Giampiero Garofalo e lo stop forzato dal virus - Le Cronache
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Giampiero Garofalo e lo stop forzato dal virus

Giampiero Garofalo e lo stop forzato dal virus

La testimonianza del giovane cavaliere napoletano alla corte di Henk Nooren dal Belgio. “Cerchiamo tutti la giusta motivazione; senza buttarci troppo giù”

 Di Giulia Iannone

Abbiamo contattato il nostro amico “cavaliere”, napoletano di nascita, figlio e fratello d’arte,  Giampiero Garofalo, per sapere come sta vivendo l’emergenza sanitaria del Covid-19. Dopo essersi trasferito , già da alcuni anni all’estero, prima in Germania, poi in Olanda, ora si trova  in Belgio, presso le scuderie di Henk Nooren, uno dei migliori trainer in circolazione nel mondo, ove presta la sua opera come cavaliere.

Giampiero, riesci a muovere i cavalli quotidianamente nella scuderia ? Come sei organizzato e quanti cavalli monti?

In sono in Belgio, lavoro da quasi un anno per Henk Nooren. Anche qui la situazione non è molto piacevole;  è tutto chiuso. Fortunatamente,  noi,  riusciamo lo stesso a montare tutti i giorni , sicuramente cerchiamo di essere molto attenti, perché alla fine può succedere di incappare in una caduta,  quindi si cerca di fare tutto il possibile, ma con un occhio di riguardo in più . In questo momento ho 8 cavalli in lavoro, sono tutti abbastanza giovani e molto promettenti.”

Come si sarebbe dovuta svolgere  la tua stagione agonistica, in questo periodo?

“La mia stagione era iniziata a fine gennaio, a Valencia, con  un tour di tre settimane, un concorso in terra spagnola, composto da due settimane di CSI due stelle ed una tre stelle. Mi sono presentato all’appuntamento con 6 cavalli.  Per me la stagione era iniziata, devo dire, anche  alla grande, con molti risultati positivi,  e con la vittoria nel gran premio del csi tre stelle . Il nostro programma doveva proseguire con il Toscana tour, ma purtroppo sappiamo tutti come è andata a finire”.

Tu rappresenti al meglio una larga fetta di quegli  italiani che stanno  vivendo questa forte esperienza di pandemia, lontano dalla famiglia. Dacci notizie dei tuoi genitori e fratelli, come vi tenete in contatto?

“La mia famiglia sta bene:  mio fratello Antonio è a Viterbo ( lavora come cavaliere della Scuderia e allevamento degli Assi, ndr)  e mia madre, mio padre e mio fratello Michele, sono  a Napoli. Anche le loro giornate trascorrono con molta semplicità, tra  casa, scuderia ed all’inverso, scuderia e casa. Noi possiamo ritenerci fortunati, perché possiamo passare un po’ di tempo in maneggio. Riesco solo ad immaginare con angoscia, le persone che sono costrette a trascorrere  la quotidianità,  chiuse completamente  in casa, ma è anche l’unico modo che abbiamo, per voltare pagina da questo incubo. Quindi, dobbiamo tutti stringere i denti e continuare con questa quarantena.  Io sono in contatto con i componenti della mia famiglia, tutte le sere:  abbiamo il nostro appuntamento con face time che ci fa sentire ‘vicini’ anche se lontani”.

Come vedi dall’esterno la situazione difficile, del nostro paese?

“Sicuramente non è bello sentire quello che sta succedendo in Italia, ma, come già  detto, e lo ribadisco con forza ed energia,   è veramente importante seguire le regole e stare a casa, per poter un domani, tornare alla nostre vita di tutti i giorni”

Come é lavorare con Henk  Nooren, considerato uno dei trainer migliori se non il migliore,  che è oggi  in circolazione, nel salto ostacoli internazionale? Puoi parlare un pochino di lui e del suo metodo?

“Avere l’opportunità di lavorare con Henk, penso sia stata la cosa migliore che mi potesse capitare. Dato che è in carica come trainer della nazionale francese del salto ad ostacoli, non è sempre a casa, per cui quando si trova in scuderia, posso affermare che è realmente un tecnico ed un uomo di cavalli e che da terra fa concretamente la differenza. Quindi, l’unica cosa buona di questo periodo di stop forzato, è il poterlo avere sempre a casa e poter contare sul suo occhio esperto nel day by day. È davvero una opportunità senza pari, perché ho la possibilità di interagire e confrontarmi con lui più spesso del solito. Posso definirlo in sintesi, davvero il coach che lavora molto, guardando alle  piccole cose dell’equitazione, il dettaglio, quegli elementi che  magari un cavaliere, tende a dare  un po’ per scontato. Agisce ed interviene e struttura la training session  in un modo molto semplice, quindi senza stravolgere bruscamente il tuo modo di montare,  ma si dedica realmente alla ricerca del dettaglio”

Cosa ti manca adesso dell’Italia, in genere, e cosa pensi dentro di te per  affrontare positivamente questo momento?

“Dell’Italia mi manca la mia famiglia ma, lavorativamente  parlando, non mi manca niente. In questo periodo, cerco di essere sempre concentrato anche se non è semplice, perché non si sa quando riprenderemo la nostra attività agonistica, quindi, non abbiamo un vero e proprio programma. Stiamo “navigando a vista”, dobbiamo cercare di avere i cavalli nella giusta routine, e continuare a lavorare tutti i giorni, con la giusta motivazione senza buttarsi troppo giù di morale”.