

Il coraggio della fondazione Donizetti

Il coraggio della fondazione Donizetti

Abbiamo raggiunto il tenore Daniele Lettieri a Bergamo che sta provando per due produzioni del Festival Marino Faliero e Le nozze in Villa. “Avrebbe dovuto essere un anno di esperienza per me giovane professionista, siamo quasi fermi. Bisogna inventarsi l’entusiasmo”.

 Di Olga Chieffi

 Il mondo del teatro, dopo il dpcm del 25 ottobre, che ha chiuso al pubblico i templi sacri della lirica, le sale da concerto e i cinema, si è diviso sullo streaming, sulla rimodulazione dei cartelloni, sulla possibilità di continuare a lavorare e offrire lavoro. Se il teatro alla Scala è stato definito “La bella addormentata”, l’Associazione Nazionale Fondazioni Lirico Sinfoniche (Anfols) che riunisce 12 istituzioni, tranne proprio l’ente scaligero, ha deciso che ogni teatro organizzerà spettacoli senza pubblico da trasmettere in streaming sotto il titolo generale “Aperti, nonostante tutto”. Abbiamo raggiunto il tenore Daniele Lettieri, impegnato in due titoli del Festival Donizetti Opera, “Marino Faliero” e “Le Nozze in villa”. “Ho iniziato la carriera da solista – ha dichiarato Daniele Lettieri, uno dei talenti più puri prodotti dal magistero di Marilena Laurenza, qui al Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno – da appena un anno, e questo 2020 mi avrebbe dovuto salutare in Bohème proprio al Teatro San Carlo di Napoli, uno dei traguardi cui, chiunque inizi a cantare aspira, un palcoscenico di assoluta bellezza e prestigio. Poi, in giro, con un carnet di appuntamenti abbastanza congruo. L’ultimo decreto ha praticamente fermato tutto, artisti, pubblico strumentisti, i cartelloni sono stati rimodulati, contratti annullati, nella speranza di recuperarli quando tutto sarà finito. Non desidero stare a discutere di ristori, danaro con cui pur le famiglie devono sopravvivere, una situazione che non si risolverà purtroppo a breve termine, ma dell’esperienza che i giovani professionisti come me, vedono perduta. Sono in questo momento a Bergamo, poiché la Fondazione Donizetti, si è presa la responsabilità in prima persona, di non mandare in fumo quanto già programmato per il Festival 2020. Personalmente interpreterò Vincenzo nel Marino Faliero e Anselmo ne’ “Le nozze in villa”. Tutto sarà in streaming: la Fondazione ha istituito una Web Tv, da cui trasmetterà solo la prima (erano previste tre repliche) dei tre titoli in cartellone, i due spettacoli cui partecipo più il “Belisario”. I giovani  come me, si sono affacciati all’agone artistico, in un momento sbagliato, poiché la cultura si fa sul campo e il mestiere s’impara solo praticandolo. Si può immaginare come mi possa sentire nel vivere tutto ciò, i timori, la delusione, ma lo spiraglio è stato proprio il teatro bergamasco, che con coraggio ha riaperto le porte e ri-alzato la testa (non dimentichiamo quelle notti di morte della scorsa primavera). Le modalità di lavoro sono strane, ognuno di noi ha delle nuove sensazioni rispetto alle scorse produzioni. Il teatro costantemente sottopone tutti i cantanti e gli operatori a controlli medici, si canta con la mascherina, che si abbassa nel momento in cui bisogna intervenire musicalmente, poi si rialza. Le domande sono tante, poiché non riesco a immaginare l’effetto su quanti hanno visto l’opera in tempi normali, dove un bacio è un bacio, prese, abbracci, sarà un colpo, ma sono sicuro che per amor della musica e della lirica, ci passerà sopra e ne godrà ugualmente. E’ inevitabile anche la preoccupazione della direzione artistica. Francesco Micheli il primo giorno di produzione, ci ha parlato in modo chiaro, mettendoci al corrente di tutti i rischi cui saremmo andati incontro lavorando in queste condizioni. E’ da apprezzare, quindi la responsabilità che la fondazione si è assunta e bisogna impegnarsi al massimo, oltre i propri limiti. Bisogna inventarsi l’entusiasmo, poiché l’artista è colui che regala emozioni e, in questo caso, dobbiamo essere proprio noi ad emozionarci. Un plauso, quindi, va a tutti i teatri che hanno deciso di non fermarsi, andando avanti in qualsiasi modo possibile per elevare la parola Cultura, termine così abusato e, oggi, dimenticato e bistrattato. Da parte mia, non posso far altro che far tesoro di questo stallo, di questo tempo fermo e di sfruttarlo per farmi trovare pronto quando i teatri potranno ri-accogliere il pubblico. Sono sicuro che tutto questo passerà, non subito ma, quando sarà, il pubblico tornerà ad applaudirci con più grande forza d’amore nei confronti dell’opera. C’è ancora, però, chi crede che la professione artistica non sia un lavoro. A queste affermazioni si dovrebbe rispondere con il silenzio. Quel silenzio assordante che penetra nel cuore e nella mente. Con la massima umiltà desidero dedicare queste due interpretazioni a tutte le vittime di questa pandemia, col pensiero rivolto a tanti colleghi con famiglia, costretti a casa, al non lavoro. Guardiamo al futuro con grande speranza, continuando a nutrirci di tutto ciò che è bello, con l’augurio che tutti possano tornare ai propri posti, in buca, in palcoscenico, nei palchi, nella vita, con il sorriso”.