“Edith, una ballerina all'inferno” - Le Cronache
Spettacolo e Cultura Cinema e Tv

“Edith, una ballerina all’inferno”

“Edith, una ballerina all’inferno”

di Monica De Santis

“Una sola valigia!”. Questo era stato l’ordine delle SS. Edith nella sua valigia aveva deciso di mettere la cosa più preziosa che possedeva: le sue scarpette da ballerina. Bastano queste poche parole per entrare nel cuore di “Edith, una ballerina all’inferno”, che ieri ha debuttato in anteprima mondiale nella sezione Impact! Di #Giffoni2022. Liberamente tratto dalla storia di Edith Eva Eger, ballerina ungherese sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, porta la firma di Emanuele Turelli (sceneggiatore), di Marco Zuin (regista), di Lorenzo Pezzano (direttore della fotografia, già collaboratore di Pupi Avati e Marco Paolini), con la partecipazione in qualità di main actor di Marco Cortesi e Mara Moschini, già noti al pubblico cinematografico e televisivo internazionale grazie a “Rwanda” e “Il Muro” (Prime Video) e alla serie “Green Storytellers” che in questo caso fungono da voci narranti, lasciando davanti alla macchina da presa i giovani Viola Turelli e Romeo Tofani. “Il film è tratto da una storia vera – spiega il regista Marco Zuin – Edith Eva Eger è ancora viva, lavora negli Stati Uniti come psicoterapeuta perché ha deciso, dopo aver rielaborato il suo trauma, di aiutare gli altri. Strappata alla famiglia durante l’Olocausto, è riuscita a sopravvivere all’orrore grazie alla sua arte. Il tema della Shoa è stato trattato da tantissimi e in tanti campi – continua – Noi abbiamo provato a farlo entrandoci in punta di piedi per lasciare, in particolare ai giovani, un messaggio di speranza. Si parla di memoria, ma anche di relazione, che è fondamentale per trarsi fuori da ogni tipo di inferno. Anche per questo abbiamo deciso di usare un linguaggio particolare, che spazia dal teatro, alla danza fino ai materiali d’archivio”. Il film ripercorre le vicissitudini di una sedicenne travolta dalla persecuzione razziale nell’Ungheria del 1944: la deportazione verso Auschwitz, la terribile sopravvivenza nel campo femminile di Birkenau, le marce della morte, fino alla liberazione, che per Edith e la sorella Magda arriverà miracolosamente in un sottocampo di Mauthausen, quando furono estratte da un cumulo di cadaveri da due soldati americani, il 4 maggio del 1945. La pellicola, in parte girata a Salò, nel dismesso teatro che fu luogo di festa per i gerarchi fascisti durante la repubblica sociale italiana, in parte all’interno del campo di Birkenau, in Polonia, si presenta come un lavoro ibrido e sperimentale. “L’idea – racconta lo sceneggiatore Emanuele Turelli – è nata durante il lockdown. Anche in questa fase la storia, che si ripete seppure in maniera completamente diversa, aveva saputo mortificare gli artisti. Quindi più che cercare noi Edith è stata lei a trovare noi”. Nel cast c’è un corpo di ballo composto da adolescenti che, al momento delle riprese frequentavano la quarta classe del liceo coreutico Tito Livio di Milano, che hanno dato corpo alle coreografie di Santa Borriello e Arianna Guidorizzo. Per Viola Turelli è stato un debutto: “All’inizio ero a disagio, perché abituata alla sala, non a un teatro e tantomeno a un set, ma oggi sono felicissima di aver avuto questa opportunità”. Dello stesso avviso l’attore Romeo Tofani: “Questo film è riuscito a far capire come, anche in condizioni di dolore e di estremo disagio, l’arte può regalare bellezza”. Mara Moschini e Marco Cortesi non hanno nascosto la difficoltà di dare voce a una storia così drammatica: “Veniamo dal teatro e abbiamo maturato una certa esperienza, ma alle volte è stato veramente difficile riuscire a trattenere le lacrime. E’ stato un percorso emotivo molto forte perché – spiegano – siamo entrati fisicamente nella storia. Ci ha spinto la passione di voler parlare alle generazioni future, entrando e uscendo da un cono d’ombra come in un lungo piano sequenza”.